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Biografia
Randolfo
Pacciardi
Nasce nel 1899 a Giuncarico, vicino a Grosseto. Fin da
ragazzo, da vero mazziniano quale era, si distinse per la fede democratica e
repubblicana. Animato da questi sentimenti, a sedici anni, falsifica i suoi documenti
e combatte, come volontario nella prima guerra mondiale; questo conflitto, nelle speranze
di molti democratici, avrebbe dovuto essere l'ultima lotta del Risorgimento. Sul campo, conquista varie decorazioni, e
tuttavia, a motivo delle sue idee politiche, non ottiene la medaglia d'oro. Finita la
guerra, "l'insulso avvocatino di Grosseto", come lo definisce Mussolini, fonda,
insieme a Raffaele Rossetti, "Italia Libera" il movimento degli ex-combattenti
antifascisti. Fino al '22 si impegnò nella lotta su due fronti, al fascismo ed al
socialismo massimalista, in favore della Repubblica Democratica; ma dopo la marcia su
Roma, la lotta al fascismo divenne prioritaria. Con i suoi compagni sfilerà anche sotto
il balcone di Mussolini; dopo questo atto di coraggio fu invitato ad un incontro con
Gramsci; la proposta del leader comunista era di unire le forze antifasciste. Poco
dopo Gramsci fu arrestato e Pacciardi venne espulso dall'Italia ('26), così il progetto
cadde e non fu più ripreso. Aderì, come indicava il partito repubblicano, a
"Giustizia e Libertà". Da allora rimase sempre un convinto fautore del fronte
comune antifascista. Durante il suo esilio si adoperò per "esportare"
l'antifascismo nell'opinione pubblica estera e per dimostrare agli italiani che gli
antifascisti continuavano ad esistere e a combattere, nonostante la stampa fascistizzata
li considerasse ormai completamente annientati. Fu lui, ad esempio, a scrivere i manifesti
antifascisti lanciati da Bassanesi su Milano. Allo scoppio della guerra di Spagna
('36), fu tra i primi militanti antifascisti a recarsi a combattere contro Franco. Quando
si formarono le brigate internazionali, Pacciardi, grazie alla sua grande abilità
militare, divenne il comandante del battaglione Garibaldi, alla cui guida, nel marzo del
'37, sconfisse le truppe fasciste a Guadalajara. Fu la prima sconfitta del fascismo.
In Spagna conobbe e strinse amicizia con Hemingway e Malraux, oltre che con molti
giornalisti. Il personaggio Pacciardi, grazie agli scritti di questi giornalisti e
scrittori, fece il giro del mondo; fioriscono gli aneddoti su quel periodo, e non tutti di
natura militare: pare, ad esempio, che il film Casablanca sia stato ispirato a Curtiz
proprio dal "Leone di Guadalajara", come venne soprannominato. Il suo impegno
sul fronte spagnolo si interruppe quando Stalin ordinò la repressione degli anarchici e
dei comunisti dissidenti del POUM. Pacciardi si oppose a questa decisione e dovette
abbandonare le brigate internazionali e, di conseguenza, la lotta in Spagna. Non si
esaurì, tuttavia, la sua azione di antifascista. In Francia ('38/'39) fu il direttore di
un settimanale, "Giovane Europa", di ispirazione mazziniana, che propugnava la
lotta antifascista ed antinazista unitamente ad un forte europeismo. Nel '41 giunse
negli Stati Uniti, dopo un viaggio avventuroso, iniziato a Casablanca, a bordo del
piroscafo Serpa Pinto. Qui propose la formazione di una legione di volontari italiani da
impiegare poi sul fronte tedesco contro Hitler -ma non contro gli italiani di Mussolini- a
fianco degli U.S.A. Il progetto fallì -nonostante adesioni importanti, tra cui Sforza,
Sturzo, Salvemini, Toscanini e, in generale, tutta la Mazzini Society- per l'opposizione
del governo statunitense. Dopo lo sbarco in Sicilia, non accettò alcun compromesso
con Badoglio e con la Monarchia; per la sua intransigenza fu osteggiato da Churchill, e
non poté rientrare in Italia. Terminata la guerra Pacciardi, finalmente in patria,
divenne dirigente del partito repubblicano e dal '48 al '53 ricoprì la carica di
segretario politico; fu eletto alla costituente e più volte in parlamento. Fu nominato
vicepresidente del consiglio ('47/'48) e ministro della difesa (dal '48 al '53), con De
Gasperi. In quegli anni si vennero radicalizzando le sue posizioni anticomuniste e
atlantiste; risalgono a quel periodo le prime polemiche con i socialisti, i comunisti e
persino con alcuni esponenti del suo stesso partito: non venivano tollerati i suoi metodi
autoritari, generalmente a danno di scioperanti o manifestanti. In seguito ('60/'64), si
oppose fortemente alla formazione dei governi di centrosinistra. All'interno del suo
stesso partito si delineò così un violento contrasto con Ugo La Malfa, che del
centrosinistra fu tra i più convinti fautori. Lo scontro giunse al suo massimo nel '61
quando Pacciardi malmenò La Malfa. Con la vittoria della formula di centrosinistra
Pacciardi venne, di fatto, cancellato dal panorama politico italiano. Tutta la classe
dirigente italiana era ormai su posizioni lontanissime dalle sue. Nel '63 fu espulso dal
P.R.I. Da allora, le sue lotte non furono mai condivise dai partiti di governo e il
rapporto coi repubblicani, nel periodo successivo, venne ulteriormente deteriorandosi.
Pacciardi ('64), ormai su posizioni apertamente di destra, chiese al capo dello stato di
sciogliere le camere e di nominare un governo di salute nazionale, per scongiurare una
supposta minaccia comunista. Questo governo sarebbe dovuto essere composto da militari e
tecnici. Dopo questa proposta, discutibilissima e certamente ai limiti della Costituzione,
lo strappo con gli organi di potere divenne insanabile e la sua esclusione dal mondo
politico fu pressochè totale.
Nello stesso anno, aveva fondato un movimento, denominato "Unione popolare
Democratica per una Nuova Repubblica", che si proponeva di modificare l'ordinamento
istituzionale italiano in favore di una repubblica presidenziale -proposta che portava
avanti coerentemente fin dal '22- secondo l'insegnamento mazziniano e l'esempio americano;
il nuovo movimento era nettamente orientato a destra, e nelle sue fila si inserirono
parecchi neofascisti. La sua idea politica era quella di rendere il governo più
indipendente dal parlamento, guardando anche al modello presidenziale applicato da De
Gaulle in Francia, e, per conseguenza, di limitare i poteri del parlamento stesso, ossia
delle segreterie dei partiti e delle clientele. E inoltre sosteneva che nelle repubbliche
presidenziali "la sovranità popolare è effettiva, non è finzione, come nella
nostra repubblica", infatti, tutte le cariche istituzionali più importanti, eccetto
quelle giudiziarie, vengono elette direttamente dal popolo. Le sue critiche alla
Costituzione, che pure aveva contribuito a scrivere, si fecero sempre più ampie: oggetto
dei suoi attacchi, quindi, fu il numero esagerato di parlamentari, come pure eccessiva gli
appariva la maggioranza del 75% necessaria per modificare la Costituzione. Le sue
proposte, assai radicali e formulate quando, forse, non erano ancora maturi i tempi, gli
provocarono una sostanziale esclusione dalla vita politica. Fu anche accusato di aver
cospirato contro la repubblica per eliminare i comunisti, e, in particolare, di aver
partecipato al tentativo di colpo di stato ideato da Edgardo Sogno ('74). Secondo il
progetto di Sogno, Pacciardi sarebbe diventato il futuro presidente forte della Repubblica
"riformata".
Molto tempo dopo fu riaccolto nel partito repubblicano, che aveva ormai fatto proprie
molte delle battaglie di Pacciardi, a partire dal presidenzialismo. A novantadue
anni, nel '91, è morto a Roma.
(sintesi della biografia a cura di Martino Bianchi)
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