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Biografie

pallanimred.gif (323 byte) Anna Kuliscioff

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Nata a Moskaja, in Crimea, il 9 gennaio del 1853 (o più presumibilmente nel 1857), in una bella e ricca casa di un commerciante ebreo. Dopo un'infanzia trascorsa serenamente grazie alle amorevoli attenzioni da parte di tutti i membri della sua famiglia, decide, a circa 18 anni, di seguire i corsi di Filosofia presso l'università di Zurigo. Una volta rientrata nella città natale, Moskaja, per ordine dello Zar, a causa del dilagare dei movimenti politici di ispirazione rivoluzionaria, Anna, tuttavia, si unì ad altri giovani per promuovere quella che fu indicata come "andata verso il popolo": si reca cioè presso i mir e i villaggi dei poverissimi per predicare libertà, giustizia e ribellione, per lavorare al fianco dei contadini sfruttati dal regime e condividere con loro il peso della miseria; è il periodo dell'utopia rivoluzionaria durante il quale la Kuliscioff si va convincendo della necessità dell'uso della violenza.

Trasferitasi a Parigi, conosce Andrea Costa, che diventa il suo compagno di vita. Nel '78 Anna viene arrestata ed espulsa dalla Francia. Si reca in Italia e pochi mesi dopo è processata anche a Firenze con l'accusa di cospirare con gli anarchici per sovvertire l'ordine costituito. Firenze è notoriamente una delle più importanti sedi della riorganizzazione dell'anarchismo e dunque più soggetta all'azione di repressione. Durante l'interrogatorio Anna sostiene insistentemente di essere venuta nel capoluogo toscano non per fare politica ma per perfezionarsi in storia e filosofia e di essere di fede socialista e non internazionalista, ma non è la verità: appena giunta in città, la Kuliscioff si è realmente recata a casa di Francesco Natta per partecipare ad un convegno politico di anarchici provenienti da varie parti d'Italia. Alcuni mesi dopo, il terzo arresto a Milano. In questo periodo Anna si avvicina alle posizioni del socialismo di più ampio respiro, ma le sue frequentazioni continuano ad essere pericolose e le riunioni tenute segretamente di notte costringono il governo a pedinarla. Nell'81 si separa da Costa, che ha appena fondato l'"Avanti!" ed è, insieme ad Enrico Malatesta e Carlo Cafiero, uno degli instancabili agitatori ed organizzatori di moti insurrezionali tra il proletariato delle campagne.

La separazione è dolorosa soprattutto per un animo malinconico come quello di Anna che scrive: "Tu cerchi in me il riposo, io in te la vita; tu non vuoi o non puoi capire che l'abbandono, la pienezza non sono che la conseguenza di una vita reciproca, piena di comprensione dei pensieri, dei sentimenti, delle aspirazioni. L'uomo non sente questo bisogno" (A. Kuliscioff, Lettere d'amore, p. 293). In realtà Andrea Costa, a detta di Anna, è tradizionalista e maschilista: egli vorrebbe trovare nella sua compagna un sostegno ed un collaboratore fedele, ma anche una donna reclusa tra le pareti domestiche come si addice al suo rango di femmina. Ciò non è tollerabile dalla Kuliscioff, che si porta appresso il pesante fardello ideologico ereditato dai nichilisti russi che teorizzano e vivono l'assoluta uguaglianza tra i sessi.

Questa differenza di vedute non può non avere ripercussioni anche in ambito politico. Costa infatti concepisce un'azione politica di tipo locale o regionale, quasi campanilistico; la Kuliscioff ha una visione più ampia e internazionalista della stessa questione e infatti, all'interno de l'"Avanti!" si occupa della corrispondenza Dalla Russia. Nei suoi articoli Anna testimonia la profonda conoscenza e l'attaccamento affettivo per la sua patria e in particolare dedica grande spazio alle donne rivoluzionarie russe.

 

Divisa dall'amato Andrea che le ha anche dato una figlia, Anna torna in Svizzera e si iscrive alla facoltà di medicina cominciando una vita di isolamento, di studio accanito e di malattia. Ha infatti contratto la tubercolosi nel carcere di Firenze e la tosse, accompagnata da perdite di sangue, non le dà tregua. Inoltre la nostalgia di Andrea è pur sempre forte e gli studi, con gli estenuanti tirocini obbligatori, non le lasciano il tempo di interessarsi da vicino alle vicende italiane così cruciali in questo periodo. 

Alle elezioni politiche dell'autunno '82 infatti Costa si presenta per la prima volta in una lista democratico-radicale e riesce ad entrare in parlamento: è il primo deputato socialista della storia d'Italia. Dopo circa due anni passati in Svizzera, pensando che un cambiamento climatico possa giovarle alla salute, la Kuliscioff si trasferisce a Napoli. È qui che ottiene la laurea e che avviene l'incontro con Filippo Turati. Anna, che non ha mai smesso di tenere contatti con gli anarchici e di prodigarsi per gli esuli politici, si è fatta promotrice di una raccolta fondi a favore degli esuli nichilisti russi e Turati, che sul giornale "La Bandiera" esorta ad aprire una sottoscrizione per i "fratelli pel riscatto dei popoli", entra in contatto con lei. L'incontro tra i due è un autentico colpo di fulmine.

 

Nell'88 Anna si specializza in ginecologia prima a Torino e poi a Padova e con la sua tesi scopre l'origine batterica delle febbri puerperali aprendo la strada alla scoperta che salverà milioni di donne dalla morte post partum. E trasferendosi a Milano in via San Pietro all'Orto n° 18, comincia la sua attività di "dottora dei poveri" come la soprannominano le milanesi. Per tutto il giorno riceve visite o si reca di persona nei quartieri più poveri della città venendo a contatto con le peggiori condizioni di miseria: violenze, sopraffazioni, povertà ai limiti della sopravvivenza e a tutti, oltre che la visita medica, concede preziosi momenti del suo tempo prestando orecchio ai lamenti, a volte disperati e suggerendo una parola di consolazione.

 

L’incontro con Filippo Turati caratterizzò l’avvicinamento della Kuliscioff alle posizioni del socialismo che, in Italia, attraverso la propaganda politica nelle campagne e nelle fabbriche, otteneva l’adesione del proletariato, perché promuoveva la tutela dei diritti dei lavoratori (dal giusto salario, all’istruzione obbligatoria, al diritto alla salute, alla protezione del lavoro minorile e femminile…).

Nell'89 fonda con Lazzari e Turati la Lega socialista milanese, il cui programma consiste nell'affermazione dell'autonomia del movimento operaio dalla democrazia borghese, nel riconoscimento del carattere prioritario delle lotte economiche, nell'esigenza di collegare queste lotte con quelle politiche e di inquadrarle in un progetto generale avente come obiettivo la socializzazione dei mezzi di produzione.

Dai corsivi di Critica Sociale, rivista fondata da Filippo Turati, la Kuliscioff intraprese la propria battaglia a favore dei diritti delle donne. Ella spesso si trovò sola ad affrontare ostacoli posti dai suoi colleghi maschi, primo fra i quali l’estensione del diritto di voto alle donne. La diffusa ostilità al Suffragio Universale, legata a motivazioni quali l'analfabetismo, l'ignoranza popolare, l'influenza clericale era basata sul convincimento che la propaganda elettorale fosse destinata all'insuccesso, in quanto non avvertita dal Paese.

Turati stesso fece trapelare la propria diffidenza su una campagna elettorale mirata a far risvegliare la coscienza politica femminile perché destinata a fallire, senza l'appoggio delle dirette interessate. Egli, infatti, affermò che "fin quando il movimento femminile per il suffragio resti limitato ad una specie di sport signorile, e non sia volto a suscitare nelle nasse lavoratrici femminili la coscienza dell'interesse […] tale movimento apparirà condannato alla sterilità più assoluta".  La Kuliscioff ribatteva alle accuse dell’indifferenza femminile verso il mondo della politica, affermando che dal lavoro e quindi dall’indipendenza economica, la donna avrebbe conseguito la propria libertà e quindi dignità pari all’uomo, per potersi affermare nella vita politica e sociale. Questi rappresentavano i principi basilari che la Kuliscioff espose nella sua teoria "Il monopolio dell’uomo" che, a partire dal 1891 ottenne grande risalto nei corsivi di Critica Sociale.

E nell'autunno del '91 Anna si trasferisce in un appartamento di Portici Galleria al numero 23 con una spettacolare vista sulle guglie del Duomo. Il salotto di casa viene trasformato in studio e redazione della "Critica sociale": mucchi di giornali e plichi di libri, tra cui l'opera omnia di Marx ed Engels in tedesco, occupano tutta la stanza e circondano le due grandi scrivanie al centro della stanza, una affiancata all'altra dove Anna e Filippo lavorano insieme. A ridosso di una parete c'è un piccolo divano verde dove la Kuliscioff riceve i visitatori ad ogni ora del giorno: dal fior fiore della cultura e della politica milanese, alle sartine che cercano e trovano in Anna un'amica discreta e una confidente sincera.

La Kuliscioff dunque, a fine ‘800 si propose, all’interno del Partito Socialista Italiano, quale portavoce dei diritti delle donne, non avvertiti dai colleghi maschi e neppure dallo stesso Turati, come si è detto. Insieme a quest’ultimo, nel maggio del 1898 fu arrestata per reato d’opinione, con l’accusa di aver "concertato o stabilito di mutare violentemente la costituzione dello stato e la forma di governo e di far insorgere in armi gli abitanti del Regno. La vita carceraria non piegò Anna, la quale invece, dopo sette mesi di detenzione, riprese a pieno ritmo la propria attività, facendosi promotrice di un disegno di legge contro lo sfruttamento della manodopera minorile e femminile che, grazie ai colleghi maschi del P.S.I. ottenne l’approvazione in Parlamento (c.d. Legge Carcano, 1901).

In concomitanza con questo risultato la Kuliscioff, attraverso articoli e conferenze, rafforza il proprio impegno politico, in direzione dell’estensione del diritto di voto alle donne. Tale impegno inasprirà dal 1910 i motivi del dissenso interno al P.S.I., in particolare con lo stesso Turati, definito dalla Kuliscioff, "maestro di quella politica di cauti riformismi troppo spiccioli, […], per le sue leggine che migliorano la vita quotidiana dei piccoli burocrati".

Nel 1911 col sostegno di Anna nasce il Comitato Socialista per il suffragio femminile e l'anno dopo viene fondata la rivista "La difesa delle lavoratrici" dove confluiscono tutte le migliori penne del socialismo femminile italiano: Linda Malnati, Giselda Brebbia, Angelica Balabanoff, Maria Gioia, Argentina Altobelli, Margherita Sarfatti. Si riuniscono in casa di Anna, direttrice del giornale, con un intento di concretezza, e cioè quello di stabilire un rapporto di comunicazione diretta con le operaie e le contadine e renderle consapevoli della loro condizione, del diritto di associarsi, di difendere il proprio lavoro e naturalmente del diritto al voto. Il lavoro è immane perché si tratta di parlare a persone analfabete, cresciute ed educate secondo i canoni della tradizione che impone alla donna di rispettare un ruolo subalterno, ma la mobilitazione riesce egregiamente. 

Anna, tuttavia, convinta che "il voto è la difesa del lavoro e il lavoro non ha sesso" prosegue nella sua battaglia suffragista, ma la Legge n° 666 del 30/06/1912, del Governo Giolitti, concederà il diritto di voto a tutti i cittadini maschi del Regno, di età superiore ai 30 anni, senza che più venga richiesto il requisito del censo o dell’istruzione, fermi restando invece tali requisiti per i maggiorenni di età inferiore ai 30 anni. L’elettorato attivo passa da 3.300.000 elettori a 8.443.205 votanti; 2.500.000 sono analfabeti. La proposta di legge per la concessione del diritto di voto alle donne, viene respinta.

Anna, già molto provata da problemi di salute a causa dell’artrite reumatoide e della tubercolosi, contratta durante la detenzione in carcere, proseguirà la propria propaganda politica, attraverso l’impegno giornalistico, apostrofando l’indifferenza del P.S.I. verso tale annosa questione, con queste parole:"non è la questione delle donne, che fu un semplice episodio, è tutto l’avviamento verso un democratismo più sbiadito…" Con l'arrivo al potere di Mussolini nel 1922 la speranza del suffragio universale esteso alle donne, si vanificò. "La donna deve ubbidire", - commentava lo stesso Mussolini, nel corso di un'intervista ad un quotidiano inglese - "non darò mai il voto alle donne".

Per Anna comincia un periodo nero fatto di scoraggiamento e senso dell'abbandono. Nel rapporto con Turati i dissensi politici si mescolano con le questioni personali turbando il quieto vivere: "non è la questione delle donne, che fu semplice episodio, è tutto l'avviamento vostro verso un democratismo più sbiadito e insulso..."; sugli articoli di "Critica Sociale" la Kuliscioff si firma Omega dato che si sente, come lei spiega, "come l'ultima ruota del carro". Ma la stessa rivista, la loro figlia di carta, non la soddisfa più: "e allora... la comporremo nel sonno eterno prima che cominci il mio". È un periodo di grande disorientamento per gli stessi socialisti: Croce, che aveva sempre dimostrato grande simpatia per il socialismo, ora sostiene che "è ora di mettere Marx in soffitta", mostrando attraverso un'analisi delle varie fasi del socialismo, dall'utopismo al marxismo al sindacalismo soreliano, come queste forme si siano progressivamente esaurite. Inoltre cominciano a trapelare le prime avvisaglie di un movimento antisocialista e nazionalista che si manifesta a tratti come violento e di cui Anna ne percepisce, con sgomento, tutta la portata. 

 

Il 27 dicembre del 1925, dopo aver dedicato tutta la propria vita a sostegno dei diritti delle donne, Anna Kuliscioff si spegneva a Milano. in un'Italia in preda alle violenze fasciste. Quella stessa violenza accompagnerà il suo corteo funebre per le strade del centro di Milano il 29 dicembre, quando alcuni fascisti facinorosi, scagliandosi contro le carrozze e strappando i drappi e le corone, trasformeranno il funerale in una dichiarazione di guerra.

La morte le risparmiò ulteriori pene, quali il sicuro esilio, la soppressione di Critica Sociale, insieme a tutti i giornali ostili al regime, le rappresaglie degli squadroni fascisti, la scomparsa, da esuli, dei suoi più intimi compagni di vita e di battaglia, quali Turati e Treves. Solo con la caduta del regime fascista, a vent’anni dalla morte, l’impegno lungamente profuso dalla Kuliscioff ottenne i primi ragguardevoli risultati. Ricordiamo, infine, che nella Assemblea Costituente, incaricata di redigere la Costituzione del nuovo Stato Repubblicano, figuravano anche quattro donne: la democristiana Maria Federici, la socialista Lina Merlin e le comuniste Teresa Noce e Nilde Jotti.

 

BIBLIOGRAFIA

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IVANOE BONOMI, Quel che essa fu, in Critica Sociale, Milano, anno XXXVI n 1-2, 1-31 gennaio 1926.

ANNA KULISCIOFF, La riforma elettorale, w le donne. Perché le donne saranno escluse dal diritto di voto, in La difesa delle Lavoratrici, anno I n 7, 7 aprile 1912.

CLAUDIO TREVES, Ancora il voto femminile alla Camera, ne La difesa delle Lavoratrici, Anno I n 10, 2 giugno 1912.

(a cura di Katia Romagnoli)

 

pallanimred.gif (323 byte) La dottora dei poveri e la rivoluzionaria

 

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