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Biografie
Nilde Iotti
Leonilde (chiamata da
tutti Nilde) Iotti, nacque a Reggio Emilia il 10/04/1920. Il padre, un deviatore delle
Ferrovie dello Stato, attivista nel movimento operaio socialista, perseguitato poi,
durante il regime fascista, a causa del suo impegno sindacale, nonostante le disagiate
condizioni economiche, nelle quali versava, iscrisse la giovane figlia
allUniversità Cattolica di Milano, perché come spesso ricordò Nilde, citando le
sue parole: "E meglio stare con i preti, che con i fascisti."
"Per anni indossai il
cappotto rovesciato di mio padre", dichiarò la Iotti in alcune interviste,
ritornando con la memoria ai tempi della sua giovinezza, della povertà, dei tanti
sacrifici compiuti dai genitori, che desideravano che lei studiasse per diventare
"qualcuno".
Rimasta orfana di padre
nel 1934, Nilde riuscì a proseguire gli studi perché la madre, in un periodo in cui le
donne, per la legge fascista erano relegate al focolare domestico, iniziò a lavorare.
Durante la frequenza della
facoltà di Lettere della Cattolica di Milano, per Nilde iniziò un travaglio ideologico,
che la allontanò dalla fede cattolica, ritenuta assolutista ed intollerante. "Al
credo, perché assurdo, dissi razionalmente no."
Con ladesione
dellItalia alla Seconda Guerra Mondiale, Nilde, sostenuta dallesemplare
lezione di vita lasciatagli dal padre, si iscrisse al P.C.I.
Dal 1943 si segnalò
dapprima come porta-ordini, uno dei ruoli più significativi e pericolosi assunti dalle
donne, durante la Resistenza, attraverso il quale i partigiani tessevano la fitta rete di
intrecci politici, che portarono lItalia alla liberazione dalloccupazione
nazi-fascista. Il suo impegno fra i partigiani della città natale, le consentì poco più
che ventenne di essere designata responsabile dei Gruppi di Difesa della Donna, struttura
attivissima nella guerra di Liberazione.
Il primo di questi
organismi fu costituito a Milano nel novembre del 1943 da alcune esponenti di spicco dei
Partiti che affluirono nel Comitato di Liberazione Nazionale, dopo la firma
dell'armistizio, mentre i tedeschi assediavano le campagne e le città del Nord Italia,
compiendo efferati rastrellamenti di civili, impegnati nella lotta contro il fascismo.
I Gruppi di Difesa della
Donna e di Assistenza ai Combattenti della Libertà, da Milano, si estesero su tutto il
territorio italiano ancora occupato, perseguendo l'obiettivo di mobilitare, attraverso
un'organizzazione capillare e clandestina, donne di età e condizioni sociali differenti,
per far fronte a tutte le necessità, derivate dalla recrudescenza della guerra.
Tali gruppi operativi
femminili si segnalarono, durante la Resistenza, attraverso la raccolta di indumenti,
medicinali, alimenti per i partigiani e si adoperarono per portare messaggi, custodire
liste di contatti, preparare case-rifugio, trasportare volantini, opuscoli ed anche armi.
Come si è detto, Nilde
Iotti ricoprì, dal 1943, il ruolo più emblematico, ma anche più rischioso, che molte
partigiane dei GDD esercitarono, quello di porta-ordini. Victoria de Grazia, nel suo
volume Le donne nel regime fascista, definisce la staffetta come "l'eroina
della Resistenza: porta-ordini e persona di fiducia, è il vero jolly della guerra
partigiana."
Da responsabile del GDD di
Reggio Emilia, Nilde si fece interprete di quella coscienza civile e politica, che le
donne, dopo secoli di esclusione dalla vita pubblica e dopo vent'anni di dittatura
fascista, solo durante il periodo bellico, iniziarono a manifestare.
Infatti, gli studi
compiuti sulla Resistenza italiana conferiscono ampio risalto al ruolo, non secondario,
che i Gruppi di Difesa della Donna ebbero nel promuovere l'emancipazione femminile.
Dopo il Referendum del 2
giugno 1946, grazie al quale per la prima volta le donne italiane esercitarono il diritto
di voto e furono così "considerate, dal punto di vista politico, cittadine a pieno
titolo", come sottolinea Miriam Mafai, la ventiseienne Nilde Iotti fu mandata in
Parlamento.
"Robusta, alta, i
capelli sciolti sulle spalle, il manifesto desiderio di imparare a fare il deputato",
secondo la descrizione del suo portavoce alla Camera G. Frasca Polara, Nilde conobbe
Palmiro Togliatti, capo carismatico del P.C.I., in un ascensore di Montecitorio.
Da questo incontro seguì
una relazione sentimentale, che seppe resistere a tutti gli attacchi, soprattutto
allinterno del Partito, perché Togliatti era già coniugato con un figlio e
allepoca, aveva 53 anni.
Nilde, dapprima come
semplice deputato, poi come membro dell'Assemblea Costituente, attraverso la sua
sensibilità e la sua cultura istituzionale, diede prova di uno spiccato talento politico.
Ella stessa definì quella nell'Assemblea Costituente, come "la più grande scuola
politica, a cui abbia mai avuto occasione di partecipare, anche nel prosieguo della mia
vita politica".
Nilde entrò a far parte
anche della "Commissione dei 75", alla quale fu assegnato il compito di redigere
la bozza della Costituzione repubblicana, da sottoporre al voto dell'intera Assemblea.
Come si è già ricordato, i 556 componenti dell'Assemblea Costituente, in rappresentanza
del popolo italiano, si riunirono per la prima volta il 25/06/1946 per nominare il Capo
provvisorio dello Stato (venne eletto Enrico De Nicola) e per designare i 75 membri
rappresentativi di tutta l'Assemblea. Dopo circa sei mesi di attività, la Commissione dei
75 sottopose il proprio progetto costituzionale all'intera Assemblea che, nel corso di
quasi tutto il 1947 discusse, integrò, modificò, articolo per articolo la bozza
iniziale.
Solo il 22/12/1947 venne
approvato, a larghissima maggioranza, il testo definitivo della Costituzione che, una
volta promulgato dal Capo Provvisorio dello Stato, entrò in vigore il 1° gennaio 1948.
Il ruolo svolto
nell'ambito della Costituente, a favore dei diritti delle donne e per le famiglie, segnò
profondamente l'impegno che Nilde profuse nella sua attività parlamentare, condotta
ininterrottamente, per 53 anni, con rigore, costanza e semplicità.
Di grande risalto ed
attualità si presenta la relazione sulla Famiglia, che Nilde predispose nel 1946, in
qualità di membro della "Commissione dei 75". In essa l'Onorevole Iotti,
auspicando il superamento dello Statuto Albertino con una nuova carta costituzionale, che
si occupi dei diritti della famiglia, del tutto ignorati dal predetto Statuto, ormai
obsoleto, peraltro disapplicato durante i 20 anni di regime fascista, invita l'Assemblea a
voler regolare con leggi il diritto familiare. Caposaldo della nuova Costituzione deve
essere dunque il rafforzamento della famiglia: "L'Assemblea Costituente (
) deve
inserire nella nuova Carta Costituzionale l'affermazione del diritto dei singoli, in
quanto membri di una famiglia o desiderosi di costruirne una ad una particolare attenzione
e tutela da parte dello Stato", scrive Iotti a tal proposito.
Altro elemento nevralgico
della Relazione in esame riguarda la posizione della donna: "Uno dei coniugi poi, la
donna, era ed è tuttora legata a condizioni arretrate, che la pongono in stato di
inferiorità e fanno sì che la vita familiare sia per essa un peso e non fonte di gioia e
aiuto per lo sviluppo della propria persona. Dal momento che alla donna è stata
riconosciuta, in campo politico, piena eguaglianza, col diritto di voto attivo e passivo,
ne consegue che la donna stessa dovrà essere emancipata dalle condizioni di arretratezza
e di inferiorità in tutti i campi della vita sociale e restituita ad una posizione
giuridica tale da non menomare la sua personalità e la sua dignità di cittadina."
Se pensiamo che alla
vigilia della seconda guerra mondiale il femminismo storico era stato spazzato via,
insieme a tutti i partiti politici e a tutte le libertà (di pensiero, di stampa, di
organizzazione, etc
), se consideriamo, inoltre, che la politica sociale di Mussolini
prevedeva che "il lavoro costituisce per la donna non una meta, bensì una tappa
della sua vita, da risolversi, prima possibile, con il rientro nell'ambiente
domestico", la Relazione della Iotti, scritta quando le donne italiane si erano
appena affacciate sulla scena politica, si propone come tentativo molto coraggioso di
svecchiamento e di rinnovamento democratico.
Un occhio di riguardo
viene posto da tale relazione sull'emancipazione, che può derivare dal lavoro; la nuova
Costituzione pertanto dovrà assicurare il diritto al lavoro "senza differenza di
sesso." Altro elemento, oggetto di studio, da parte della giovane parlamentare e che
rappresenterà, nel corso delle successive legislature, uno degli impegni politici di
maggiore rilievo, concerne l'annosa questione dell'indissolubilità del matrimonio. Nilde
manifesta la propria contrarietà ad inserire nella Costituzione il principio
dell'indissolubilità "considerandolo tema della legislazione civile". Infine,
la Relazione focalizza la propria attenzione sulla maternità, non più intesa come
"cosa di carattere privato", bensì come "funzione sociale" da
tutelare. Uno degli articoli di maggiore impatto innovativo della proposta costituente,
riguarda il principio dell'uguaglianza giuridica dei coniugi. Questi ultimi hanno eguali
diritti e doveri nei confronti dei figli (per la loro alimentazione, educazione ed
istruzione).
Ricordiamo che il Codice
Penale (c.d. Rocco dal nome del penalista che lo curò), entrato in vigore nel
1942, concepiva le donne come "beni", sui quali il padre prima ed il marito poi,
esercitavano assoluta autorità.
Forte dell'esperienza
maturata nella Costituente, Nilde proseguì la propria missione politica a favore dei
diritti delle categorie più disagiate (le donne in primo luogo), sia in Parlamento, sia
all'interno del P.C.I., dove ottenne pieno riconoscimento solo dopo la morte di Togliatti.
Nel corso di mezzo secolo,
vissuto all'interno delle istituzioni repubblicane, Nilde fu promotrice della legge sul
diritto di famiglia del 1975, della battaglia sul referendum per il divorzio (1974) e per
la legge sull'aborto (1978).
Dal 1979 al 1992 ricoprì
la carica di Presidente della Camera, segnalandosi per grande capacità di equilibrio, di
mediazione e di saggezza. Nel 1993 ottenne la Presidenza della Commissione Parlamentare
per le riforme istituzionali. Nel 1997 venne eletta Vicepresidente del Consiglio d'Europa.
Con quello stile fatto di
rigore e di eleganza, che tanto colpì Togliatti, al punto da suggerire ai deputati
comunisti: "Imparate da Lei!", Nilde si distinse anche con la richiesta di
dimissioni dal Parlamento, per motivi di salute (18 novembre 1999).
Il 4 dicembre 1999 la "Signora della
Repubblica" esce di scena in punta di piedi
( a cura di Katia Romagnoli )
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