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Biografia
ODDINO MORGARI (1865-1944)
di Gianni Artero
1. Il personaggio
Nato a Torino il 16 novembre 1865 in una famiglia di pittori (il padre Paolo Emilio,
la madre Clementina Lomassi, la sorella Bice, il fratello Luigi, il più celebre, vissuto
dal 1857 al 1935 e autore di numerosi affreschi[1]),
questa parentela concorse probabilmente allo stereotipo di bohemien. A questa nomea contribuì l'autobiografia di
Rinaldo Rigola in cui lanziano sindacalista racconta che, eletto deputato nel 1904,
non essendovi allora indennità per tale carica "l'on. Morgari mi impartiva delle lezioni di
economia parlamentaristica:..."risparmio i soldi dell'albergo andando a dormire in
treno. Combino il viaggio in modo che tra l'andata e il ritorno ci sia da passare l'intera
notte" approfittando della franchigia ferroviaria che consentiva ai
deputati di viaggiare gratuitamente."Sapevo che Morgari era capace di fare ciò ed altro
ma non ero del suo avviso...non mi sentivo di
spingere il mio eroismo a tal punto....(....)...non [ero ] tagliato per l'eccentricità" [2]
Più seriamente, cè sicuramente nella sua vita un lato
avventuroso, un certo gusto per la vita
nomade: dal soggiorno in Francia alla fine degli anni '80 alla presenza in Macedonia nel
1903 dove era accorso in occasione dell'insurrezione al dominio turco, dai due anni
trascorsi in Estremo Oriente (1911-13), ai viaggi durante la guerra mondiale per
riallacciare i rapporti tra i socialisti, fino alla presenza a Budapest durante la Comune
e ai viaggi in Russia nel 1922 e alla metà degli anni '30.
Spontaneo il paragone con personaggi del socialismo dell'epoca, come
Giacinto Menotti Serrati[3]
che trascorse una parte importante della sua vita nell'emigrazione come
organizzatore dei lavoratori italiani in Svizzera e negli Stati Uniti, o come il "cittadino
del mondo" Edmondo Peluso[4] che ha suggerito il sottotitolo. Al di là dellaspetto pittoresco è
importante cogliere lo spessore umano e politico del personaggio che fu una figura non
secondaria di un quarantennio del socialismo italiano, e nel periodo della guerra anche
internazionale, trovandosi sovente al centro dei più importanti avvenimenti, fino almeno
al primo dopoguerra quando verrà superato dai nuovi eventi e da una nuova generazione.
Nel sistema di valori fondativi del socialismo
italiano delle origini, il carattere positivistico-sentimentale della sua adesione è
comune alla maggior parte della generazione,
mentre i suoi tratti distintivi sono il disinteresse, che lo portò a subire più che a
ricercare le cariche direttive, e la predicazione tra le masse. Nelle cronache delle agitazioni e degli
scioperi di tutta Italia, dal 1890 in poi è raro non trovare il suo nome: quando la
situazione si faceva critica e occorreva la presenza di qualcuno che sapesse parlare alle
masse, le sezioni del Partito e le Camere del Lavoro si rivolgevano a lui. Analogamente
proiettato verso gli umili fu il suo impegno di pubblicista.
Dopo
queste essenziali chiavi di lettura, unultima osservazione: avendo operato sia a
livello locale torinese, che (dallelezione alla Camera nel 1897) nazionale, e dal
1914 anche internazionale, non è facile con
un esposizione rigidamente cronologica che spezza la narrazione in singoli episodi
slegati seguire il filo di attività che si sviluppavano parallelamente su
piani diversi. Abbiamo pertanto ragruppato le
vicende secondo nuclei tematici, così da poterle descrivere nel contesto in cui si
collocano.
Nel 1885 durante il servizio di leva,
che per la sua conoscenza del disegno andava
svolgendo all'Istituto Geografico Militare di Firenze, ebbe luogo la sua
iniziazione politica, che così rievocherà in uno scritto dei suoi ultimi anni: nella
mia adolescenza per motivi di natura psicologica ed ereditaria la mia mentalità era come
una spugna pronta ad imbeversi di quel qualunque ideale umanitario che le fosse
prospettato dal primo idealista in cui si sarebbe imbattuto; e volle il caso che
questo fosse un mazziniano
andato al par di me nella
Fortezza di Basso di Firenze, ragion per
cui in tre giorni fui avvinto e mi diedi a quella fede per metà politica e per metà
religiosa con quella stessa ardente passione con cui un giovane vive il suo primo amore
[5]
Ma fu costretto a dimettersi «quando il Ministero delegò una
Commissione disciplinare a giudicare di un rapporto della polizia, che [lo] denunciava
come mazziniano»[6]
Espatriato, raggiunse Parigi e in
seguito Marsiglia dove dal settembre al dicembre del 1890 diresse il circolo mazziniano. Per usare le sue parole, scritte però a cinquantanni dagli
avvenimenti e quindi da considerare con cautela: Quattr'anni
erano passati dopo d'allora durante i quali avevo preso contatto col pensiero socialista
traverso scarse ed incomplete battute, cosicchè poco a poco ero venuto a dubitare che il
mazzinianesimo fosse un edificio mancante di alcuni muri maestri, ma per passare alla
convinzione socialista ero impedito da diverse obiezioni suggeritemi dal buon senso
dell'aspetto pratico delle questioni già vivo in me nonostante l'età giovanile.
Respingevo con noia certe obiezioni volgari. (...).ma certi altri dubbi mi
ponevano in imbarazzo: per esempio mi stringeva il cuore assistendo alla propaganda di
tanti sindacalisti e socialisti che alle masse parlavano soltanto di diritti e mai di
doveri...e che si disinteressavano delle sofferenze di tanti altri lavoratori solo perchè
non portavano il berretto dell'operaio di fabbrica....Si poteva temere che nel nuovo
assetto si scatenasse una nuova forma di sfruttamento, quella degli oziosi e dei cinici
sui compagni coscienti e volonterosi..(...)..mi chiedevo se per ottenere un corretto
adempimento dei nuovi obblighi sociali non sarebbe stato necessario un regime di dittatura
che avrebbe trasformato l'Eden promesso in un'immensa caserma...Il socialismo prometteva
di costruire una nuova casa di cui però non presentava il piano limitandosi a
magnificarlo con vaghe frasi messianiche...tutti motivi che mi portavano ad attendere che
un uomo o un libro mi dimostrasse con argomenti irrefutabili che .....non era un'impresa
destinata a fallire dopo immensi sacrifici per l'incapacità morale e tecnica dei suoi
imprenditori e per imprevisti difetti d'un meccanismo che nessuno aveva cura di
prevedere....La rivelazione mi raggiunse sotto la forma d'un volumetto venutomi sotto mano
per caso e che lessi d'un fiato in una camera di un albergo di quint'ordine della vecchia
Marsiglia...L'Anno 2000 di Edoardo Bellamy, uno scrittore totalmente
vuoto in fatto di dottrine..[ma]..nel leggerlo io vidi la società socialista nella
sua architettura e nei suoi ordinamenti e di colpo tutti i miei dubbi sparirono dalla mia
mente...e poi fui certo che la società degli uguali e dei liberi non era un sogno come
quello del paradiso dei cristiani, ma un meccanismo che si poteva concretamente costruire
e far funzionare (...) Questa verità mi folgorò nel cervello e mi fasciò di gioia
tantochè ad un certo punto della lettura andai alla finestra e gridai: ho
compreso! ho compreso! come se volessi informare tutta Marsiglia. Per qualche
tempo vissi nello stato d'animo di un visionario a cui Iddio è apparso in sogno per
assegnargli una qualche missione[7]
2. Lo sviluppo industriale e le origini del
socialismo torinese
La storia di Torino operaia e
socialista è stata scritta più volte[8]
ma si ritiene utile fornire alcuni dati essenziali di inquadramento.
L'Esposizione Universale del 1884
aveva sancito il superamento della crisi legata al trasferimento della capitale. Su una
popolazione nel 1880 di 300.000 abitanti gli
addetti all'industria (comprendendo anche i lavoratori a domicilio e parte degli
artigiani) costituivano una quota del 20-30 %. La maggior parte delle imprese risultava
già allora concentrata nei settori metallurico e tessile con il 40% e il 19% delle
imprese cittadine rispettivamente. Accanto al vecchio comparto statale (Arsenale militare,
Manifattura tabacchi, Officine ferroviarie) che continuava a rappresentare il più
consolidato nucleo produttivo cittadino, cresceva un tessuto di imprese private dotate di
grande dinamismo che avevano dato vita a stabilimenti di medie dimensioni con maestranze
operaie dalle 100 alle 300 unità e che negli anni tra la fine degli anni '80 e i primi
anni '90, nonostante la rottura commerciale con la Francia e la crisi bancaria, riuscirono
a consolidare il primo nucleo del capitalismo d'impresa destinato a soppiantare le
produzioni governative e a fornire alla città il suo definitivo volto industriale.
Questo processo di sviluppo entrava in
confltto con una società connotata da relazioni
sociali fortemente gerarchiche, da retaggi
politici e
culturali di tipo tradizionale e da un sistema politico-istituzionale
elitario. Aveva iniziato a modificare questo quadro la crescita tumultuosa e disordinata
di un proletariato proto-industriale accanto e pericolosamente intrecciato con il ceto
operaio sobrio e previdente caro alla tradizione sabauda, crescita che era vista
come una minaccia del rapporto paternalistico tra élites liberali e associazionismo
operaio
Nel 1880-81 dal ceppo della Lega della
democrazia, cioè dall'area che andava dai mazziniani ai radicali e che, pur non
essendo vasta e socialmente radicata come nel milanese, non era priva di organizzazioni in
ambiente operaio, artigiano e piccolo-borghese, erano sorte l'Associazione democratica
subalpina, il Consolato operaio, la Società di mutuo soccorso Fratellanza
artigiana
Nella primavera 1886 l'agitazione dei muratori
assuse quasi le caratteristiche di una rivolta urbana con blocco dei quartieri, scontri
violenti e presidio di molte zone da parte della polizia; poi vi erano state la lotta
delle sigaraie e la diffusione di una piccola conflittualità negli stabilimenti
manifatturieri su problemi di salario, orario, regolamenti
Intorno
a quel periodo cominciò a manifestarsi quella tendenza repubblicano-socialista che,
dapprima rappresentata solo da pochi mazziniani attratti dal movimento operaio (gli
avvocati Leandro Allasia e Giambattista Cagno, il giovanissimo pacifista ClaudioTreves, il
gasista Gianpietro Daghetto) crebbe sino a costituire il pilastro della formazione a
Torino del Partito socialista
Nel giugno 1887 nasce la Gazzatta
operaia fondata dallo studente vercellese Luigi Galleani[9],
che ebbe un ruolo come elemento di mediazione tra anarchismo e movimento operaio, ma numerosi erano, in un'area dai confini incerti,
i giornali che si pubblicavano nella capitale piemontese: il Ventesimo secolo
di Giovanni Lerda (autodidatta, divenuto poi
protagonista a livello nazionale come leader della corrente intransigente[10]),
il Grido del popolo del tipografo Chenal, la Squilla
di area radical-repubblicana.
Nel corso del 1888 si costituì, con
l'intervento degli operaisti milanesi Lazzari e Casati, sul modello dei lombardi Figli
del lavoro, la Associazione fra i lavoratori d'ambo i sessi di città e di
campagna che poco dopo si presentò come federazione locale del Partito Operaio
Italiano. Fu l'unica forza in grado di intervenire nell'intensa fase di agitazioni di
fabbrica e proteste operaie che attraversarono Torino
nella primavera-estate 1889, con
dimensioni e intensità mai raggiunte in precedenza, e i cui effetti determinarono una
svolta decisiva per la configurazione del movimento operaio e socialista locale
A metà aprile del 1889, partita dai pellettieri che protestavano per una
ribasso dei cottimi, ripresero le agitazioni che si infittirono ed estesero in tutti i
settori, in particolare quello tessile colpito dal rialzo delle tariffe doganali.
La tendenza spontanea dell'agitazione operaia si
intrecciò così con il progetto politico e organizzativo della federazione operaista che
si era costituita proprio sulla tesi della centralità delle lotte economiche per lo
sviluppo del socialismo come movimento politico, sostenendo un duro confronto con
l'anarchismo intransigente tradizionalmente diffidente verso il concetto stesso di lotta
di classe come lotta rivoluzionaria
La situazione si radicalizzò a partire
dall'inizio di giugno, con una città quasi in stato d'assedio: gli arresti nei giorni 11
e 12 furono una quarantina e il 13 iniziarono i processi per direttissima con condanne da
due giorni a tre mesi; anche dopo questa data si ebbero strascichi con l'entrata in scena dei panettieri e poi dei
garzoni del macello civico.
Il 10 novembre 1889 si votò a Torino per rinnovare
il consiglio comunale sulla base della legge del 30 dicembre 1888 che estendeva il diritto
di voto a parte dell'elettorato operaio. Si determinò in occasione di queste elezioni la
frattura dei democratici tra un'ala possibilista, che si inserì nella lista liberale, e
un'ala più radicale che si accordò con i gruppi socialisti-operaisti per la
presentazione di una lista democratico-operaia, i cui
risultati furono deludenti, non andando nessuno dei candidati oltre i
1800-1900 voti.
3.
Morgari nel socialismo torinese del decennio 1890-1900
In questa situazione si inserisce Morgari
che, rientrato dalla Francia, prende parte attiva sulle pagine della Squilla alle
discussioni seguite al congresso socialista di Genova del 1892 . Non proveniva dal
socialismo militante, era quasi sconosciuto all'inizio al punto che il Grido del Popolo
ne storpiava il nome, ma apparteneva a quell'area di repubblicani di recente
conversione guardata con una certa diffidenza dai vecchi operaisti e socialisti per questo
motivo.
Così viene descritto quasi cinqunt'anni dopo
da un anonimo collaboratore dell'Avanti!: Arrivato da dove non
si sa piovve un giorno a Torino un tale con un pizzetto rossiccio (...) trovò
lavoro come contabile presso la cartoleria Simondelli in via Po. ....Erano allora gli impiegati pagati a mesi e
Oddino ebbe l'audacia di chiedere un anticipo sullo stipendio del suo primo mese.
Allora si andava a vedere il padrone con il cappello in mano e l'ordine di costui e il
fatto per di più che gli venne concesso stupirono parecchi di noi della stessa ditta.
Parlava un linguaggio nuovo e una sera mi invitò ad andare alla Fratellanza operaia
..(...)..non ricordo se a parlare ci fosse Cerutti o Chenal. Intervenne nel dibattito anche un
avvocato che più tardi seppi era Claudio Treves...Passò qualche anno e il PSI fondò una
sezione a Porta Palazzo sorvegliatissima dalla polizia.... Poscia la testa calda fondò
un'altra sezione vicina a Piazza Filiberto frequentata da universitari: Roux, Casalini e
altri E forse anche persone di dubbia moralità, difatti una sera vedo Oddino pallido e silenzioso. Più tardi
ci spiegherà l'origine del suo malumore ..Aveva riscosso quella sera stessa il suo
stipendio e mentre era nella Sezione un biglietto da 100 lire
aveva preso il volo dal suo portafoglio. Oddino non volle denuncìare il fatto alla
polizia Ne subirebbe la sezione..La gente direbbe che vi son dei ladri fra noi che
vogliamo riformare il mondo. E poi chi lo ha preso forse ne aveva più bisogno di me.
Così la cosa fu messa a tacere per non danneggiare la sezione [11]
Dopo la fallimentare campagna elettorale del
1889, sull'onda della delusione che serpeggiava, e con la ripresa delle vertenze, questa
volta alle Officine ferroviarie, la parola d'ordine della fondazione della Borsa del
lavoro ebbe grande successo, raccogliendo
nell'estate del 1891 l'adesione dei più forti sodalizi operai a partire dall'Associzioe
Generale Operaia (AGO) che, forte di 6.000 soci, aveva un'immagine pubblica quasi
istituzionale, e tutt'altro che scontata era la sua adesione al progetto, presentato
comunque con caratteri di moderazione tali da essere accettabile ai liberali.
La proposta di fare del Primo Maggio una giornata
internazionale di lotta, lanciata a Parigi nel
1889, diede luogo a Torino nel 1891 ad incidenti: sfidando il divieto prefettizio folti
gruppi di dimostranti, radunatisi in piazza
Statuto, furono circondati e dispersi dalle forze di polizia: Quell'episodio rimase rimase
a lungo impresso nella memoria collettiva della città, e fu il fatto scatenante che
determinò nel noto scrittore Edmondo De Amicis, che assisteva alla scena dalle finestre
del suo appartamento su quella piazza, l'interesse verso il socialismo. Nei giorni
successivi vennero celebrati i processi per direttissima, che comminarono pene pesanti: da due a tre anni.
Frattanto il progetto della Camera del lavoro
che, come a Milano e in altre realtà, diede luogo ad una trattativa con il Municipio per
il riconoscimento e un sussidio, andava avanti: nell'estate 1891, non appena fu avviata
l'organizzazione delle sezioni per arti e mestieri, passò rapidamente da poco più di 700
a quasi 4.000 aderenti.
Nelle elezioni del novembre 1892 si presentò
una lista socialista con candidati in quattro collegi, con risultati deludenti: Prampolini
ottenne 53 voti, Lerda 153. Mentre per Lerda il problema della sconfitta non si poneva,
non avendo mai puntato sulle elezioni se non come occasione per far sentire la voce del
socialismo, nella nota di commento pubblicata dalla Squilla e scritta
da Morgari si coglieva una posizione più problematica, espressione di una cultura per la
quale lotta economica e lotta politico-parlamentare formavano un tutto unico e che poneva
l'esigenza di una tattica di partito integrale.
La dura sconfitta alle urne indusse l'area
degli ex-radicali e repubblicani, della Squilla, della Lega
Democratica Sociale, a prendere la decisione, nel corso di una riunione tenuta
il 15 novembre 1892, di fondare la sezione del Partito dei lavoratori di Torino e
provincia, in attesa di concordare l'affiliazione a livello nazionale. Fu una
forzatura di un gruppo di organizzatori che in questo modo si candidava al ruolo di
direzione del socialismo torinese in sostituzione della vecchia gurdia.
Il quadro dirgente che guidò il
processo di formazione del partito non proveniva dalle esperienze storiche del socialismo,
(con l'eccezione del vecchio operaista Paolo Alessi) ma dall'associazionismo repubblicano
e a dare il tono al nuovo partito più che la componente operaia, presente con Chenal,
Daghetto, Racca e gli organizzatori Quirino Nofri e Morgari, fu quella quella dei giovani
di simpatie democratiche e repubblicane provenienti dall'Università e destinati a ruoli
di primo piano come Claudio Treves, Adolfo Zerboglio, Guglielmo Ferrero, Camillo Olivetti,
Mario Novaro, Zino Zini, Guglielmo Ferrero, Felice Momigliano, Gina e Paola Lombroso. Fu
un passaggio di consegne non formalizzato ma dovuto alle indubbie capacità organizzative
di alcuni personaggi che dimostrarono di meritare un ruolo di guida nel partito e di
saperlo condurre alla conquista di nuovi traguardi.
Il Partito esordì organizzando una serie di
conferenze operaie a partire dal 2 dicembre e indicendo le elezioni per il rinnovo della
Commissione Esecutiva della CdL che, sebbene fondata appena da un anno, languiva in
difficoltà amministrative e politiche. Il nuovo gruppo dirigente restituì la CdL
all'influenza socialista, cosa che aveva un significato particolare alla luce dei principi
organizzativi stabiliti al Congresso di Genova, e si presentò come gruppo autonomo,
dandosi una struttura unitaria al posto della precedente federazione di associazioni di
mestieri e di circoli politici
Al momento dell'adesione nazionale, il 14
gennaio 1893, i soci iscritti erano solo 80, ma già il 21 confluì la Lega Democratica
Sociale portando un contributo essenziale di soci e di risorse con 300 iscritti, ad aprile
1893 divenuti 400. e la Squilla cessò le pubblicazioni irrobustendo il Grido del popolo, divenuto organo ufficiale a
livello locale. Al successo di questo giornale contribuì anche il declino del Ventesimo
secolo di Lerda e Schiaparelli.
In
questa fase di impianto dell'organizzazione, a prendere le iniziative (formazione di una
commissione di propaganda, istituzione di una scuola di partito, piano di potenziamento
del Grido) fu un gruppo composto
dall'insegnante Battelli, dal medico Norlenghi, Morgari, Daghetto, Allasia, Zerboglio,
Treves, Cagno......
La sezione si formò su alcune basi politiche
e ideologiche: propensione all'analisi sociologica, influenza del socialismo prampoliniano-emiliano; critica
dell'ordinamento borghese più moralista che marxista. Come scriverà La Stampa alcuni
anni dopo, il partito socialista a Torino lo fondarono un esiguo numero di
persone, giovanissime quasi tutte, alcune colte, quasi tutte sentimentali e talune fino
alla mobosità, agitate da sogni seducenti di ricostruzione dell'attuale società viziata
e corrotta [12]
Per la giornata del Primo Maggio 1993 il
partito tenne 13 conferenze in città e altre 4 in provincia, dando così l'immagine di
un'organizzzione forte e radicata sul territorio. Il 28 maggio Morgari tenne un comizio al
Teatro Nazionale in appoggio alla proposta di legge del deputato democratico Pietro
Albertoni di abolizione dei dazi sui beni di largo consumo e di una tassazione fortemente
progressiva sulle successioni. A maggio iniziò la propaganda nelle campagne attraverso
conferenze e in giugno i quattro candidati alle amministrative (Morgari, Nofri, Alessi,
Goria) ottenevano 1809 voti che erano anche il risultato della precedente conquista di
un'importante istituzione quale la Cooperativa ferroviaria
Nell'agosto
del 1893 ad Aigues Mortes in Provenza erano avvenui dei gravissimi scontri tra gli operai
locali e quelli italiani che accettavano di lavorare nelle saline per salari più bassi,
culminati nel linciaggio di una trentina di immigrati. Alle dimostrazioni
antifrancesi appoggiate dal governo, i socialisti torinesi contrapposero una piccola
manifestazione nel corso della quale Morgari fu arrestato e subì la sua
prima condanna: dieci giorni di arresto per violazione dell'art. 434 (disobbedienza
all'ordine di scioglimento d'una manifestazione)
Al congresso di Reggio Emilia del
settembre 1893 Morgari non fu tra i delegati della sezione torinese, che inviò Giuseppe
Battelli e Claudio Treves
Il 29 ottobre 1894 fu condannato a
quattro mesi di detenzione e a 300 lire di multa per un discorso tenuto durante un
banchetto a Romano Canavese. Nel novembre dello stesso anno fu sul banco degli imputati
della pretura di Torino[13]
con Treves e Guglielmo Ferrero per un proclama inserito nel Grido del Popolo e venne definito: «uno dei più
esaltati caporioni del Partito in Torino» e condannato a tre mesi di confino a Morgex
(Aosta). Per concludere, il 18 febbraio 1897 a Roma, durante il processo a 120 socialisti,
venne condannato ad un'ammenda di 10 lire per aver protestato contro il decreto di
scioglimento della federazione socialista romana.
Dal 1896
Ia propaganda socialista a Torino trovò nella questione dell'amministrazione cittadina la
leva più potente di agitazione. Di fronte ai problemi delle masse popolari riusciva, con un «programma minimo», a
sostanziare la fede nell'avvenire di solidi motivi immediati: socializzazion dei servizi
pubblici (acqua, gas, telefoni, luce), abolizione dei dazi sui consumi, giornata
lavorativa di otto ore per i dipendenti municipali, facilitazioni alle cooperative,
istruzione laica obbligatoria e gratuita.
Per le elezioni politiche del 1897 venne enunciato
un programma più avanzato, propagandando oltre alla grande rivendicazione democratica del
suffragio universale la concezione della "nazione armata: facciamo
come in Svizzera, dice Morgari che non si limita ad illustrare questo programma
attraverso giornali e opuscoli ma insiste sulla necessità della costituzione di circoli,
come strumenti fondamentali di penetrazione.
4. L'elezione
nel 1897 e il Novantotto
Nel 1897 furono eletti in Italia 15
deputati socialisti, di cui due in collegi torinesi: Quirino Nofri, ferroviere e
cooperativista e Morgari, anche se la
sua candidatura fu ostacolata, come traspare da una lettera a Treves: Ritengo non sia assolutamente
necessario che i rappresentanti del Partito in Parlamento siano tutti e senza eccezione
scelti nella categoria delle macchine da discorsi e da teoria, ma anche qualche volta, in
quella degli uomini da lavoro e di senso pratico, atti non solo ad illustrare e a
demolire, ma anche ad amministrare, organizzare, costruire. Disposto a ritirarmi di
fronte a candidature operaie (...) non lo sono di fronte alle candidature di chiunque
altro (...) Dimostrami che l'interesse del Partito esige il mio ritiro. Se rimango convinto mi ritirerò»[14].
Il 5 maggio 1897 esordì in Parlamento con una
interrogazione al Ministro dell'Interno sulla morte del detenuto Frezzi, un anarchico
deceduto in circostanze sospette nelle carceri di San Michele a Firenze. Intervenne più
volte in favore degli operai delle manifatture tabacchi; difese i dipendenti del Ministero
della Guerra che chiedevano le 10 ore. Chiese, associandosi alla campagna promossa dai
partiti dell'Estrema, il trasferimento di fondi dai bilanci dei dicasteri «non
produttivi», quali l'esercito e la marina militare, a quelli dell'agricoltura e
dell'industria. Fece
parte della prima redazione dell'«Avanti!» e ne fu amministratore;
ma nel gennaio del 1898
rinunciò a
quest'incarico per dedicarsi maggiormente all'opera di propaganda e motivò così le sue
dimissioni: "non
sono all'altezza; o dirò meglio alla bassezza di un incarico che esige spirito
inquisitoriale, severità, misure di rigore. Negli impiegati e nei dipendenti di ogni
fatta vedo dei compagni con cui l'estrema familiarità delle relazioni toglie la
possibilità del tiraneggiare. Vedo degli uomini e dietro ogni loro pena le cause
ereditarie di nutrizione, di nervi, di bisogno e di passione che quella deficienza
producono e ciò mi disarma. Non sono tagliato per comandare»[15]
Nel 1998 il tribunale di Biella lo condannò a tre
mesi e 26 giorni e ad una multa di 100 lire per eccitamento all'odio fra le classi
sociali, in seguito alle parole pronunciate in una conferenza elettorale a Cossato nel
1897, in appoggio alla candidatura di Dino Rondani[16],
anche lui eletto deputato in quella legislatura.
Nell'aprile del 1898 fu presente con Andrea Costa
e Camillo Prampolini allo sciopero di Molinella e presentò diverse interrogazioni sulle
cause che avevano portato allo scioglimento della cooperativa locale. Pochi giorni dopo
partì con Rondani per Palermo, per sostenere la locale sezione nella lotta contro la
mafia crispina della zona.
A Torino si ebbe inizialmente scarsa eco dello
scoppio dei moti del maggio 1898, tanto che
Morgari, Nofri e Treves firmarono un manifesto della sezione in cui si lamentava «la
lotta micidiale di Milano, che si combatte senza un chiaro obiettivo» e si invitavano i socialisti ad astenersi da
ogni dimostrazione, a mantenere fede alla tattica evoluzionistica del partito, al
gradualismo «che solo potrà
portare il proletariato alla conquista del potere politico" . Il 9 maggio il generale Bava Beccaris,
comandante della piazza militare di Milano, che per la proclamazione dello stato d'assedio
aveva ricevuto dal capo del governo Rudinì i pieni poteri, fece trattenere Turati e
Bissolati, presentatisi in questura per protestare contro l'espulsione della Kuliscioff, "essendovi evidente flagranza
reato incitazione rivolta per parte entrambi", fece arrestare Andrea
Costa e diede analoghe disposizioni per Morgari e il deputato socialista di Carpi Alfredo
Bertesi.[17]
Lo
stessogiorno partì per Milano ma non riuscì a trovare contatti, essendo tutti
incarcerati o fuggiti; partì allora per Lugano per avere notizie più precise dai
compagni là riparati. In questo viaggio l'autorità di P.S. volle vedere un legame con la
tentata invasione di bande armate dalla Svizzera[18].
Gli
arresti avvengono sulla base di elenchi predisposti dalle questure, quasi mai in
flagranza di reato e per lo più senza prove e capi d'accusa, alla ricerca dei quali si
procede al momento del processo.
Il commissario straordinario di Milano
propose l'arresto fuori della sua giurisdizione anche di Rondani, bestia nera degli
industriali biellesi perché animatore delle lotte operaie della Valsessera e di Nofri, organizzatore dei ferrovieri, Si scatena dunque la caccia
benchè fosse prescritta la flagranza di reato per l'arresto di membri del parlamento.
Rondani è già riuscito a espatriare. Meno fortunati furono Nofri e Morgari. Il primo, dopo essere stato
sorvegliato, è fermato a Torino la sera del 12. Morgari
il 14 maggio è arrestato a Roma essendo risultato essersi egli trovato Milano
nel giorno nove quando avvennero tumulti Monforte, parendomi inoltre esistere flagranza a
termini del capoverso articolo 33 codice penale essendo stato trovato deputato denaro
giornale sovversivo "Avanti" e così in possesso oggetti che lo fanno
presumere coautore in reato di istigazione.
A fabbricare le prove provvide la questura di Milano, con due
voluminosi rapporti all'avvocato fiscale militare. Preoccupazione primaria del questore è
di ribadire il carattere insurrezionale dei tumulti, l'ideologia rivoluzionaria dei
partiti socialista e repubblicano e degli anarchici, la responsabilità determinante di
trentadue capi socialisti, repubblicani, anarchici che coincidono con gran parte del
gruppo dirigente nazionale e locale dei tre movimenti politici.
Contro Morgari non esisteva che l'accusa di essere per Torino quasi
quello che Turati era in Milano cioè un abile organizzatore e propagandista. Il processo presso il Tribunale militare si
concluse il 12 agosto con l'assoluzione di Morgari e la condanna di Turati e del deputato
repubblicano De Andreis a 12 anni (ma furono liberati l'anno successivo)
5. L'ostruzionismo
Caduto il governo Rudinì gli succedette Pelloux, che si mosse sulla
stessa linea, anche se con una maggioranza parlamentare inizialmente allargata ai liberali
zanardelliani e giolittiani. In materia di ordine pubblico era stato approntato un decreto che dava
all'autorità di pubblica sicurezza la facoltà di "vietare, per ragioni di ordine
pubblico, gli assembramenti e le riunioni politiche"; vietava di portare ed
esporre in pubblico "insegne, stendardi o emblemi sediziosi"; dava
facoltà al ministro dell'interno di sciogliere le associazioni dirette a
sovvertire, per vie di fatto, gli ordinamenti sociali o la costituzione della stato";
vietava la sciopero degli "impiegati, agenti ed operai addetti alle ferrovie, alle
poste, ai telegrafi, alla illuminazione pubblica"; aggravava le disposizioni
penali in materia di reati di stampa estendendo la responsabilità di eventuali
pubblicazioni incriminate anche agli "autori e cooperatori" delle
pubblicazioni stesse, oltre che al gerente del giornale. Si trattava di un testo assai
lesivo della libertà e pericoloso, poiché poteva essere il punto di partenza di
ulteriori disposizioni repressive.
L'11 giugno 1899 nelle elezioni per il rinnovo
parziale del consiglio comunale di Milano la coalizione dei radicali, repubblicani e
socialisti ottenne 19.000 voti contro 15.000 andati alla coalizione clerico-moderata e
il radicale Mussi, padre del giovane ucciso durante la manifestazione dell'anno precedente
che era stata la scintilla dei moti milanesi, divenne sindaco di Milano. A Torino, a
Firenze e in altre città, furono ottenuti dai socialisti altri successi, indicativi del
nuovo orientamento dello spirito pubblico, oltre che della forte ripresa delle
organizzazioni operaie.
Per
il governo Pelloux, lesito delle elezioni rappresentava
un campanello d'allarme; nonostante ciò decise di far passare
il decreto in seconda lettura alla Camera. L'incauta mossa ebbe come effetto non solo di
esasperare la volontà ostruzionistica
dell'estrema sinistra, ma di far passare all'opposizione la sinistra liberale di Giolitti
e Zanardelli, che fino a quel momento si era preoccupata di tenere le distanze dall'azione
dell'estrema, suscitando perplessità e riserve persino in alcuni ambienti conservatori
settentrionali, se non altro per ragioni di
opportunità politica quando non per scrupoli legalitari.
Lostruzionismo, già ipotizzato dai socialisti da mesi,
annunciato alla Camera e parzialmente applicato alla ripresa dei lavori, si esplicò,
formalmente sempre nei limiti del regolamento dell'assemblea, con la presentazione di
emendamenti, con continue richieste di verifica dell'esistenza del numero legale, con
discorsi fatti al solo scopo di protrarre la discussione a tempo indeterminato e che
appaiono una giostra di trovate, come a esempio la pseudo arringa dell'afono Bertesi, le
disquisizioni di Morgari fatte con voce lentissima, sillabando le parole, i discorsi di
quattro, cinque ore di Ferri e Pantano, le provocazioni alla maggioranza per suscitare
incidenti e la conseguente sospensione della seduta. L'ostruzionismo,
cui non partecipò la sinistra liberale, rese assai agitata l'atmosfera dell'assemblea ed
innervosì la maggioranza governativa, non abituata a quel metodo di lotta nuovo per il
parlamento italiano
La seduta della Camera del 30 giugno 1899 all'ordine del giorno ha le
modifiche al suo regolamento e la conversione in legge del decreto 22 giugno 1899.
Terminato il primo appello sorge Prampolini a chiederne un secondo per l'approvazione del
verbale, forte del regolamento della camera. Il presidente arbitrariamente rifiuta e
mette ai voti il verbale per alzata e seduta, tra le proteste e le grida dell'Estrema,
in un clima che diviene subito arroventato.
Quando il presidente della Camera fece preparare le
urne per una votazione a scrutinio segreto vi fu uno scontro tra Bissalati e Sonnino, che
vennero alle mani, mentre Prampolini Morgari e De Felice si impadronirono delle urne e
le rovesciarono disperdendo le schede dei deputati che già avevano votato.
Nel tumulto generale il presidente dichiarò allora
sciolta la seduta e poco dopo fu
annunciata la chiusura della sessione[19].
La ripresa dei lavori fu stabilita per ìl 14 novembre.
Il giorno dopo il
presidente, i vicepresidenti e i segretari della camera si riunirono per decidere quali
sanzioni adottare contro i responsabili della rottura delle urne, ma lavvenuta
chiusura della sessione, avendo fatto decadere lintero ufficio di presidenza, li
pose nella condizione di non poter deliberare alcun provvedimento.A questo punto intervenne la magistratura
a promuovere dufficio, contro Bissolati, De Felice, Morgari e Prampolini unazione
penale per avere impedito alla Camera lesercizio di una delle sue funzioni. Allintervento
del potere giudiziario non erano estranee le pressioni dellesecutivo, che sperava
così di colpire lostruzionismo e i suoi più battaglieri esponenti
La sentenza di rinvio a giudizio della corte d'appello di Roma, le
requisitorie del P.M. e del procuratore generale, l'ordinanza della camera di consiglio
del tribunale sono concordi - dinanzi
agli imputati che sostengono di essere stati costretti a difendere con la forza i
diritti della minoranza dalla violenza esercitata dal presidente dell'assemblea
asservito alla maggioranza e che dichiarano perciò non solo di non aver commesso il reato
a loro attribuito, ma di aver compiuto lo stretto dovere di deputati - nell'affermare il
principio che, essendo "sovrana la maggioranza nelle nostre istituzioni
costituzionali, non si saprebbe capire come possa la sua deliberazione qualificarsi
violenza e tale da consentire una reazione fuori le linee della legalità con vie di fatto
costituenti delitto." A giustificazione poi della procedura contro quattro
deputati senza tener conto delle immunità parlamentari, la magistratura si appella al
tipo di reato che appartiene ai delitti contro i poteri dello stato ed è quindi
"evidentemente d'azione pubblica", mentre lo Statuto garantisce ai membri del
parlamento di non essere arrestati soltanto nel periodo di apertura della sessione
parlamentare.
La risposta di Bissolati, De Felice, Morgari e Prampolini
all'intervento dei giudici romani è politicamente abile: pur ribadendo che la
magistratura non ha alcun diritto di giudicare il modo in cui si svolgono le discussioni
parlamentari, essi dichiarano di astenersi dal sollevare eccezioni sulla legittimità e
regolarità dell'azione giudiziaria, perché a tutti "importa per ragioni
politiche che il processo abbia corso colla maggiore possibile sollecitudine,"
per trasformare l'azione giudiziaria in un processo politico.
Perciò
non soltanto confermano, durante gli interrogatori, i fatti attribuiti loro dall'accusa,
ma addirittura si spingono fino all'autodenuncia allo scopo di allargare sempre più le
dimensioni del processo politico contro il governo[20].
A questo punto però il governo, dopo aver tentato di servirsi della magistratura per
colpire gli ostruzionisti, è costretto a retrocedere, per evitare di divenire, dinanzi al
paese, da accusatore accusato.
L'inizio del processo presso la corte d'assise di Roma è già stato
fissato dal presidente il 30 ottobre, gli imputati sono già in carcere, quando la vigilia
un decreto reale annuncia per il 14 novembre l'apertura della terza sessione della
ventesima legislatura e, col restituire loro l'immunità parlamentare, rimette in libertà
i quattro deputati socialisti evitando nello stesso tempo il processo.
Prima della chiusura della sessione parlamentare la Camera approva il
9 luglio le conclusioni della commissione incaricata di riferire sull'autorizzazione a
procedere contro i deputati Turati, De Andreis, Bissolati, Andrea Costa, Morgari, Bertesi,
Rondani, Pescetti per eccitamento alla guerra
civile, istigazione e associazione a delinquere. Facendo proprie le argomentazioni
dell'avvocato fiscale del Tribunale Militare di Milano e le conclusioni della
commissione parlamentare viene data via libera all'apertura di un procedimento penale
contro Turati, il repubblicano De Andreis, Morgari e il socialista toscano Pescetti
Mentre a Montecitorio si svolgevano queste vicende,
il paese rimaneva tranquillo: nessuna saldatura si operò fra l'azione ostruzionistica
dell'Estrema e i movimenti popolari, sia per il senso di stanchezza e frustrazione
lasciato dall'esperienza del maggio precedente, sia per il rapido processo di
normalizzazione seguito alle misure repressive: molte associazioni disciolte avevano
potuto ricostituirsi e la maggior parte dei giornali sospesi riprendere le
pubblicazioni; già nel dicembre i condannati con pene inferiori a due anni avevano
riacquistato la libertà grazie a un indulto e infine proprio nel giugno 1899 un secondo
provvedimento di clemenza restituì la libertà anche ai rimanenti. Ma più importanti
ancora erano gli effetti della fase economica ascendente che stava ormai consolidandosi i cui benefici cominciavano a
filtrare vedo il basso.
6. L'attività
allinizio del Novecento (1900-1905)
Dopo la fase di repressione del biennio '98-'99, con
il nuovo secolo si aprì un'epoca di riforme (pur con una dura gestione dell'ordine
pubblico che degenerò in frequenti eccidi di dimostranti) e di graduale inserimento del
socialismo nella compagine nazionale, che durò con fasi alterne per un quindicennio, fino
allo scoppio della guerra mondiale.
Al governo presieduto da Zanardelli, con un
programma di riforme liberali, per la prima volta nella loro storia i socialisti
concessero il voto. Nonostante questo appoggio esterno, a seguito
della campagna di stampa promossa nel 1903 da Ferri contro il ministro della Marina
ammiraglio Bettolo, Morgari con il deputato liberale Franchetti propose uninchiesta
parlamentare che di fronte alla gravità delle
accuse, facesse piena luce sui rapporti della Marina con le ditte fornitrici, in
particolare la società Terni.
La Camera
respinse la proposta con una maggioranza però piuttosto esigua (188 voti contro 149) in quanto numerosi deputati
di destra avevano fatto confluire i loro voti con quelli dellEstrema. Giolitti si
dimise il giorno successivo al voto, in modo da non venir coinvolto nel declino
zanardelliano, e il governo sopravvisse pochi mesi con un semplice rimpasto.
La sua
attività politica non si esauriva in quella parlamentare: durante lo sciopero dei
portuali di Marsiglia de 1990, andato ad
incoraggiare alla lotta i lavoratori italiani, venne espulso come perturbatore dell'ordine
ed accusato da alcuni giornali italiani di essere pagato dai commercianti liguri,
interessati ad attrarre a sé il traffico del porto francese. A seguito del viaggio del re in Russia
nel giugno 1903, venne annunciato alla Camera che lo zar avrebbe restituito la visita;
egli dichiarò che "qualunque grido di acclamazione
sarebbe stato un plauso allo knut"[21] e che sarebbe stato accolto dai fischi dei
sociaIisti. I riformisti ironizzarono sulla "politica del fischio"[22] e i paventati fischi fornirono il
pretesto per rinviare una visita sgradita al governo di Vienna
Sempre nel 1903, durante
l'insurrezione in Macedonia, si recò sul posto e inviò all'Avanti! una serie di
articoli.
Nel 1903 Zanandelli si dimise e
subentrò Giolitti, cui il Partito Socialista, a differenza di quanto fatto nei confronti
del governo precedente, negò la fiducia.
PersonaImente Morgari, che denunciò sempre i brogli elettorali di Giolitti, riteneva
tuttavia che per l'immediato futuro soltanto un governo giolittiano avrebbe potuto
procedere sulla via delle riforme e in quell'occasione egli scrisse: Ora che Ella definitivamente non è più
ministro... delle elezioni. tra l'altro. posso dirigerle questo saluto senza che Ella
dubiti della mia sincerità... lo sono e sarò sempre socialista ma il progresso va per
gradi, ed Ella è tale uomo da personificare i! progresso per un periodo di I0 o di 20
anni. Poi Ella sarà sorpassato se non camminerà con esso, ma vi è tempo di
parlarne" [23]
Negli anni successivi Morgari fu presente a molte
delle agitazioni che scoppiarono in tutta Italia: nell'aprile 1904 si recò a Torre
Annunziata in occasione dello sciopero generale locale; in maggio fu nel vercellese a
sostenere le rivendicazioni delle mondariso; fu presente allo sciopero dei contadini di
Magliano Sabino e a quello dei minatori Capoliveri.
Nel settembre del 1904 in un grande comizio a
Milano, dopo la strage dei minatori di Buggerru (Sardegna), fu lanciata la parola dordine
dello sciopero generale nazionale; riunitoso il 14 a Roma il Comitato Esecutivo del PSI,
composto da Ferri, Lerda e Morgari, ai quali si aggiunsero il segretario amministrativo
Mongini, Varazzani per il GPS e Cabrini per il Segretariato della resistenza (embrione
della CgdL). decise in un primo momento di respingere la richiesta di sciopero generale,
che fu comunque proclamato perchè a causa di un altro eccidio il movimento spontaneo divenne incontenibile.
7. Il propagandista Morgari e il ciarlatano Frizzi
Il 1. febbraio 1900 fondò il quindicinale "Sempre Avanti!, periodico per gli umili e i
pratici", in cui riprende i
moduli della sua arte propagandistica già collaudata. Alla diffusione dei principi e
degli obiettivi cui sono dedicate le prime due facciate sotto il titolo La pagina degli umili, aggiunge La pagina
dei pratici, con la quale si propone di dare maggior mordente alla propaganda
trattando gli argomenti dellorganizzazione e gestione cooperativa, dellamministrazione
comunale, della condotta pratica degli scioperi. Interessante è la rubrica Se fossi
deputato, cosa farei? che pubblica le risposte dei lettori.
Morgari rivela una
grande capacità di volgarizzatore, teorizzando così il suo metodo di predicazione: Per attrarre le masse lavoratrici è
necessario convincerle e per convincerle occorrerà parlare in maniera da essere compresi.
Bisogna ridurre ai termini minimi il bagaglio delle idee, renderle semplici, riferirsi a
dei fatti conosciuti, partire dal noto per giungere allignoto, servirsi di parabole
e fare impiego di una lingua che altro non sia che dialetto tradotto, insomma discendere
fino al basso livello culturale delle masse lavoratrici, prenderle per mano e
riaccompagnarle adagio adagio allinsù[24] e a chi
lo accusava di cadere nel semplicismo, rispondeva: «Bisogna dividere il lavoro.
Occorrono discorsi, giornali e opuscoli per le classi colte, discorsi, giornali e opuscoli
per le non istruite». A queste ultime egli rivolse specialmente la sua opera.
Essa fa appello agli stessi sentimenti elementari e
profondi delloperaio, al suo spirito di giustizia e fratellanza, convincendolo che
soffre non perché i padroni siano cattivi ma perchè il sistema sociale è ingiusto. Nel
povero è racchiusa la figura ideale del sofferente e delloppresso, accomunando il
muratore e il contadino, il mendicante e la ragazza di filanda. Ad essi si rivolge badando
non solo a cementarne lunione ma a liberarli dai pregiudizi antisocialisti radicati
negli strati popolari: rompendo con la tradizione dei primi fogli operai, l'atteggiamento
verso la religione, la patria, le istituzioni è rispettoso: Il socialismo non
vuole distruggere né la famiglia, né la religione, né la proprietà, né la libertà.
Vuole procedere con mezzi pacifici, a grado a grado
i socialisti non vogliono
spartire: mettono insieme: tutti procedono come soci». La descrizione avveniristica
di una società di eguali è l'espressione di una fiducia positiva nell'evolversi
dell'umanità verso un mondo di giustizia.
La tecnica della propaganda ha una suggestiva presa
sentimentale e insieme regole fisse, elementari. Procede a base di dialoghi, apologhi,
vignette, con una didascalica convincente e meticolosa che non ignora i richiami
letterari, alla Zola, di una descrizione veristica.
Nel 1896 aveva scritto L'arte
della propaganda socialista, pubblicata a puntate e poi raccolta in
un opuscolo che ebbe vasta diffusione e fu più volte ristampato[25].
E' un testo didascalico, interessante oggi solo in quanto rivelatore della ideologia socialista "media" del tempo:
come testi per la formazione del propagandista colto indicava "un
riassunto delle teorie di Darwin e Spencer...Marx completerà la fondamentale triade col
celeberrimo e indispensabile suo Capitale, il vangelo dei socialisti contemporanei",
a cui aggiunge il "Socialisme integral" di Benoit Malon, Socialismo
e scienza positiva di Enrico Ferri, Schaffle La quintessenza del
socialismo, Bellamy "L'anno 2000", mentre agli operai
consigliava la lettura dei giornali di partito.
L'andata al popolo,
l'origine
piccolo-borghese dei quadri, è proclamata così: Sono ben spesso i migliori, codesti
disertori della loro classe. Avrebbero tornaconto a mantenere il presente assetto sociale,
sì mite per loro e lo combattono. Essi nel partito sono i più disinteressati. Il partito
fu fondato dai disertori della classe abbiente e quasi ovunque è diretto da essi
Sempre nel 1896 fondò il periodico
La parola del povero. Foglio di
propaganda popolare, supplemento quindicinale del "Grido del
popolo" che si pubblicava con il
motto Lavoratori voi non siete piccini se non
perchè state in ginocchio: alzatevi". Presentandolo scrive:È la parola che viene dalla risaia dove bruciano al sole fanciulle
decenni e vecchi falciatori; è la parola che esce dalle fabbriche dove si consuma tanto
fiore di giovinezza: è la parola che sale dalla perpetua notte delle miniere e dalle
zolfatare, sepolcri di vivi: è la parola che viene dalle soffitte fredde e dai
bugigattoli marci, dove si pigiano tutte le miserie. Conteneva l'interessante rubrica "Prime notizie dalla città
futura" e
nell'ultima pagina la pubblicità dell'Alleanza cooperativa torinese. Ebbe una notevole diffusione di massa tirando nei primi 23 numeri
complessivamente più di 300.000 copie. Sul Sempre
Avanti! nel 1902 aveva pubblicato in appendice lautobiografia di Arturo
Frizzi, singolare personaggio di venditore ambulante convertitosi al socialismo[26],
che mise al servizio del partito la sua arte di oratore popolare.
Questo scritto aveva anche lo scopo di mettere
in luce che il merito della mia riabilitazione la devo
alla fede socialista che sempre mi sarà costante compagna nella lotta per lesistenza".
Per il genere di vita che conduceva, la sua richiesta di iscrizione non venne subito
accettata e Bissolati, cui si era rivolto, gli rispose sii buono, pazienta ancora, sta un po
sotto aceto, poi in seguito rifarai la domanda, e se ti comportrai bene, come ho fiducia,
sarai soddisfatto. Non dubiti, caro Leonida io replicai- che farò meno male di
quanto mi sarà possibilie per rendermi degno di voi socialisti, veri apostoli di Cristo[27]...Voi
soli meritate tutto il rispetto perchè disinteressatamente sostenete le ragioni degli
umili, degli offesi, degli sfruttati. Tre anni
dopo fui accettato nel Circolo di Cremona, poi per maggior comodità, causa la mia
posizione di ambulante mi iscrissi alla Sezione Centrale dove pagavo le mie quote.
Per un atto di rispetto verso i compagni aveva
ritenuto doveroso abbandonare Rosina, la donna che amava ma che non era sua moglie, come
di frequente succedeva nel mondo degli imbonitori. Questo gesto fu apprezzato come
espressione della volontà di riabilitazione ma Morgari nella nota di commento allo
scritto volle sottolineare di non considerare come fallo
lincontro con questa donna: ... noi
rivendichiamo altamente ad ogni essere umano,
come massimo bene, il diritto alla libertà dellamore ....che prorompe fin dora
rivoluzionariamente nei casi come quello narrato dallautore, ma che
avrà pratica e generale sanzione soltanto in una società socialista, allorchè luomo
e la donna, posti su uno stesso piede deguaglianza economica, più non si
vincoleranno che per amore, sciogliendosi quando lamore non cè più, senza
danno materiale per alcuna delle parti, e nemmeno pei figli
Frizzi partecipò alla vita di partito sia come
propagandista che come candidato in prima persona e collaborando alla stampa socialista
come diffusore ed anche inviando corrispondenze a vari fogli: "La nuova terra",
"Il popolo" di Trento diretto da Battisti, ecc.
Intervenne al congresso di Bologna del 1904 dichiarando "di essere venuto con simpatie riformiste ma di
essere diventato intransigente dopo il discorso di Lazzari " [28].
Si dimise nel 1912.
Ripubblicata col titolo Il ciarlatano
e con la prefazione del direttore della Giustizia Giovanni Zibordi nel 1912,
la biografia conteneva una dedica a Oddino Morgari cui devo lessere
diventato un socialista, pratico e nemico della violenza, da qualunque parte venga. Lo
chiamo con orgoglio mio padre, sebbene di due
anni più giovane, perchè per me egli fu tale come per molti, che dalla sua parola
appresero la vera natura del socialismo
8.
A Torino agli inizi del secolo. Lo sciopero dei gasisti (1902)
Nel
1897 in Piemonte i voti socialisti balzarono da 8.850 a 30.000, superando quelli della
Lombardia. Nel capoluogo raccolsero 5.400 voti
su 20.000: un torinese su quattro votava PSI. In
una città dove la classe operaia crebbe nel ventennio 1881-1901 solo dal 28 al 29% della
popolazione attiva, fu decisiva per i successi elettorali l'alleanza con la piccola
borghesia impiegatizia, esercente ed intellettuale, che a differenza di altre città non
aveva una formazione democratica che la rappresentasse (in povincia di Torino contro i
48.000 voti costituziionali e 14.000
socialisti si hanno appena 3.000 voti radicali) ma votava direttamente per i candidati
socialisti.
Di
estrazione borghese erano quasi tutti i quadri e i candidati nelle elezioni. Nofri e
Morgari erano dirigenti di quelle associazioni mutualistiche che, col loro fitto e
ramificato tessuto, fungevano da tramite fra gli interessi economici della classe operaia
e dei ceti piccolo-borghesi. L'equilibrio era destinato a rompersi con i primi anni del
'900 quando la nascita della grande industria avrebbe dilatato la massa operaia.
Il 1900 si aprì, per il socialismo piemontese, con
la celebrazione del 7. Congresso regionale, tenuto ad Alessandria il 6 gennaio in cui il
neo-sindaco della città Paolo Sacco, relatore sulla tattica, propose l'alleanza tra i
partiti popolari come elemento permanente della politica socialista, incontrando
resistenze nella sezione torinese dove il riformismo era accompagnato alla chiusura ad
alleanze per mancanza di partners.
Nel 1900 il PSI aveva a Torino una estesa base
elettorale: oltre ai due deputati (Quirino Nofri e Morgari), 17 consiglieri comunali e 3
provinciali ed è accusato di badare essenzialmente alla lotta politica e amministrativa
trascurando la lotta economica e di fabbrica. Nel giugno 1902 si accresce di altri nove
consiglieri comunali provenienti dalle file della borghesia professionale e accademica.
A
dicembre 1900 entrarono in sciopero i fonditori, ma non bastò la
mobilitazione compatta per quasi due mesi e la
solidarietà di altri lavoratori per
aver la meglio sull'intransigenza degli
industriali; lo sciopero
sostanzialmente fallì, senza che l'organizzazione
delle leghe di mestiere si sfaldasse: tra la fine del 1901 e l'inizio del 1902, la Camera
del lavoro conta 6500 operai organizzati, numero comunque
modesto in rapporto al totale della massa
lavoratrice cittadina e se confontato ai 28.000 d Milano. I dirigenti sindacali e i quadri di partito vivono con apprensione questa vigilia della prima grande battaglia dei
lavoratori torinesi: è in gioco, a livello locale, la credibilità della linea strategica
riformatrice e legalitaria che il PSI ha
confermato con il voto di fiducia espresso nel febbraio 1901 al governo Zanardelli.
L'occasione
sembrò giungere agli inizi di febbraio del 1902, quando gli operai gasisti delle due
Società esercenti in città
scendono in sciopero. L'agitazione è seguita dai dirigenti sindacali: nel salone dellAGO dove i gasisti si sono riuniti per decidere lo sciopero
sono presenti oltre al segretario della Lega,
il consulente legale dei gasisti, il
rappresentante della CdL e quello della Federazione
nazionale, che si dichiarò favorevole allo sciopero in considerazione dei successi ottenuti
dalla categoria in altre città italiane. Scontata è
l'intransigenza delle due società produttrici che hanno già dimostrato, non rispondendo al memoriale, di non
voler trattare. Ma un elemento nuovo e non
previsto rende problematica una favorevole
risoluzione della vertenza: le autorità
cittadine e governative intervengono nel
conflitto, vanificando ogni possibilità di vittoria operaia. Il giorno 4 il prefetto rifiuta di ricevere una delegazione operaia e invia la truppa, affinché presìdi i gasometri e
contribuisca al funzionamento dei forni. Il sindaco respinge la proposta operaia di
continuare a prestare servizio di accensione dei lampioni nelle vie cittadine e ne incarica gli spazzini
comunali.
Morgari inviò un telegramma di protesta a Giolitti, in cui denuncia l'operato del prefetto
e fa presente che ad Alessandria, in un'analoga situazione, non vi
era stato l'invio della truppa e, anche a Genova, dove inizialmente erano stati mandati dei soldati, questi erano stati subito
ritirati.
È di alcuni giorni dopo un secondo telegramma di protesta di Morgari, che dice fra l'altro: Questo non si chiama
garantire la pubblica sicurezza, ma parteggiare per il capitale contro il lavoro. Chiedo
che si ordini al locale prefetto il ritiro dei militari o la sua immediata intromissione
per risolvere la vertenza.
Anche i consiglieri comunali socialisti, nella
seduta del 12 febbraio, protestarono
vivamente contro il comportamento del sindaco facendo presente che le società, legate da
una convenzione con il comune, sono da considerarsi
inadempienti avendo rifiutato di prendere in
considerazione le richieste operaie. Nel
frattempo le due società hanno invitato, pena il licenziamento, le maestranze a
presentarsi al lavoro. L'appello cadde nel vuoto, ma ormai la situazione è compromessa L'intervento dei soldati e il reclutamento di crumiri ha riportato
la normalità nel servizio d'illuminazione. Il 19 febbraio la proposta della commissione degli operai gasisti che la
soluzione della vertenza fosse demandata a un
collegio arbitrale fu rifiutata, facendo giungere al culmine l'indignazione della massa operaia torinese.
Nella notte del 20-21 sono diffusi manifestini inneggiami
allo sciopero generale, nella mattina del 21 vi sono alcune astensioni spontaneamente dal lavoro, nel pomeriggio il numero degli scioperanti aumenta. Un
gruppo di dimostranti è caricato dalla truppa e si effettuano alcuni arresti, alle
17 parlano alla folla Actis, Casalini e Morgari, che
è il più deciso nell' invitare allo
sciopero generale cittadino
In serata, la commissione esecutiva della CdL
redige un manifesto, in cui prende
atto della nuova situazione Non
tumulti, non violenze; la classe operaia dimostra la sua forza semplicemente con l'astensione dal lavoro. Essa non ritornerà alle
officine se non quando gli operai gasisti avranno
ottenuto soddisfazione.
I giorni seguenti sono caratterizzati da scontri tra
dimostranti e forze dell'ordine, ai quali fanno seguito arresti. Allo sciopero non hanno aderito tutti i lavoratori, ma
alcune avanguardie sono decise a continuare la lotta. Per cinque giorni, 10.600
operai e 5.000 operaie si astengono dal lavoro e sfilano per le vie cittadine,
anche se il prefetto ha proibito ogni pubblica
manifestazione.
Fu ancora Morgari nel pomeriggio del 22 febbraio a
parlare alla folla invitandola a
continuare la lotta, dopo che nella mattinata aveva guidato un corteo di protesta sotto il
municipio . Nel frattempo il sindaco convince le
due società ad accettare l'arbitrato, ma solo previa accettazione del principio dell'illicenziabilità
dei crumiri, ciò che rappresenta per i gasisti una resa senza condizioni.
Nonostante ciò, la CdL e la dirigenza socialista rivolgono un appello ai lavoratori
affinchè riprendano il lavoro, in quanto con il loro sciopero avrebbero già vinto una
grande battaglia. Anche Morgari, fino all'ultimo deciso sostenitore della lotta, firma il
manifesto. In seno alla dirigenza socialista del partito e della CdL è ancora una volta
prevalsa la moderazione.
Il 27 febbraio
in un'adunanza all'A.G.O. Morgari cercò di spiegare il suo atteggiamento e il perché
del manifesto che invitava al ritorno al lavoro, ma venne apostrofato violentemente da un
anarchico che lo accusò di aver prima trascinato gli operai nello sciopero generale,
rovinandoli, e di esser si poi ritratto e concluse invitando gli operai a diffidare da
simili «capi» che cercavano piedistalli a spese degli operai e che sarebbero domani
diventati tiranni; Morgari reagì con un
ceffone. Nei giorni successivi, coperto di lettere di biasimo, pubblicò sul Sempre Avanti! un articolo
amaro ma pacato. In esso affermò di aver agito secondo coscienza .
Il 1 marzo il lodo obbliga le due società a riassumere solo 224 dei
658 scioperanti . Il bilancio dell'agitazione non può esser più negativo: alla mancata
riassunzione si aggiungono i 200 procedimenti penali degli arrestati.
9. La Segreteria della Camera del lavoro e le lotte del 1906
Il nuovo secolo per i socialisti torinesi inizia con
la ricostruzione a metà febbraio 1900 della Camera del lavoro, con un graduale processo
di riorganizzazione delle leghe.
Alla direzione
della Camera del Lavoro, i cui iscritti scendono dai 5500 iniziali a 3500[29],
è nominato nellaprile 1902 il tipografo Camillo Rappa, che resta in carica fino
alla primavera del 1906, ed è quello della
sua segreteria un periodo di ripresa (funestata però da
scontri come quello del 17 settembre 1904 dove rimane ucciso loperaio Garello): già a metà del
1903 gli iscritti sono 8000, mentre le sezioni sono salite da 36 a 58; tra queste fanno
spicco quella dei tipografi con 528 soci, dei ferrovieri con 1848, dei metallurgici con
649. Queste tre sezioni comprendono più di un terzo di tutti gli organizzati.
Dopo la lunga segreteria Rappa, la direzione della
Cdl viene affidata nella primavera del 1906 a Morgari che, tra contrasti di
corrente e conflitti con gli anarco-sindacalisti assunse un atteggiamento più conciliante
cercando di trovare accordi con le controparti, coadiuvato dal sindaco di Torino, il
giolittiano Secondo Frola.
Il 3 maggio 1907
nella discussione sulla relazione morale e finanziaria, la C.E. può affermare che i soci
sono aumentati da 8768 a 15626 e le sezioni da 68 a 110 il grande numero di soci
coincide con la presenza dellon.Morgari alla segreteria per limpulso da lui
dato allordinamento interno e allazione esterna. La CdL può andare
orgogliosa. Anche le entrate sono aumentate da 8643 L. a 17.608
Durante la
sua segreteria la volontà di lotta delle masse
operaie torinesi pone comunque la dirigenza sindacale di fronte alla realtà di un movimento rivendicativo di un'ampiezza mai prima
conosciuta. Il 30 aprile 1906 le 800 operaie del cotonificio Bass richiedo alla
direzione la riduzione dell'orario di lavoro da 11 a 10 ore. I dirigenti della CdL, considerata la disorganizzazione della categoria, sconsigliano ogni forma di lotta. Nonostante ciò
il 3 maggio le cotoniere della Bass
scendono in sciopero, seguite il giorno seguente da quelle degli altri cotonifici,
lanifici e maglifici Il 5 maggio lavoratori
dei due sessi del settore tessile sfilano per le vie cittadine. La CdL, pur dichiarando
d'essere contraria allo sciopero, non si esime dall'esprimere solidarietà alle
scioperanti e rende pubbliche le richieste operaie
Lunedì 7 maggio la schiera delle scioperanti risulta ingrossata dagli operai
di molti stabilimenti meccanici e chimici, che vogliono dimostrare solidarietà alla categoria in lotta. Come ormai è
tradizione, gli scioperanti si assiepano davanti alla CdL; il lancio di sassi da
parte di alcuni ragazzi provoca la reazione della forza dell'ordine che, guidata dal commissario di Pubblica sicurezza entra nel
cortile dellAGO, sparando sulla folla. Il bilancio è pesante: un morto, 8
feriti, 22 arrestati. I dirigenti camerali e i del Partito decidono all'
unanimità la proclamazione dello sciopero generale; è anche deciso di richiedere
lo sciopero generale in tutta Italia: si effettuerà a Milano, Bologna, Firenze e Roma.
II giorno 8
decine di migliala di lavoratori assistono ai comizi dei massimi esponenti socialisti.
Come nel 1902, in occasione dello scopero dei gasisti, i toni più accesi e battaglieri
provengono dai discorsi di Morgari. Il 9 maggio, dopo un'imponente manifestazione
popolare, Morgari parlò esaltando la forza nuova del popolo che si era venuta
manifestando accanto alle tradizionali potenze dello Stato e della Chiesa, della banca e
dell'industria.
Il 9 la CdL dichiara la cessazione dello sciopero. Già il 7 sera infatti, gli industriali
tessili, convocati nuovamente dal sindaco, avevano deciso di accettare le richieste
operaie. L'8 il prefetto aveva inoltre assicurato che
sarebbe stata aperta un'inchiesta. Gli
avvenimenti di Torino hanno una vasta eco a livello nazionale e uno strascico
parlamentare; i deputati socialisti avendo
visto bocciare la proposta intesa a scongiurare nuovi
eccidi rassegnarono le dimissioni.
Quasi tutte le categorie richiedono, spesso
ottenendoli, miglioramenti salariali e normativi; in alcuni casi non è nemmeno
necessario il ricorso allo sciopero. La favorevole congiuntura economica consiglia gli
imprenditori a non rischiare un arresto prolungato della produzione, che causerebbe una
perdita di profitto. II 12 maggio gli operai carrozzieri presentano un memoriale
contenente la richiesta di un trattamento salariale e normativo analogo a quello delle
fabbriche di automobili. Il 17 la carrozzeria Rothschild concede le 10 ore, l'aumento
della paga delle ore straordinarie e i 10 minuti di tolleranza sull'entrata. Il 19 maggio
1906, nei locali del municipio, i padroni delle principali sartorie cittadine e una
rappresentanza delle operaie del settore raggiungono un accordo, che prevede
l'accoglimento di alcune delle più significative richieste del memoriale presentato dalla
Lega sarte e modiste.
Le uniche categorie a non ottenere sensibili
miglioramenti appartengano a quei settori produttivi che non hanno potuto beneficiare
della favorevole congiuntura economica.
Il 15 febbraio
1907 viene sostituito da Alessandro De Giovanni, di tendenza sindacalista-rivoluzionaria,
perché chiamato alla segreteria nazionale del PSI.
Se durante la
sua direzione gli iscritti sono saliti, scendono a 11.570 nel 1909, a 9.009 nel 1910 e
9.392 nel 1911 e a 9.117 nel 1912 .
10. La sezione socialista torinese nel primo
decennio del '900
Al congresso di Imola del 1902, che vide prevalere i riformisti, i
quattro delegati della sezione torinese votano per la mozione Ferri-Labriola, senza ricadute immediate sulla
sezione in maggioranza (deputati dei collegi cittadini, consiglieri comunali, commissione
esecutiva della CdL) riformista; solo agli inizi del 1904 l'acceso dibattito fra le
tendenze tocca anche il capoluogo piemontese. La calorosa accoglienza riservata dai
socialisti torinesi a metà febbraio, ormai in clima precongressuale, a Enrico Ferri è un' anticipazione della scelta di campo della sezione
È l'avv. Momigliano, leader della corrente
intransigente, a illustrare, in un articolo di fondo del «Grido del Popolo», la
posizione politica della sezione: non dovrà essere consumata alcuna scissione, ma non dovranno esserci cedimenti nel senso che il
Psi non deve diventare un partito possibilista
accodato a una frazione della democrazia. A Bologna, sede dell'8. Congresso ( 8-11 aprile) dei sette delegati torinesi, sei si pronunciano nella prima votazione a
favore dell'odg presentato da Labriola, mentre uno si astiene. Nella seconda, tutti i voti
dei delegati confluiscono sull'odg
presentato da Ferri (alleato di Arturo Labriola) che prevale e diventa segretario.
Morgari
al congresso di Bologna (1904) era stato firmatario dell'OdG intermedio, presentato prevalentemente da organizzatori
sindacali come Rigola, Cabrini, Reina, che si poneva tra i rformisti e la coalizione
ferriana-sindacalrivoluzionaria. Preso atto della
divergenza politica, rimette il suo mandato al collegio che lo ha eletto. I socialisti di
Borgo Vittoria gli inviano un telegramma in cui respingono le dimissioni e salutano in
lui « il valoroso soldato del Partito socialista »
Già nel 1902-1903
toni fortemente anticlericali
avevano soppiantato il vecchio linguaggio usato dai primi
socialisti nella loro opera di «apostolato laico». Ora
che gli intransigenti hanno conquistato maggiore
spazio nel quadro organizzativo del partito, la propaganda anticlericale tende a
uscire dalle sale di conferenza dei circoli culturali per divenire momento di
mobilitazione. Il 22 maggio, giorno della tradizionale processione di S. Bernardino in
Borgo S. Paolo, sono indetti dai socialisti un corteo e un comizio anticlericali. Benché
il prefetto Guiccioli non autorizzi la manifestazione, un gruppo di socialisti si dirige
verso il luogo dove si deve tenere in forma privata il comizio. Le truppe caricano il
corteo e arrestano Francesco Barberis, portavoce della corrente intransigente torinese. II 2 giugno 1904, nel 22°
anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi, è
organizzato dai socialisti e dai repubblicani un grande corteo-comizio. Gli oratori
ufficiali sono il repubblicano avv. Gorini e l'avv. Leandro Allasia, un esponente dell'ala
riformista del Partito socialista. Riformisti e
rivoluzionari trovano nell'anticlericalismo un
momento unificante di lotta.
Dopo
il referendum del novembre 1905 sulla creazione di un'azienda municipalizzata per l'energia elettrica, in cui i suffragi dei socialisti risultarono decisivi per
il successo della proposta formulata dalla giunta del giolittiano Frola, si crearono
condizioni per una convergenza su punti importanti:
dalla riforma delle imposte, all'abolizione
delle «spese di lusso», al passaggio al comune di alcuni servizi pubblici; dall'attuazione di una serie di
provvedimenti annonari che tenessero basso il costo dei viveri, a una politica di
acquisizioni edilizie pubbliche. Da allora sino al 1911, quando in coincidenza col
dibattito sull'allargamento della cinta daziaria tornarono sulle posizioni critiche dei
liberisti radicali, le ragioni del dialogo prevalsero su quelle dell'antagonismo.
Morgari
nel 1906 in occasione delle elezioni per il Congresso propone la mozione integralista
che conquista la maggioranza della sezione torinese perché, pur basata su posizioni
riformiste, offre la possibilità di mantenere una posizione intransigente sul tema delle
alleanze elettorali che a Torino, per mancanza di partiti affini, non si pone neppure,
diventando una sorta di mito radicato ed elevato a teorema politico.
Tale
facile estremismo riesce al Congresso provinciale a strappare, nonostante la loro
aumentata influenza, la maggioranza ai sindacalisti-rivoluzionari. Su 28 rappresentanti
delle sezioni, 14 votano l'ordine del giorno integralista e 11 quello rivoluzionario. Non
diverso è l'esito preelettorale nella sezione cittadina, dove il gruppo sindacalista non
è riuscito, nonostante abbia condotto una campagna suffragata dai successi dei lavoratori
per i metodi dell'azione diretta, a trasformare la natura, la composizione sociale e
l'orientamento del partito in città.
11. Alla segreteria del PSI. LIntegralismo
( 1906-08)
Morgari si affermò sul piano nazionale in occasione
del 9. Congresso di Roma dell'ottobre 1906, allorché assieme al socialista umbro
Francesco Paoloni[30]
propose la mozione «integralista». In due articoli dal
titolo Verso il congresso nazionale socialista, pubblicati sull'Avanti! del
29 e 30 settembre 1906 spiegò il significato della formula, consistente in una «sintesi
dell'anima possibilista e dell'anima avvenirista del socialismo, dell'idealismo e della
praticità, dell'azione diretta e dell'azione rappresentativa, dell'antistatalismo e della legislazione statale, della rivoluzione e della legalità, del sindacalismo e
dell'antisindacalismo, dell'intransigenza e dell'affinismo».
Nella seduta del
7 ottobre ribadì: «Vi dico che
integralismo, nella sua espressione più
intima e più caratteristica, è tutto qui, nel procurare che nella coscienza del
militante socialista
coesistano armonizzate la nozione limpida del divenire della società futura nel grembo
stesso della società
futura da affrettarsi colle riforme dirette e legislative e la nozione
dell'assetto ultimo, cercato
quasi con desiderio nostalgico, per raggiungere il quale la società umana dovrà verosimilmente
attraversare una catastrofe causata da un « alto là » della borghesia stancata di concessioni»[31].
Non capiva come ci si potesse scontrare in lotte
interne, quando tanto ancora rimaneva da fare a chiunque avesse a cuore la condizione
proletaria e volesse veramente agire in favore dei diseredati. Poiché la situazione non
era ancora matura per la rivoluzione, conveniva intanto operare quotidianamente con mezzi
legali. Ogni socialista, doveva essere contemporaneamente riformista e rivoluzionario.
Gli
uni e gli altri voleva colpire quando scriveva che i riformisti hanno obliato lo spirito e i fini
dell'azione socialista mentre i rivoluzionari si arrestano nel culto infecondo delle
supreme idealità marxiste
La
mediazione era la sua vocazione autentica ed anche un ritorno alle origini,
all'ispirazione prampoliniana dei tempi eroici, un procedimento mentale per cui il
«propagandismo» e l'appello ai sentimenti appaiono in grado di risolvere i termini
politici delle questioni. «L'integralismo per lui non era stato un
espediente tattico per carpire una vittoria in congresso, ma uno stato d'animo. Ed è
stato d'animo, quello di Morgari, di chi ama il suo partito in sincerità e in umiltà
perché esso è il partito della redenzione degli oppressi»[32].
L'integralismo rappresentò nel 1906-8
l'affermazione del corpo centrale
del partito, fondamentalmente unitario, che ricercava nei valori propagandistici e pedagogici quella identità
del socialismo italiano, che la lotta tra le tendenze
sembrava minacciare. Il progetto di rilancio del
Partito su basi intransigenti e classiste,
nella lotta contro le spese improduttive e le spese militari, il latifondo e il sistema fiscale, un
atteggiamento polemico nei confronti del blocchismo popolare, una difesa
dell'istanza partitica e dell'esigenza primaria della
propaganda per la formazione della «coscienza
socialista» erano istanze sedimentate nella
tradizione socialista italiana.
Il partito, paralizzato dai dissidi prima del 1906, si chiudeva in una posizione sostanzialmente difensiva, dì
raccoglimento. Più che alla ricerca di una
politica nuova, con caratteri propri, l'integralismo intendeva correggere, amalgamare, insomma integrare ciò che di
positivo fosse presente nelle tendenze opposte.
In pratica confermava la necessità
dell'azione quotidiana di organizzazione e di propaganda, la lotta parlamentare
per le riforme, lo stretto collegamento tra l'istanza politica
e quella di resistenza, il fine della socializzazione come obiettivo unitario contrapposto al corporativismo economico e
settoriale. Erano questi per lo più obiettivi presenti anche nel riformismo. Tipici
degli integralisti semmai furono il più accentuato richiamo alla coscienza di classe, la concezione
«organicistica» del proletariato che favoriva una sottolineatura più marcata dei valori
del collettivismo, il ruolo più incisivo
attribuito alle organizzazioni economiche e al
partito, la rivendicazione di una più
sostanziale autonomia del partito che escludeva alleanze sistematiche, la forte diffidenza nei confronti della
borghesia, con la quale avrebbe anche potuto stringere di volta in volta accordi limitati, ma sempre nella consapevolezza che essa
rappresentava l'avversario di classe. Al
congresso di Roma del 1906 l'odg maggioritario ottenne 26.500 voti su 34.000 con la
confluenza dei voti dei riformisti e l'adesione del Ferri, ex alleato di Labriola, che
diede alla formazione del « blocco integralista unitario » il significato di «un punto
di arresto contro la deviazione sindacalista e il catastrofismo».
Al congresso, che lo nominò segretario politico, il
tema della propaganda-organizzazione fu ripreso più volte. In primo luogo fu deciso di
istituire «segretari regionali» ai quali fosse
demandato il compito della organizzazione politica ed
economica: era investito così il punto
importante della questione meridionale, e cioè l'esigenza di consolidare la struttura politico-organizzativa del
movimento operaio e contadino del Sud, nel quale
si individuava il protagonista principale della
lotta per la sua emancipazione, e nello stesso tempo un fattore di riequilibrio dell'intera politica nazionale del partito.
Significativa risultò la composizione della nuova direzione, che teneva conto non solo del criterio della omogeneità
politica, ma anche del principio della rappresentanza regionale. Riuscirono
eletti numerosi dirigenti di organizzazioni di
resistenza, di federazioni di mestiere e di associazioni: da Quaglino (Federazione
edilizia) a Rigola (tessili), a Del Buono e Marzetto (CdL di Firenze e Vicenza). Ciò rifletteva il
peso che avevano quadri e dirigenti sindacali che, pur essendo su posizioni sostanzialmente riformiste, rivendicavano due
esigenze fondamentali: l'unità del movimento di classe e la diffidenza verso il parlamentarismo. Facevano parte
della Direzione i rappresentanti regionali, il direttore dell'« Avantil » e un delegato
del Gruppo Parlamentare, che poi a lungo sarebbe stato
proprio Morgari. La numerosa direzione appariva
assai più rappresentativa delle precedenti per la sua espressione regionale, Vi era l'impegno a ricondurre all'interno
del partito tutte le componenti sindacali, cooperative, politiche del
movimento socialista, ma di per sé non rappresentava una soluzione per una effettiva
direzione.
Le aree di
diffusione dell'integralismo rimanevano nel Piemonte, che dava circa il 22% dell'intera
forza della componente. Una buona presenza gli integralisti avevano in Emilia-Romagna,
dove era attestato oltre un terzo (36,6%) della forza complessiva della corrente. Vero punto di forza dell'integralismo era la
Toscana. Erano integralisti Roma e il Lazio (52,61%). Nel Sud e nelle isole il fenomeno
integralista era pressoché sconosciuto. Da rilevare la buona presenza integralista nei
centri urbani dell'Italia centrale, e in genere nelle grandi città (dove
raggiungevano il 55,4%). Erano infatti integraliste Torino, Firenze, in parte Roma. L'integralismo rappresentò una meteora abbastanza
breve, ed entrò rapidamente in crisi, impari a quegli obiettivi di ricomposizione
unitaria del movimento socialista che si era prefissi: come
posizione di raccoglimento e come istanza unitaria favoriva il processo di
riorganizzazione e consolidamento del riformismo e di sfaldamento della possibile alternativa
sindacalista rivoluzionaria. I rapporti di forza all'interno del Partito furono decisamente
modificati a vantaggio del primo dopo la scissione dei sindacalisti rivoluzionari nel
1907. Allora agli integralisti venne meno il
ruolo mediatore che si erano attribuiti.
L'unitarismo del Morgari non poteva certo condizionare efficacemente
l'iniziativa politica dei riformisti, i quali del resto con la costituzione della CGdL
avevano riassorbito molti quadri sindacali, Altobelli, Bussi, Garibotti, Quaglino, Rigola che al congresso di
Roma si erano pronunciati per l'integralismo.
Al congresso
di Firenze del 1908 mentre molti della sua corrente si
presentano con i riformisti nella concentrazione socialista che prevale con
18.000 voti, ribadisce di voler mantenere la
mozione integralista (che ottiene 6.700 voti pari al 21%) anche se
sostanzialmente uguale nella lettera ma non
nello spirito, mentre i voti
ottenuti dall'odg Pescetti al congresso di Modena del 1911 sul quale si riversarono i
consensi di molti ex-integralisti furono 1070 pari
al 5%
12. La direzione dell'Avanti! (1908) e un primo
"dialogo" coi cattolici
Nel gennaio 1908 Enrico Ferri, avendo accolto l'invito a tenere delle conferenze nel Sud America, aveva
rassegnato le dimissioni da direttore dell'«Avanti!»;
gli subentrava Morgari, nella sua qualità di leader
della corrente che era
prevalsa al congresso. Il più importante centro di
propaganda e di orientamento politico rimaneva in mano agli integralisti.
La direzione di Morgari era
chiaramente transitoria: egli stesso, nell'accettare la carica, avvertì che l'avrebbe
tenuta fino al successivo congresso; nel comunicare ai lettori di aver assunto la
direzione del giornale, rassicurò coloro che temevano che I'Avanti! nelle sue mani divenisse un organo di
esposizione elementare del socialismo: «Accettando di portare una croce che io
non ho sollecitata né ambita, mi sono fatto giaculatoria del principio secondo cui il
portavoce dei malvestiti deve camminare in redingote e cilindro".
Direttore dal 22
febbraio al 30 settembre 1908, quando gli succedette Bissolati avendo i
riformisti riconquistato la direzione del partito al congresso di Firenze, la redazione disponeva di collaboratori di alto
livello come Bonomi, Francesco Ciccotti, Galantara, Paoloni, Podrecca.
Durante la sua direzione
condusse una campagna per la legalità nelle manifestazioni: approfittando di una sua
assenza, Francesco Ciccotti aveva pubbicato sull'Avanti! del 3
aprile un violento editoriale per leccidio in occasione di una manifestazione,
suscitando la reazione di Bonomi che
diede le dimissioni ritirandole solo quando Morgari prese le sue difese, conducendo una
campagna di stampa, suggestivamente intitolata prendere il toro per le corna
(cioè i due corni del dilemma: legalità o illegalità, da cui il proletariato-toro era
dilaniato) che prendeva decisamente posizione contro i cortei che degeneravano in
manifestazioni violente.
Pubblicò sull'Avanti una lunga lettera che due giovani usciti dall'esperienza della Lega democratica
nazionale e avvicinatisi ai socialisti cristiani, Guglielmo Quadrotta[33]
e Felice Perroni, gli indirizzavano e che si concludeva con una domanda esplicita
: « A chi professa i nostri ideali sono aperte oggi le file del
Partito socialista italiano? » La lettera[34]
suscitò una polemica nella quale intervennero, tra gli altri, Bonomi, Turati,
Zibordi, Paoloni, sostenendo diversi punti di vista, ma questa
apertura al mondo cattolico venne sconfessata al congresso di Firenze con l'approvazione
dell'OdG Bussi-Vella che negava ai cattolici l'entrata nel PSI.
Morgari, che pure condusse
dure battaglie contro la Chiesa[35]
e sostenne la battaglia per
l'abolizione dell'educazione religiosa nelle
scuole condotta da Bissolati, era avverso all'estremo anticlericalismo.Durante la
sua direzione scomparvero rubriche come la cloaca clericale e gli attacchi
gratuiti alla Chiesa.[36]
13. L' attività nel Parlamento e nel
Paese 1907- 1911
Nelle votazioni per il Congresso di
Firenze del 1908 i riformisti proclamarono l'opportunità di dare la scalata allamministrazione
dello Stato e dei Comuni e su tale base stesero il nuovo programma minimo che comprendeva:
migliore legislazione del lavoro (disciplina giuridica dei contratti, estensione delle
pensioni, leggi sulla maternità), abolizione del dazio sul grano, laicità della scuola,
opposizione agli incrementi sulle spese militari, suffragio universale e suoi corollari
(proporzionale e indennità ai deputati), concordandolo con quanti al Congresso precedente
si erano presentati integralisti.
Morgari non volle confluire nella
nuova corrente, rinunciare alla vecchia bandiera, e ripresentò la mozione anche se sostanzialmente uguale nella lettera ma non nello spirito in
cui accentuava le sue riserve all' appoggio dei socialisti al governo.
Neppure
a Torino nel dibattito precongressuale l'azione di Morgari era valsa a sottrarre la
maggioranza dei suffragi a quegli esponenti «sindacalisti riformisti», che, sotto la
guida di Rigola, esercitano un predominio incontrastato sulla sezione dopo
l'allontanamento dei sindacalisti rivoluzionari. Anzi, risultano eletti nella direzione
del partito, col Rigola, il Reina e il Quaglino, i due piemontesi che gli sono più
legati. E il Grido del Popolo può
cosi inorgoglirsi che «alla testa del Partito
socialista siano uomini nostri, cresciuti alle nostre lotte, sperimentati alle nostre
prove», e condannare la «distinzione capziosa» di Morgari il quale lascia frattanto
la direzione dell'«Avanti!» a Leonida Bissolati.
A Torino si continuerà per tutto il 1909 a correre
ancora molto lungo questa strada. La propaganda del partito sul piano politico generale
non conosce più che la solita nota anticlericale, mentre da un punto di vista teorico
l'identificazione di «socialismo» con le più immediate riforme della legislazione sociale è
ormai totale.
Dopo la vittoria riformista al congresso di
Firenze del 1908, all'interno dell'area si delineò la
spaccatura tra una componente (i dirigenti confederali insieme con Bissolati e Bonomi) che
proponeva la creazione di un «partito del lavoro» privo di connotazione ideologica e aperto a tutte le componenti del
movimento economico del proletariato, e la sinistra
riformista di Modigliani e Salvemini.
Al successivo congresso di Milano dell'ottobre
1910, in cui Turati riesce a ottenere un'ampia maggioranza con la confluenza della destra
bissolatiana sulla sua mozione che ottiene 13.000 voti, Morgari si accosta ai riformisti
di sinistra Modigliani e Salvemini presentado insieme a loro una mozione intermedia
che raccoglie 4.500 voti (quella intransigente
presentata da Lazzari ne raccoglie 6.000). rimanendo quindi sempre al centro dello
schieramento.
Morgari, che alle elezioni del 1907 era stato rieletto, votò nel 1909 in favore del governo Sonnino;
essendo il voto in contrasto con I'opinione della direzione del Partito. diede le dimissioni da propagandista.
Nel 1909, quando
si cominciava a temere la guerra, presentò alla Camera il seguente OdG: «La Camera da incarico ai governo di
farsi iniziatore di una conferenza per l'arbitrato e per il disarmo». Sempre nel 1909 si tornò a parlare di una. visita
dello zar in Italia. Il Partito Socialista assunse di nuovo un atteggiamento di aperta
ostilità e Morgari riprese la sua protesta attraverso discorsi, articoli e opuscoli. Fu
creato un "Segretariato nazionale antizaresco" e quando il 23 ottobre lo zar giunse a Racconigi, Morgari riuscì
a mantenere la promessa e a fischiare l'ospite: il suo gesto entrò nella leggenda. Le
relazioni con gli emigrati socialisti russi di varie tendenze molto numerosi sulla Riviera
e a Capri, iniziate almeno dal 1903, si andarono infittendo: è del 18 maggio 1908 una sua interrogazione su
sollecitazione dello scrittore Gorki - su pacchi di giornali russi fermati alla dogana cui
Giolitti rispose prontamente. In effetti l'Italia venne usata da Lenin in quel periodo
come tappa intermedia per introdurre stampa sovversiva in Russia.
I
deputati socialisti si andavano sempre più orientando verso il ministerialismo. Morgari,
allora segretario del gruppo parlamentare, vi si oppose ripetutamente. Il 10 maggio 1910
l'Avanti! pubblicò una sua lettera: "Perchè ognuno assuma le proprie
responsabilità": "Io che odio più di ogni altra cosa al mondo
I'ipocrisia dovunque l'incontro proruppi quando mi accorsi che la mia tesi veniva elusa
perché molesta...Tace anche I' Avanti... Non protestai prima e tutte le volte, e son
decine, che non vidi registrato il mio pensiero nei resoconti delle adunanze del gruppo
socialista. Ora non sono più disposto a farlo. Ho lavorato per degli anni per spegnere Ia disgustosa ed esiziale
lotta intestina delle tendenze, sopportando le beffe dei sapienti e dei saccenti... Ora
scongiuro gli amici dell'Avanti! di non costringere proprio me a riaccenderla
Alle elezioni suppletive del marzo 1910 dopo l'opzione di Nofri per
il collegio di Siena, la sezione torinese, contro il parere dei riformisti favorevoli alla
presentazione di Rinaldo Rigola, scelse la candidatura di protesta del giornalista
triestino Todeschini che fu battuto dal candidato costituzionale. Questa sconfitta non
pregiudicò il rafforzamento in seno alla sezione del gruppo intransigente guidato dal
professor Temistocle Jacobbi che, eletto segretario politico nel novembre 1909, diventò
nel 1910 anche direttore del «Grido del Popolo». A Torino la situazione più critica per
il partito si verificò alla Camera del lavoro: a luglio 1910 i socialisti furono messi in
minoranza in seno al consiglio generale. La commissione esecutiva, controllata dai
socialisti, rassegnò le dimissioni dopo aver richiamato alla disciplina di partito gli
iscritti. Il consiglio generale, convocato il 7 agosto, decise di nominare
transitoriamente una commissione di studio con lo scopo di preparare il futuro congresso
camerale ma dei cinque eletti solo due furono
socialisti.
La sezione torinese tornò nel 1910 a identificarsi colle posizioni
di Morgari, facendo confluire i propri voti sulla mozione Modigliani al congresso di
Milano dell'ottobre.
L'indirizzo politico della sezione venne
premiato sia alle elezioni politiche che a quelle
amministrative da un aumento costante di suffragi.
I dirigenti locali non si curavano di definire criteri rigorosi di discriminazione appagandosi
del generico appoggio dall'esterno alle iniziative del
partito e della Camera del lavoro, o della sporadica collaborazione giornalistica su soggetti
disparati. Oddino Morgari sintetizza in una lettera del 25
agosto 1913 a Gustavo Balsamo-Crivelli tale concezione dei rapporti con i fuorusciti della
borghesia: [...] troppi intellettuali e tu ne sei davvero uno ci
lasciarono da qualche anno in
qua: e [...] deve possedere un nocciolo morale di natura profondamente buona e
disinteressata l'uomo che al par di te rimane dopo vent'anni nelle nostre file quando per
nascita, per ingegno aristocratico, per l'ambiente in cui vive e per il quale come
letterato scrive, per tanti esempi che ha dinnanzi di uomini che perdettero l'antica fede,
per le diffidenze che sono intorno ai così detti professionisti nel campo operaio, per la
natura rozza del movimento proletario, per i non rari suoi eccessi, per non avere avuto
gl'incarichi a cui il suo valore lo indicava bene potrebbe umanamente essere
tratto a distaccarsi da noi"[37]
14.
Con Salvemini per la questione meridionale
Salvemini aveva
presentato al congresso di Milano del 1910, come già a quello precedente di Firenze, la
prima piattaforma politica fondata non su schemi dottrinari ma su unanalisi storica
della società italiana e delle sue contraddizioni; il suo piano era di contrapporre al
blocco reazionario indutriale-agrario l'alleanza degli operai del Nord e dei contadini del
Sud.
E' in questa occasione che Morgari venne a
contatto con la tematica meridionalista salveminiana, aderendo alla mozione
"intermdia", firmata anche dal livornese G.E.Modigliani, ma il suo interesse per
i problemi del Sud risaliva agli inizi dell'impegno socialista differenziandolo in ciò
dal riformismo padano che, anche nei suoi esponenti più illuminati come Turati, ha
chiusure quasi razziste nei confronti del meridione. Nel 1998 partì per Palermo con Dino
Rondani, entrambi deputati socialisti piemontesi eletti l'anno precedente, per sostenere
la locale sezione nella lotta contro la mafia palermitana che garantiva l'elezione di Crispi. La sera del 16 aprile i due deputati e un
gruppo di compagni vennero aggrediti dai crispini che spararono anche alcuni colpi di
rivoltella.
Nell'ottobre 1902 iniziò un ciclo di
conferenze di propaganda nel Sud; l'anno successivo condusse un'inchiesta su Gaetano
Alessandro, vescovo di Cefalù, noto nella zona quale persona di dubbia moralità, usuraio
e truffatore, pubblicando tra la fine del 1903 e il 1904 sull'Avanti! una serie di
articoli che furono raccolti nell'opuscolo Un lupo in mitria già ricordato. Nell'aprile 1904 si recò a Torre Annunziata in
occasione dello sciopero generale locale
Al congresso di
Roma del 1906 vinto dagli integralisti fu deciso di istituire nell'Italia meridionale e nelle isole «segretari regionali
ai quali sarà demandato il compito della
organizzazione politica ed economica": era investito così il punto
importante della questione meridionale, e cioè l'esigenza di consolidare la
struttura politico-organizzativa del movimento operaio e contadino del
Sud, nel quale si individuava il protagonista principale della lotta per la
sua emancipazione, e nello stesso tempo un fattore di riequilibrio
dell'intera politica nazionale del partito
Nel 1909 Morgari si battè, con toni salveminiani,
contro i mafiosi e per il suffragio universale, che voleva ottenere con la lotta popolare,
contro i brogli e per l'elevazione delle plebi. l'agitazione aveva un particolare
significato per l'Italia del Sud; la legge elettorale dava infatti diritto di voto a tutti
i maschi adulti che sapessero leggere e scrivere, e nel Mezzogiorno la percentuale di
analfabeti era ancora molto alta: praticamente tutta la massa dei contadini e dei
braccianti era esclusa dalla vita politica; la compravendita di voti e la violenza
toglievano poi ogni significato ai pochi voti del Sud proletario. Sempre nel 1909 si
occupò dell'elezione di Vito de Bellis a Gioia del Colle e condusse con De Felice,
Bissolati e Ciccotti una indagine in merito[38].
Avendo appurato che i metodi elettorali del de Bellis si basavano essenzialmente sulle
mazzette, quando l'elezione del deputato meridionale venne convalidata, Morgari proruppe
alla Camera in un'aperta indignata denuncia dei brogli, delle camorre, della violenza
nelle elezioni.
Nel luglio 1910, durante le elezioni politiche ad
Andria (Bari), i seguaci del candidato governativo impedirono la distribuzione dei certificati
elettorali. Il 31, durante uno scontro fra proletari, seguaci del candidato governativo e forze dell'ordine, due contadini
furono uccisi e 10 feriti. Venne proclamato lo sciopero generale. Morgari, accorso sul
posto, fece un'inchiesta e inviò al Presidente del Consiglio un telegramma[39]. In seguito, da numerosi comuni dell'Italia
meridionale, pervennero a Morgari richieste di occuparsi delle loro amministrazioni. Nel
1910 la Direzione del Partito stanziò 8000 lire per la propaganda, che «nel
Mezzogiorno sarà essenzialmente curata da Oddino Morgari».
15. Il
viaggio in Oriente e il congresso di Ancona (1911-14)
Il 23
novembre 1910 Morgari comunicò con una circolare le sue dimissioni da segretario del
gruppo parlamentare[40]. In una lettera a Turati, ribadendo le sue
dimissioni. Morgari scrisse: Sono
un po' sindacalista [alludendo
alla corrente di Arturo Labriola, n.d.a] io pure, valuto più l'azione diretta del
socialismo nel paese che quella parlamentare. Visto che l'azione parlamentare narcotizza e
addomestica il maggior numero dei deputati penso che giovi rinvigorire l'azione nel paese
con una propaganda orale e scritta volta a rimettere in onore il carattere avvenirista dei
movintenti che la destra si adopera a cancellare senza strepiti».
Nell'agosto
1911, disgustato «dallo
spettacolo della compagine parlamentare socialista», accettò l'invito di Alfredo
Bertesi, deputato socialista di Carpi (nel 1912 seguirà Bissolati e nel 1915 aderirà al
fronte patriottico) e fondatore di una cooperativa per la lavorazione del truciolo, di
recarsi in Estremo Oriente per studiare un particolare sistema locale di lavorazione del
truciolo, che si voleva introdurre in Italia. Rimase via due anni facendo praticamente il
giro del mondo senza quasi far giungere sue notizie e solo nella primavera del 1912 lAvanti! pubblicava
una sua lettera da Manila. Nel 1913, a campagna elettorale già iniziata, era ancora
all'estero e il 29 agosto il giornale cattolico torinese Il Momento ne
approfittò per accusarlo di trascurare il lavoro parlamentare e di viaggiare per
interesse, smentito da Bertesi che sul Grido del
Popolo disse
che viaggiava senza diaria ma col semplice rimborso delle spese vive.
Morgari, ancora in viaggio, rendendosi conto delle
critiche che gli potevano essere mosse, scrisse a Torino chiedendo di non essere più
candidato: «Non è che io desideri ritirarmi dalla vita pubblica. L'incarico del
deputato, ora che il Gruppo parlamentare si è fatto omogeneo e il partito ha dato in
sostanza ragione alla mia campagna integralista, tornerebbe a piacermi. Ma si tratta di
ben altro, si tratta dell'interesse del partito danneggiato dalla mia lunga assenza...
dalla parvenza che io avrei di rientrare in Italia poco prima delle elezioni unicamente
per raccattare un'indennità
Ma la
sezione torinese rispose che aveva già cominciato la campagna elettorale sul suo nome e
attendeva con impazienza il suo arrivo, Morgari giunse a Torino il 15 agosto accolto trionfalmente. Nel discorso di saluto
disse: "C'è stata nel passato una deviazione verso destra, perciò è bene che il
partito si volga verso sinistra. Vogliamo combattere a fianco di un proletariato il quale
comprende che il fine del socialismo è al di là delle riforme e delle stesse battaglie,
anche grandiose, delle organizzaioni operaie". Nell'ottobre venne rieletto nel
tradizionale secondo collegio anche per la XXIV legislatura.
I colleghi vollero riaffidargli lincarico di
segretario del Gruppo, e in tale veste al Congresso di Ancona del 1914 nella seduta
del 28 aprile relazionò sull'attività del GPS. La relazione scritta era divisa in due parti, la prima
si riferiva alla forza interna del Gruppo (consistenza numerica, rapporti can gli altri organismi del Partito, che furono definiti
cordiali vuoi nelle questioni di massima, vuoi nei quotidiani rapporti fra
Segretariati, studi e deliberazioni del Gruppo, cariche parlamentari) e la seconda
alla sua operosità (nella quale veniva minuziosamente esposta la partecipazione ed il
contributo del Gruppo nel sua complesso e nei suoi componenti all'attività parlamentare).
Sulla relazione presero la parola (
) tra gli altri: Niccolini che dichiarò degna di elogi
l'attività del Gruppo parlamentare, ma raccomandò nello stesso tempo ai deputati a non limitarsi ad una cura assidua degli interessi
locali, ma ad assumere la cura collettiva dei collegi affinché la divisione del lavoro
potesse avvenire secondo. le rispettive competenze, Franco sulla necessità di frequenti viaggi dei
deputati socialisti settentrionali nelle regioni del Mezzogiorno nelle quali i pubblici
poteri rispettavano soltanto coloro che erano protetti
dallimmunità parlamentare (
) Ercole che
accusò il Gruppo parlamentare di avere, in occasione di una recente agitazione di
ferrovieri, favorito la Federazione gialla a scapito. del Sindacato, ecc. Rispose ai
vari interventi trattando in particolare
della vertenza dei ferrovieri a proposito della quale espresse l'augurio. che i lavoratori
della categoria in primo luogo si unifichino. e poi in secondo luogo unifichino se stessi
col resto del proletariato». Furono votati all'unanimità quattro OdG di approvazione
in vario grado, dallincondizionata a quella con riserva, delloperato del GPS[41]
Riconfermato segretario del gruppo parlamentare, era
membro di diritto della direzione -unico a non far
parte della maggioranza intransigente -
con Lazzari segeretario e Mussolini direttore dell'Avanti!
Con questultimo iniziarono a incrinarsi i
rapporti allinterno stesso
della direzione: in occasione della Settimana Rossa il direttore dell'Avanti! aveva
assunto posizioni personali non concordate col segretario e con la direzione che avevano
dato luogo a critiche, ma nella sessione della Direzione del 28-30 giugno, con le sole
astensioni di Morgari e Balabanoff, gli venne riconfermata la fiducia, in considerazione
anche del successo dell'Avanti e dell' aumentato peso politico.
16. Lo scoppio della guerra
Ai congressi dellInternazionale
il dibattito sulle misure da prendere per impedire la guerra diveniva sempre più
frequente in corrispondenza allaggravarsi della situazione internazionale e vedeva
impegnati i grandi leaders europei: Huysmans, Jaurès, Vaillant, Keir Hardie. Il PSI per
chiusura provinciale partecipò marginalmente al dibattito sullimperialismo (se si
esclude qualche intervento di Lerda[42] e di pochi altri) e i leaders
preferivano non recarsi personalmente ai congressi ma inviavano generalmente Morgari, che
finì per assumere la funzione di ministro degli esteri
Al congresso di Copenaghen del 1910
Morgari aveva presentato una mozione che invitava i partiti socialisti aventi
rappresentanza parlamentare a proporre alle rispettive Camere una riduzione degli
armamenti: la richiesta avrebbe dovuto essere appoggiata da dimostrazioni popolari. Tale
mozione era stata respinta e nè al congresso di Basilea del 1912, né a quello
straordinario del 1914 vennero deliberate misure concrete contro la guerra. Alla riunione
tenuta il 23-24 ottobre 1911 a Zurigo, intervenne dicendo che laggressione italiana alla
Turchia sarebbe stata fronteggiata dalla classe operaia con lo sciopero generale[43]
Nel 1914 il congresso dell'Internazionale era
previsto per l'ultima settimana di agosto; ma quando il 23 luglio l'Austria rivolse
l'ultimatum alla Serbia, il Bureau Socialiste International (BSI) convocò la riunione a Bruxelles il 29 e 30 luglio quando
già le truppe austro-ungariche avevano passato il confine serbo.
Al meeting che si tenne la sera del 29 luglio al
Cirque Royal parlò anche Morgari, facendo appello ai valori comuni, alla classe operaia,
alla razza umana tutta intera. Nel clima di forte tensione del momento le parole furono
patetiche, commoventi, ma la riunione si concluse con un nulla di fatto. Poi Jaurès venne
ucciso, le dichiarazioni di guerra si susseguirono.
I deputati socialisti francesi votarono
per i crediti di guerra e altrettanto, quando
già era in atto l'invasione del Belgio, fece la socialdemocrazia tedesca.
Il
27 luglio si era tenuta a Milano presso l'Avanti!
una riunione del gruppo parlamentare con l'intervento di 28 deputati (poco più della
metà) presieduta da Morgari con la partecipazione di Mussolini e Ratti per la Direzione,
che si chiuse con una mozione che oltre a reclamare la immediata convocazione
della Camera al fine di chiedere al governo dichiarazioni impegnative...di neutralità
assoluta e a reclamare la rapida riunione dell'IOS, invitava i lavoratori a
manifestare la loro ostilità alla guerra e a tenersi pronti per quelle più
energiche misure che il partito intendesse adottare in vista degli avvenimenti[44]
La
Direzione del Partito allargata alla Confederazione del lavoro, Federterra, Sindacati
Gente di mare e Ferrovieri si riunì nuovamente a Milano il 3 agosto per sentire Morgari e
Balabanoff che riferirono sulla riunione dellInternazionale (BSI) a Bruxelles cui
avevano partecipato. La sera del 4
agosto ad un comizio a Milano cui erano accorse 40.000 persone, prese la parola con
Lazzari, Della Seta, e De Ambris (per l'USI)
All'assemblea del 9 e del 19 settembre
della sezione socialista milanese Mussolini e Morgari raccolsero la grande maggioranza per
la tesi della neutralità assoluta[45]
Altra
Direzione del PSI a Bologna il 19-22 ottobre, dove si aprì un contenzioso con Mussolini
che proponeva la formula della neutralità attiva e operante invece della
neutralità assoluta che era la posizione
assunta dal Partito. Dopo una giornata di discussioni per evitare la crisi, Lazzari,
Bacci, Della Seta e Morgari vennero incaricati di preparare un manifesto che conciliasse
le posizioni, ma Mussolini rifiutò la mediazione; sulla questione Morgari rilasciò unintervista,
cui rispose Mussolini con una lettera pubblicata due giorni dopo.
17. L'incontro di Lugano (1914)
Il Partito Socialista Italiano e la
socialdemocrazia svizzera, pur tra incertezze,
rimasero le
sole organizzazioni socialiste a battersi
per la rinascita dell'Internazionale e a
mantenere fino in fondo una decisa opposizione alla guerra.
Questo era il fine per cui il 27 settembre 1914 una
delegazione del PSI incontrò a Lugano alcuni socialisti svizzeri. Erano presenti per
l'Italia: Armuzzi, Balabanoff, De Falco, Lazzari, Modigliani, Morgari, Ratti, Musatti,
Serrati, Turati.
I convenuti esaminarono la situazione creata dalla
guerra e valutarono ciò che si poteva fare per abbreviarne il corso. In quella sede venne
decisa la convocazione di un congresso da tenersi in Svizzera entro breve tempo: su questo
punto tutti furono d'accordo. I problemi sorsero invece sull'ampiezza da assegnare alla
conferenza
I congressisti desideravano infatti farvi
partecipare anche i membri dei paesi belligeranti: Grimm propose un incontro dei vari
partiti socialisti allo scopo di riconciliare la socialdemocrazia tedesca con il Partito
Socialista Francese. La Balabanoff, Turati e Modigliani
approvarono, Morgari ebbe dei dubbi: riteneva i due punti di vista troppo divergenti
perché potessero giungere ad un accordo
Venne anche presa in esame la situazione del BSI
ormai paralizzato dalla guerra: si propose di trasportarne la sede in Svizzera o di
affidare al comitato direttivo del partito socialista svizzero i compiti del Bureau
stesso. Ci si rese però conto che la conferenza di Lugano era priva di poteri,
soprattutto in merito a questioni di così vasta portata. Si temette inoltre che il BSI
potesse credersi illegalmente spogliato delle sue funzioni. Grimm suggerì la
costituzione di una «Centrale d'Information Mutuelle», una specie di agenzia destinata a durare quanto la guerra, con il compito
di provvedere agli affari correnti, e di preparare il terreno per una futura
riconciliazione. Morgari
propose di costituire un bureau provvisorio dell'Internazionale la cui costituzione, sempre per non urtare il BSI,
avrebbe dovuto essere adottata in una mozione separata.
Alla fine la
proposta di Modigliani, approvata contro quella di Morgari che
proponeva di rompere definitivamente con l'ormai inefficiente Bureau residente
in Belgio e di istituire un nuovo Ufficio internazionale provvisorio con
sede in Svizzera, incaricava il Partito
socialdemocratico svizzero e il Partito Socialista Italiano di riprendere i
contatti con il B.S.I. onde ristabilire le funzioni
I partecipanti
alla riunione si separarono con l'impegno di coordinare i loro sforzi e di non rivelare
nulla di ciò che vi era stato dibattuto. Poiché la riunione, che doveva rimanere
segreta, era divenuta di dominio pubblico, al termine della giornata venne elaborato un
comunicato in forma di appello, che fu poi largamente diffuso dalla stampa socialista
europea.
Le iniziative auspicate
dalla mozione Modigliani si svilupparono pochi mesi dopo. Per l'esecuzione del mandato di
Lugano, infatti, la Direzione del PSI e il direttivo del Gruppo parlamentare socialista,
nella riunione tenuta a Firenze dal 16 al 18 gennaio del 1915, incaricavano Oddino
Morgari, nonostante
questi nel convegno di Lugano si fosse decisamente espresso per la soppressione del vecchio B.S.I.,
di prendere contatti con i partiti socialisti dei paesi europei belligeranti e neutrali
Nel gennaio 1915 si tenne a Copenaghen
una conferenza dei partiti socialisti scandinavi e olandesi. Egli annunciò la sua
partecipazione approfittando di una tournée europea che doveva compiere come
collaboratore dell'«Avanti!». Parti quindi per la Danimarca ma non vi partecipò,
affermando di non essere giunto in tempo, ma successivamente, il 18 febbraio, dirà al
Comitato Direttivo del Partito socialista svizzero di non aver preso parte alla Conferenza
di Copenaghen sia perché aveva inteso che la Svizzera non avrebbe inviato delegati, sia
perché Grimm lo aveva informato che vi potevano essere sospetti di influenze tedesche
sulla conferenza.
L'incontro di Copenaghen ebbe scarso successo. I
partecipanti non furono numerosi e, forse per timore di creare attriti, trattarono solo
argomenti secondari e si limitarono a chiedere al BSI la convocazione di una conferenza
non appena possibile e comunque prima dell'inizio delle trattative di pace.
18. La «Missione Morgari». Parigi e Berna
Il suo compito era di raccogliere informazioni,
effettuare sondaggi presso i vari partiti per rendersi conto delle reali loro disposizioni
verso la promozione della pace e il risveglio dell'Internazionale. Il mandato era
abbastanza elastico e anche l'itinerario non era ben precisato. Lo scopo principale, era
quello di gettare le basi su cui realizzare il programma di Lugano, e cioè: trasferimento
del Bureau in un paese neutro (di preferenza la Svizzera) e convocazione urgente di una
conferenza dei partiti socialisti dei paesi non belligeranti.Prima di partire, in
febbraio, Morgari si recò in Svizzera ad esporre gli obiettivi del suo viaggio e chiese
di essere accompagnato nella sua missione da un delegato del locale Partito socialista. Gli
svizzeri decisero di affidargli invece un messaggio scritto, copia del quale venne inviata
al BSI e ai partiti affiliati prima ancora della partenza di Morgari. Ma per una serie di
circostanze egli non potè partire che ad aprile e in quei due mesi varie
situazioni erano evolute o cambiate.
In una serie di articoli dal titolo Che
cosa fare?, apparsi sull'Avanti! dal 20 al 22
aprile 1915, Morgari espresse il suo punto di vista sulla necessità
improrogabile della convocazione di una conferenza internazionale socialista. Dopo aver
giustificato i socialisti che avevano aderito alla guerra in quanto «l'opinione che il
proletariato debba associarsi alla difesa della patria circola da
tempo nelle file socialiste, è stata apertamente affermata in molteplici
occasioni, nella stampa e nei parlamenti, e non fu mai sconfessata "
esplicitamente " dai congressi», si rivolgeva
all'Esecutivo
dell'Internazionale: «A questo BSI noi rivolgiamo un
caldo appello ad uscire dal suo presente stato di aspettazione ed a riunire
senz'altro l'Internazionale».
A Parigi chiese la convocazione di una conferenza internazionale al presidente del B.S.I.
Vandervelde, che non solo rifiutò di convocarla, ma dichiarò che avrebbe
impedito agli stessi svizzeri ed italiani di farlo. Dal canto suo Morgari lo accusò di
tenere in ostaggio l'Internazionale, e
il colloquio ebbe toni drammatici. L'Avanti! pubblicò la
relazione di Morgari sul viaggio a Parigi e Vandervelde reagì cercando di modificare la
propria posizione: ma Morgari replicò che se le parole potevano non essere esatte, la
sostanza era quella da lui indicata: francesi e belgi non volevano venire in contatto con
i tedeschi ed erano per la, guerra a fondo
contro il militarismo germanico
Naturalmente i gruppi socialisti
dissidenti che vedevano nell'iniziativa italo-svizzera una rinascita dello spirito
internazionalistico accolsero Morgari a braccia aperte.A Parigi strinse rapporti con
Martov e Trotskij , il quale con la sua penna satirica ne traccia questo pungente
ritratto: Morgari
ha una natura d'artista: è un politico e uno psicologo. I tratti del suo viso giovanile
recano il segno di un carattere bonario ed indulgente.(...) rimprovera al marxismo la
mancanza di realismo, riconosce nella Storia la "molteplicità" dei fattori e
tenta di arrivare ad una concezione "integrale", sia nella pratica che nella
teoria. L'integralismo significa, in realtà, uno sforzo per giungere ad un eclettismo
"armonioso".(...) Sulla terrazza di un caffè di uno dei grandi boulevards,
avemmo una conversazione con Morgari e alcuni deputati socialisti che per ragioni non
molto chiare si consideravano di sinistra. Sinché il colloquio non andò al di là delle
proclamazioni pacifiste e della ripetizione di luoghi comuni sulla necessità di
ristabilire le relazioni internazionali, le cose andarono abbastanza bene. Ma quando
Morgari, con tono drammatico da cospiratore, cominciò a parlare della necessità di
procurarci falsi passaporti per andare in Svizzera (era evidente che l'aspetto
"carbonaro" della faccenda lo attraeva) i signori deputati fecero il muso, e uno
di loro si affrettò a chiamare il cameriere e a pagare le consumazioni. Sulla terrazza
aleggiava il fantasma di Molière, forse anche quello di Rabelais la cosa non andò oltre.[47]
Tuttavia, se il programma di Lugano
era inaccettabile per il socialismo ufficiale, per i dissidenti risultava insufficiente.
Essi infatti obiettavano che se si trattava di far cessare la guerra una conferenza di
neutri sarebbe stata inutile. A loro avviso si dovevano invece adunare i dissidenti, gli
elementi di opposizione che nei paesi belligeranti si erano dichiarati contro la guerra e
contro la politica di union
sacrée. Al termine dei colloqui parigini Morgari aderì a quest'idea e, tornato in
Italia, la espose al Congresso di Bologna del 15 e 16 maggio 1915. Il Congresso adottò la
sua proposta; i socialisti italiani decisero così, ignorando gli organi ufficiali dei
partiti, di convocare singoli o gruppi socialisti e sindacali di qualsiasi natura, scelti
secondo le convinzioni e appartenenti sia a paesi neutri, sia a paesi belligeranti.
Pochi
giorni dopo si recò a Berna per elaborare con Grimm la realizzazione del progetto allinsaputa
del Partito socialista svizzero. Infatti, mentre il PSI aveva votato a Bologna la
decisione, assai più avanzata rispetto alle posizioni di Lugano, di convocare le
minoranze, il Partito svizzero rimase legato all'idea di convocare soltanto i neutri.
Per questo il PSI trovò come interlocutore attivo
non già il comitato centrale del Partito socialista svizzero, ma Grimm, che aveva assunto
una posizione analoga a quella italiana. E solo più tardi, in novembre, al Congresso di
Aarau il Partito socialista svizzero approverà l'operato di Grimm.
L'11 luglio Morgari e la Balabanoff
incontrarono a Berna in una riunione preliminare: Zinoviev (per i boscevichi), Aksel'rod
(per i menscevichi), Warski e Waleki (polacchi) e Grimm. Dei partecipanti, però, solo
Morgari e la Balabanoff erano venuti dall'estero con un mandato ufficiale; tutti gli altri
erano già in Svizzera come rifugiati. Fu a
questa conferenza che si fissò lo scopo e il carattere del convegno da tenersi in
settembre. Esso «non
avrebbe avuto per nulla come scopo la
creazione di una nuova Internazionale, ma il suo scopo sarebbe stato piuttosto
di richiamare il proletariato a un'azione comune per la pace, di creare un centro d'azione e di
cercare di ricondurre la classe operaia alla sua missione storica».
19. Nel Paese in guerra (1915-16)
In occasione delle "radiose giornate" del maggio 1915 a Torino la
pressione della base operaia spinse la sezione cittadina, assai dubbiosa pur essendo diretta dagli intransigenti, a
proclamare lo sciopero per il 15. Nell'occasione Morgari non era presente perchè a
Bologna con Buozzi e Pastore. La tensione cresceva da settimane e la giornata si concluse
con un pesante bilancio: 14 feriti e un morto tra i dimostranti, occupazione della Casa
del popolo da parte dell'esercito, arresto di esponenti sindacali e politici, che
caratterizzano la situazione più grave verificatasi in Italia alla vigilia dell'entrata
in guerra.Rientrato a Torino, con Casalini e Quaglino girò 4 o 5 ore per tutta la città per persuadere gli
scioperanti a riprendere il lavoro". Mentre i componenti della Commissione
Esecutiva della Sezione torinese sono arrestati e rimangono in carcere più di tre mesi,
funziona una C.E. provvisoria, di cui fa parte anche Morgari, che a luglio viene sostuita
con elezioni che vedono contrapposte due liste; in quella intransigente, con Barberis,
Boero, ecc., si colloca Morgari.
Pacifismo e internazionalismo erano aspirazioni
sincere che espresse in articoli, manifestazioni, comizi e nei due discorsi che tenne alla
Camera, ma non poteva
dimenticare che molti in Italia, tra i quali gli
irredentisti del Trentino e della Venezia Giulia, avevano voluto la guerra per motivi patriottici
e ideali. Né poteva dimenticare la «Lettera
aperta» che Cesare Battisti aveva inviato un anno prima[48]
Una crisi lo
colpirà alcuni mesi più tardi,
quando il sentimento mazziniano e risorgimentale prenderà il sopravvento sulle
convinzioni antimilitariste. E del
mese di dicembre 1915, infatti, la polemica sorta intorno alla frase «ti invidio» scritta da
Morgari al suo amico Plinio Gherardini, arruolatesi volontario; si parlò allora di un suo
prossimo arruolamento tra i garibaldini
di Francia. La notizia, smentita dallAvanti e dal Grido, fu poi
confermata dallo stesso interessato in una lettera a
Lazzari del 25 dicembre, mettendolo
in connessione con il particolare momento: «un
periodo nel quale ancora mi pareva possibile conciliare due cose opposte:
l'antimilitarismo e il fucile, quando cioè procuravo di convincermi che - dopo fatto
ogni sforzo per impedire lo scoppio della guerra, dal punto di vista degli interessi
generali e dei nostri principi - un socialista potesse, senza contraddizione seguire il
proprio temperamento appena scoppiata la guerra, in base al motto: "cosa fatta capo
ha" ».
Ulteriore conferma troviamo nel discorso pronunciato
alla Camera da Morgari il 1 luglio 1916, che s'apriva
con la confessione della propria crisi: «persino
chi parla ebbe negli inizi un momento di esitanza e pregò un collega,
che è su questi banchi, di tenergli in serbo una camicia rossa»[49]
La
guerra non era considerata unilateralmente
come un «portato degli interessi economici delle classi dirigenti»,
ma anche come esigenza di «cause ideali, sdegni generosi, fedi sincere». Fu
anche profetico: "se
abbattiamo la Germania essa coverà la sua rivicita, la coverà 20 anni ma la farà" e
insiste sullo scarso interesse a "annettere rupi trentine e caverne del
Carso",[50].
Serrati, in una breve introduzione al discorso
sull'Avanti, pur dissentendo «sia per ciò che si
riferisce alle origini e alle cause della guerra, sia per
quanto riguarda la condotta della guerra e sia anche e soprattutto
quanto ha tratto ai rimedi democratici contro la guerra», non mancherà di elogiare il discorso «coraggiosissimo».
Il discorso gli procurò i feroci attacchi degli
avversari, in particolare dell'«Idea
Nazionale» e gli elogi dei giovani
socialisti tra cui quello di Gramsci.
20. Da Zimmerwald a Kienthal
Il 5 settembre la conferenza venne finalmente
convocata, nonostante la tenace opposizione del
presidente dell'Internazionale e l'ostilità dei
socialpatrioti. La località prescelta è Zimmerwald, un paesino della Svizzera. L'organo del PSI questa volta scriverà:
«Gli sforzi entusiastici del nostro Morgari
che gli scettici deridevano e i cattivi calunniavano sono stati coronati da pieno successo»
Le
convocazioni per Zimmerwald vennero fatte segretamente e la Conferenza si svolse
all'insaputa di tutti, governo svizzero compreso.
A
Zimmerwald convennero 38 delegati di 11 paesi: le delegazioni ufficiali
dei partiti socialisti di Polonia, Italia, Bulgaria, Romania e Svizzera e
i rappresentanti dei gruppi di opposizione di Germania, Francia, Olanda,
Svezia e Norvegia. Il partito socialdemocratico serbo, che pure aveva dichiarato la
propria neutralità, non potè inviare il proprio rappresentante per
la mancata concessione del passaporto al delegato. Dei
russi in esilio, parteciparono Lenin, Zinoviev, Axelrod
e Trotzki. Per l'Italia vi partecipò la delegazione del PSI e del GPS,
composta da Costantino Lazzari, Angelica Balabanof,
Modigliani, Serrati e Morgari.
Trotsky
nella sua autobiografia descrive così la partenza dei congressisti da Berna per
Zimmerwald:« Noi ci
pigiammo in quattro carrozze e salimmo verso la montagna. La gente guardava con curiosità
quella strana carovana. I delegati scherzavano sul fatto che mezzo secolo dopo la
costituzione della prima Internazionale tutti gli internazionalisti trovavano posto in
quattro carrozze. Ma nello scherzo non c'era alcuno scetticismo. Accade molte volte che il
filo della storia si strappi. Allora bisogna annodarlo. E fu quello che si fece a
Zimmerwald».
Fin dalle prime battute i delegati si divisero
in « destra » e « sinistra ». La
prima, composta dalla maggioranza dei convenuti, sebbene intransigente nella condanna della guerra, confessava ancora
fiducia nella Internazionale.
La sinistra, invece, riteneva che l'unione sacra e la politica dilatoria del B.S.I. lavessero definitivamente
squalificata, e poneva il problema
della trasformazione della guerra militare in guerra civile
sviluppando le deliberazioni del
congresso di Basilea. Il «Manifesto», che non intendeva ripudiare la 2.
Internazionale ma cercava di mutarne la direzione e si pronunciava contro la guerra
addossandone la responsabilità alla cupidigia imperialistica di tutti i paesi
belligeranti, in Italia fu stampato alla macchia e l'«Avanti!» lo pubblicò a dispetto
della censura il 14 ottobre grazie a un'abile
manovra del direttore Serrati.
A Zimmerwald,
nella firma del manifesto
conclusivo, Morgari rivelò non poche perplessità, in quanto non si sentiva di avallare
le affermazioni unilaterali sulle cause della guerra[51]
persuaso che la sua impostazione oscurasse le ragioni di coloro che avevano combattuto la
guerra non per interessi economici ma unicamente per motivi morali
Morgari sintetizzò la portata de convegno in un'intervista
rilasciata al giornale La Sera, in cui affermava che
«l'atto pratico di Zimmerwald è quello di aver compiuto il nostro dovere di socialisti, che era di riunirci
internazionalmente ed esprimere una parola concertata nei riguardi della guerra. Ma
nello stesso tempo pur volendo sfuggire alle
responsabilità di questa guerra, noi non diciamo ai soldati o di fuggire o di non
sparare
La Conferenza costituì anche una
«Commissione socialista internazionale» con il compito «facilitare
le relazioni fra i partiti socialisti» e di
«informare le
organizzazioni aderenti sugli avvenimenti e lò svolgimento della lotta per
la pace». A farne parte furono chiamati Grimm,
Naine, Morgari e la Balabanoff (in veste di traduttrice). La commissione lavorò attivamente
nonostante l'entrata in guerra dell'Italia, ma i risultati furono scarsi. Ciò non impedì
ai giornali borghesi di sviluppare una vasta campagna di stampa contro i socialisti
italiani accusati di svolgere, all'interno della Commissione di Berna, attività
antimilitare e antipatriottica.
Nel febbraio 1916, in una riunione internazionale
tenutasi a Berna e promossa dal PSI, venne decisa una nuova conferenza che si tenne poi a
Kienthal dal 24 al 30 aprile. I punti più importanti all'ordine del giorno della
conferenza erano: la battaglia per la fine della guerra, l'attitudine del proletariato
verso i problemi della pace, la questione della convocazione del BSI a l'Aja.
Per l'Italia, con
Lazzari, Prampolini, Modigliani,
Musatti, Dugoni e Serrati vi partecipò anche Morgari. In essa vennero
riaffermati i principi contenuti nel manifesto di Zimmerwald, pur apparendo i termini
del nuovo manifesto più decisi. Nel testo
programmatico che ad esso si accompagna, venne stabilita, in 14 punti, la
condotta che il proletariato doveva adottare di fronte
alla guerra e, fatto nuovo, la lotta per la pace fu identificata con la lotta rivoluzionaria per
il socialismo. I testi di Kienthal furono votati
all'unanimità dai partecipanti alla conferenza. Anche se i gruppi presenti a Kienthal erano
sostanzialmente quelli di Zimmerwald, i delegati furono molto più numerosi e ciò
nonostante le autorità di alcuni paesi belligeranti avessero ostacolato la partecipazione
non rilasciando i passaporti. A Kienthal si registrò anche un netto spostamento a
sinistra. Lenin non si trovò più isolato. Dopo due anni di guerra, i delegati di
Kienthal non parlarono più di «pace senza annessioni e senza indennità ma di
«conquista dei governi e della proprietà capitalistica per parte dei popoli e
aggiunsero: «la pace duratura sarà il frutto del socialismo trionfante»
Il manifesto di Kienthal venne giudicato non
sufficientemente rivoluzionario dalla sinistra, mentre la destra ritenne troppo assolute e
pessimistiche alcune affermazioni. In questa «destra » si inquadra anche Morgari che
formulò un emendamento votato anche da Modigliani Prampolini Dugoni Musatti. Votarono le tesi senza riserve Serrati e
Balabanoff.
Benché la condanna della guerra risultasse molto
più dura e circostanziata rispetto a Zimmerwald, il rapporto ufficiale concluse con un
generico invito all'azione delle masse.
21. La
Missione Ford.
Stoccolma
È nella mancanza di linearità con le tesi di Zimmerwald e di
Kienthal che va inquadrata la sua singolare
partecipazione alla Missione Ford. L'industriale americano Henry Ford[52]
aveva intrapreso una campagna per il ritorno
della pace in Europa fondando una istituzione che, abbondantemente finanziata e composta di elementi danesi e svedesi , aveva la sua
sede a Stoccolma. Ford intendeva mostrare la
superiorità morale del capitalismo americano che non era costretto favorire le guerre per
realizzare profitti ma poteva legittimarsi moralmente e politicamente attraverso il
coinvolgimento nei consumi delle masse popolari. Non su cannoni, ma su automobili e su
oggetti di consumo era in grado di puntare l'industria americana.
Morgari fu colpito
da questo capitalismo che sapeva coniugare le esigenze del profitto con quelle della
socialità e della pace, e questa posizione di apertura ad un certo tipo di imprenditoria
ebbe sviluppi nell'immediato dopoguerra con la collaborazione con Giovanni Agnelli e
l'industriale tessile Franco Marinotti nel tentativo di stabilire rapporti economici con
la Russia sovietica.
Ford
aveva inviato il proprio segretario a Berna per
scegliere una commissione svizzera per il parlamentino
pacifista che avrebbe dovuto sedere in permanenza a Stoccolma. Fu a Berna che
agli inizi del 1916 Morgari conobbe, tramite il vecchio
internazionalista Enrico Bignami, il segretario di Ford. Invitato da quest'ultimo a far parte della commissione permanente
della Missione, si consigliò con Grimm,
Balabanoff, Serrati, Lazzari e Vella. Vi si oppone la sola Balabanoff, gli altri
considerarono possibile l'opera di Morgari
purché svolta a titolo personale, senza alcun mandato
Nel resoconto del
viaggio di Morgari, l'Avanti! insiste nel
presentare la sua partecipazione alla Missione come un fatto di iniziativa personale, escludendo ogni copertura diretta del partito, che ufficialmente non poteva essere data, basandosi
la Missione Ford esclusivamente sul contributo
finanziario di un capitalista. L'autonomia della iniziativa, in verità, è riconosciuta dallo stesso Morgari
in una lettera a Serrati del 15 giugno 1917
: «Più volte mi scrivesti per invitarmi ad inviare articoli, notizie. Ma sai come la
penso. Invadere l'Avanti! con quelle tesi
posto pure che tu lo concedessi sarebbe un abusare dell'ospitalità
politica, e un tentar di scuotere la discreta e
sufficiente concordia odierna del partito. Scrivere senza avanzare tesi non vorrei.
Notizie non ne ho; ne ho meno di te, che leggi o fai leggere giornali in più lingue »[53]
In una nota editoriale da attribuire a Serrati premessa al suo articolo Le due Vittorie apparso
su Scintilla e poi sull Avanti!,, si legge: «Bella utopia, quella di ricercare nel mondo tutti
gli uomini buoni e generosi e stringerli in un fascio di forze operanti contro la barbarie della guerra. Tanto bella
questa utopia che quando noi abbiamo visto Morgari
tutto preso da questo nobile sogno, non ci siamo
sentiti di dissuaderlo e, pur dissentendo, lo
abbiamo quasi incoraggiato a correre pellegrino di pace per il mondo alla ricerca degli
uomini buoni......Mentre il pacifismo largamente
umanitario di Morgari conduce logicamente alla cessazione o, quanto meno, alla
attenuazione della lotta di classe, il nostro
determinismo economico ci chiama invece ad accentuare l'azione indipendente ed
autonoma del proletariato nei confronti di tutti i dominanti
»[54].
Morgari quindi accettò l'offerta del segretario di Ford tacitamente confortato dal consenso dei
compagni e nel maggio del 1916
intraprese il viaggio per Stoccolma.
Della Missione Ford faceva parte anche Hermann
Greulich, che il 17 maggio 1915 aveva presentato alla
direzione del PSI il sig. Nathan, latore da parte di
pacifisti americani di offerte finanziarie categoricamente rifiutate dallo stesso Morgari,
a nome della direzione del partito, in un colloquio avuto a Bologna con il
pacifista americano. Fu allora che la stampa antisocialista e interventista vide nelle
offerte di Nathan al PSI il denaro tedesco e identificò
in Greulich un agente del governo imperiale. Memore di tale polemica, Morgari
invitò Greulich a dimettersi da membro della commissione permanente della Missione Ford, per fugare ogni possibile equivoco
sulle reali intenzioni della Missione.
Il
parlamentino costituito da Ford a Stoccolma rivestiva particolare importanza per Morgari, dopo i numerosi tentativi
falliti; per questo, incurante del vespaio di critiche suscitato sulla stampa italiana, egli divenne uno dei
maggiori attori della iniziativa pacifista. A
suo giudizio il problema essenziale per il momento,
al di fuori di ogni problematica rivoluzionaria, era quello esclusivo di salvare la pace, anche se tutto ciò comportava
collaborazione con un capitalista. Ai
delegati della Missione Ford Morgari presentò un Plan d'une grande campagne mondiale pour la paix prochaine et
definitive, preventivamente discusso
dal gruppo scandinavo della Missione il 24 settembre 1916 e presentato nel novembre a
tutti i componenti. Stilato con la meticolosità che
gli era propria, si articolava in 78 punti ed
era basato sul contributo finanziario di
cinquanta milioni di dollari da parte di Ford. Prevedeva una campagna mondiale per la
pace, della durata di 5 anni, sostenuta da quotidiani, cartelloni, cinema, propagandisti
distribuiti in tutti i paesi. Si articolava in tre
fasi di sviluppo: 1) «Avant l'armistice», per avvicinarlo e influenzare i negoziati preparatori; 2) «Pendant
l'armistice», per influire sulle condizioni
del trattato di pace; 3) «Après la paix», per vincere quelle forze che si opponevano a una completa instaurazione
dei diritti delle genti.
Il
piano prevedeva anche la fondazione di un quotidiano mondiale, pubblicato
in tre lingue, e ladozione di una lingua mondiale, lEsperanto[55] - di cui Morgari fu un discreto
conoscitore e attivo divulgatore- per influire più
facilmente e uniformemente sulleducazione dei popoli al pacifismo.
Ma non se ne fece nulla: Ford in armonia con l'atteggiamento del governo
americano che aveva deciso l'intervento a favore dell'Intesa, annunciò che non aveva più fiducia nella buona
volontà di pace dei dirigenti tedeschi e sciolse definitivamente la sua missione il
giorno della rottura dei rapporti diplomatici tra Germania e Stati Uniti (2 febbraio
1917).
Il
viaggio di Morgari provocò sulla stampa sarcasmi e accuse di ingenuità se non di connivenza col nemico. Iniziò l' Idea
nazionale
il 13 ottobre 1916, seguita dal Corriere della Sera del 3 giugno 1917 che
così commentava: Limportante è che laffare
si concluda subito per merito suo, così il socialismo
intasca in moneta elettorale il prezzo della
mediazione. Sua Eccellenza Morgari ha lanima di un viceplenipotenziario di
Federico II o di Maria Teresa», e dal Giornale
d'Italia del 7 luglio. Morgari
esprimerà la
sua delusione per il fallimento della Missione in un'intervista rilasciata
alla Stampa
pochi giorni dopo il suo rientro in Italia. L'Avanti!
non commentò: a giustificazione riportò una relazione letta a suo tempo da Morgari alla
seziono di Torino. Il
carattere borghese dell'iniziativa di Stoccolma è sottolineato dalle dure
parole di critica che II
Grido del Popolo scrisse
sull'iniziativa di Morgari:
«Noi
che abbiamo solo fiducia nella lotta di classe e non crediamo
né alla efficacia, né alla sincerità di alcun pacifismo borghese, saremmo
mortificatissimi di aver perso tre mesi di tempo in collaborazione con
un qualsiasi Ford, presso qualsiasi governo, presso una qualsiasi conferenza
che non fosse stata una conferenza di socialisti internazionalisti"
.
Rimase
tutto l'inverno in Svezia; fallita la
Missione Ford, in
primavera partì per l'Olanda. All'Aja si
fermò per circa due mesi cercando
di mettersi in contatto con Huysmans, per
spingerlo a convocare un congresso per la pace, ma Huysmans fu
irremovibile, e qui
era stato raggiunto da un telegramma di Lazzari che
lo pregava di raggiungere Pietrogrado per prendere contatti con i rivoluzionari russi e
inviare notizie precise all'Avanti!.
Tentò
di recarsi in Russia attraverso la
Scandinavia, ma inutilmente, a causa delle restrizioni degli imbarchi per
la guerra in corso. Ne diede notizia egli stesso in una lettera a
Serrati, in data 15 giugno 1917, dall'Aja: «Rimpatrio.
Dopo quasi due mesi
di pratiche per ottenere il rimpatrio traverso il territorio anglofrancese, ottenutolo
infine il 21 aprile, ricevo il telegramma di Lazzari incaricantemi
di recarmi in Russia. Pensa quanto siffatto incarico mi lusingasse
e corrispondesse al mio sentimento. Non profittai del permesso con pericolo
di vederlo decadere e insieme a un compagno esiliato russo e ad un
organizzatore che conosce i porti olandesi come tu lAvanti!,
feci ricerche
per trovare imbarco alla volta dellaScandinavia. Dopo oltre un mese di
vane pratiche, rinuncio »[56]
.
Così nel luglio 1917 rientrò in Italia.
Morgari non potè partecipare alla conferenza di
Stoccolma. L'avvento al potere dei bolscevichi determinò il ritiro della delegazione
russa dal comitato di Stoccolma e contribuì alla disgregazione del movimento
zimmerwaldista, la cui crisi era già manifesta dalla metà del 1917. Morgari, costretto
in Olanda dalla guerra, non partecipò ai lavori preparatori né alle sedute della terza
conferenza di Zimmerwald.
22. Nel Paese in
guerra (1917-18)
Rientrato
in Italia a luglio da Stoccolma, ricevette con Romita e Serrati il 13 agosto 1917 alla
Casa del popolo di Torino i rappresentanti dei Soviet di Pietrogrado che stavano compiendo
un giro di propaganda noi paesi dell'Intesa. Si tenne anche un comizio affollatissimo, il
primo dall'inizio della guerra.
Il 22
agosto scoppiò a Torino uno sciopero determinato dalla carenza di generi alimentari, che
assunse subito carattere politico e si trasformò in aperta rivolta contro la guerra. La
sera stessa la sezione di Torino telefonò a Morgari chiedendogli di precipitarsi a
Torino. Dalla testimonianza resa al processo per i moti dell'agosto dal segretario della
CdL Dalberto, egli si mise in contatto prima con Rigola a Biella che rifiutò di
intervenire, poi si rivolse ai deputati Casalini in vacanza e Morgari a Roma, perchè
rientrassero. II giorno dopo giungeva nella città trasformata in un campo di battaglia.
Queste iniziative saranno considerate dal Tribale Militare conferme dellipotesi che
Morgari era uno dei promotori dell'insurrezione
Nella
notte tra sabato e domenica furono arrestati quasi tutti i membri delle commissioni
esecutive della sezione socialista e della CdL, molti segretari di Leghe e Circoli e
parecchi altri compagni tra i più noti, che decisero di affidare ai deputati socialisti
torinesi (Casalini, De Giovanni, Morgari) il compito di funzionare da direttivo
provvisorio. La sera del 23 con Romita e il
corrispondente dell'Avanti! Leo Galetto ebbe un
colloquio col prefetto, il quale assicurò poi Roma telefonicamente che Morgari pare animato da buone intenzioni. Il
26 presentarono per il visto al Comando del Corpo d'Armata, che aveva assunto la tutela
dell'ordine pubblico, il seguente manifesto:"Lavoratori Torinesi:L'inefficienza
del Governo Centrale, l'ignavia dell' Amministrazione cittadina, le provocazioni
indicibili del potere politico locale, vi hanno fatto scattare unanimi in un movimento di
sciopero generale, meraviglioso, forte, ammonitore ed esemplare. Scoppiato per la
mancanza del pane, esso si è subito tramutato in una decisa manifestazione contro la
guerra, che tanti lutti ha . seminato e tanto sdegno suscita in ogni animo, in tutti i
paesi. La forza brutale dello stato borghese, la incoscienza da parte dei proletari
vestiti in divisa, la dolorosa impreparazione della nostra organizzazione ad una azione
risolutiva, ci costringono a consigliarvi a tornare lunedì al lavoro. Non è consiglio di
viltà quello che vi diamo, ma di saggezza e di forza. Noi intendiamo che non solo questo
grandioso movimento proletario torinese sia avvertimento serio e definitivo al governo
monarchico borghese, perchè cessi questa strage inutile e inumana, ma indichi anche a
tutti i proletari d'Italia ed all'Internazionale il dovere di una più intensa e
definitiva preparazione. Torniamo al lavoro, o compagni, ma torniamo colla coscienza di
aver compiuto un atto coraggioso degno e fecondo senza dedizioni e senza rinunzie. E
stato sparso sangue proletario, ma non invano. Salutiamo le vittime con una promessa di
prossima, preparata rivincita. Salutiamole al grido: "Viva lo sciopero generale. Viva
la pace. Abbasso la guerra!"
E
poichè il nulla osta fu negato, consegnano il
27 al generale Sartirana il testo di un nuovo manifesto assai più moderato e breve:
Ai lavoratori torinesi Compagni! Avendo
accettato di rappresentare provvisoriamente le oprganizzazioni che per i noti eventi non
possono regolarmente funzionare....crediamo nostro dovere avvertirvi che le nostre
organizzazioni hanno delberato di invitarvi a riprndere il lavoro lunedì corrente.
Mandiamo intanto un riverente saluto alle vittime cadute con quella fede che rimarrà
intatta nei nostri cuori
Nel 1917 oltre alla rivolta di Torino si
registrarono una più vigorosa opposizione
alla guerra e anche alcuni atti di sabotaggio. La stampa borghese incominciò a parlare di
bolscevizzazione e di «pericolo di un sabotamento proletario della guerra».
Materiale di propaganda socialista internazionalista e pacifista veniva distribuito
clandestinamente e talvolta giungeva anche fra le truppe al fronte grazie «alle cassette
di munizioni, sul cui fondo si nascondono dei manifesti sediziosi» Le autorità militari
erano anche molto preoccupate per la frequenza con cui andavano ripetendosi incidenti nei
principali stabilimenti militari.
noi
siamo un partito che è costruito da trentanni e da trentanni combattiamo la
guerra...(...)...cè il patriottismo dei sign ori che crede possa la gloria e il
benessere della patria realizzarsi solo nellespansionismo e vi è il patriottismo
della povera gente, il nostro, che cerca il benessere e la glorua della patria nello
sviluppo interno delle risorse interne,. La guerra è il vero sabotaggio della guerra. Voi
sabotate la razza; è la distruzione dei giovani, dei validi che imperversa
Il 21
dicembre 1917 presentò alla Camera un Od.G :«La Camera invita il Governo a rivolgere
alle potenze alleate, nemiche e neutrali una proposta di pace generale e di riordinamento
della convivenza internazionale basata sull'abolizione del diritto di dichiarare Ia
guerra, finora riconosciuto negli stati dal
costume politico e dalle convenzioni interne». Dopo il suo discorso alla Camera, come già nel
1916, Morgari fu sommerso di lettere, in parte anche di lode, soprattutto da militari al
fronte o vedove di guerra. Anche Gramsci[58]
e Serrati scrissero a Morgari per congratularsi con lui. Discorso che passa per
"vergognosamete leninista" e contro il quale protesteranno numerosi
professori, da Mosca a Loria. Nell'esaltazione della rivoluzione russa che
innalza la più grande bandiera che abbia mai sventolato sulla faccia della terra
Lenin non tiene abbastanza conto della difficoltà di trasformare bruscamente una
società individualista in una collettivista, sebbene tale trasformazione sia facilitata
in Russia dal fondo mistico della razza slava e ancor più dal fatto che quel paese è
uscito da poco dal comunismo primitivo della terra ....Lenin ha fretta, vuole trasformare
il suo Paese in una enorme società cooperativa di produzione e di consumo...
Il 1918 iniziò con una ventata di reazione
antisocialista. Il 24 gennaio il governo ordinò l'arresto del segretario politico del
P.S.I. Lazzari e del vice-segretario Bombacci, per il loro atteggiamento «in evidente contrasto con le necessità della
difesa nazionale». Già nel 1915
Lazzari aveva chiesto a Morgari di sostituirlo qualora fosse stato arrestato. Lo sostituì
ma tenne la carica per poco: il 18 giugno dello stesso anno diede le dimissioni. Era anche
segretario del gruppo parlamentare e il dissidio fra questo e la direzione rendeva
difficile la sua posizione. Come al solito riassunse il suo pensiero in una circolare[59]
23.
La
Commissione di informazione e di azione internazionale
Circa un anno dopo il suo rientro dal Nord, Morgari riprese la sua attività, come incaricato del partito
all'estero, partecipando al congresso del
Partito socialista francese. Nella riunione del 30 settembre 1918 la direzione del PSI
aveva deliberato che Morgari e Alessandri
portassero il saluto e la solidarietà dei socialisti
italiani al congresso del Partito socialista francese, che si tenne a Parigi dal 6
al 9 ottobre 1918.
In tale occasione, approfittando
della presenza di molti delegati stranieri e della vittoria al Congresso dei "minoritari" fu composta
una «Commissione socialista di informazioni e
di azione internazionale». La Commissione, dopo
alcune sedute preparatorie tenute da Morgari con
il bolscevico Kemerer e con altri delegati francesi e serbi nelle giornate dell'11-13
ottobre, venne ufficialmente approvata il 14 nel corso di una riunione negli uffici del Populaire,
cui parteciparono il segretario Frossard, Longuet,
Loriot, Paul Faure, Rappoport, ecc; gli
italiani Morgari, Alessandri e Rubino,
segretario della sezione socialista italiana in Parigi, oltre a russi, serbi e greci
La nuova Commissione aveva il compito di
«creare un centro d'informazione
e di azione a disposizione delle correnti di sinistra (internazionalisti, intransigenti, zimmerwaldiani) dei
paesi dell'Europa occidentale e dell'America, in considerazione del fatto che «la censura dell'Intesa era riuscita ad innalzare un'insuperabile 'muraglia cinese' fra l'Europa
occidentale (Italia, Francia, Inghilterra, Spagna,
Portogallo) e il rimanente d'Europa (Imperi
Centrali, Russia, Svizzera, Balcani, Scandinavia), muraglia che durerà ancora a lungo per impedire il propagarsi
del bolscevismo dall'Est d'Europa all'ovest». La Commissione intendeva inoltre sostituirsi alla Commissione socialista internazionale
costituita a Zimmerwald - trasferitasi,
nel frattempo, dalla Svizzera a Stoccolma e forzatamente inefficiente - e al Bureau della II Internazionale
«le cui funzioni, rispettose degli statuti e di tutte le correnti che si
agitano nel socialismo mondiale, non
potevano essere che neutrali, e limitate a convocare imparzialmente i diversi partiti appena il Congresso internazionale.sarà possibile».[60]
A Parigi patrocinò la proposta di convocare una conferenza
zimmerwaldista a Roma, da contrapporre alla conferenza interalleata di Londra alla quale
la direzione del partito socialista italiano aveva rifiutato di inviare propri
rappresentanti. Morgari interpellò, a tal proposito, alcuni membri della nuova direzione
(ex minoritaria) del Partito socialista francese e della nuova Commissione internazionale
(tra i quali Longuet, Faure, Frossard) ma questi opposero un netto rifiuto e gli mossero
il rimprovero di non aver partecipato alla
conferenza di Londra, dove i socialisti italiani neutrali avrebbero potuto collaborare con i minoritari.
24. La Comune di
Budapest
Dopo
la sconfitta degli imperi centrali e l'abdicazione di Carlo d'Asburgo, il presidente
provvisorio dell'Ungheria Karolyi, di fronte alle crescenti difficoltà e nella speranza
di attenuare lostilità delle potenze vincitrici, aveva rassegnato le dimissioni
affidando il potere al partito socialista nato dalla fusione dei socialdemocratici col
piccolo partito comunista fondato da Bela Kun. Così iI 21 marzo del 1919 veniva proclamata a Budapest
la Repubblica Ungherese dei
Consigli.
In effetti l'Intesa mandò a Budapest un suo rappresentante col compito di trattare
l'accordo di pace. Fu un successo per il governo dei Consigli non solo in Ungheria (dove l'opinione pubblica lo appoggiò in uno spirito di
solidarietà nazionale) ma anche in Europa, alimentando l'interesse intorno alla seconda
rivoluzione socialista, attuata nel cuore dellEuropa.
Il successo e i consensi dei primi
giorni di vita permisero al governo rivoluzionario di lavorare per l'edificazione anche
pratica del nuovo ordinamento sociale, economico e produttivo del paese, esprimendosi con
misure più massimaliste di quelle attuate in Russia: il 26 marzo fu decretata la
nazionalizzazione di tutti gli impianti industriali, minerari e di trasporto con più di
venti operai, di tutti i beni immobili e gli istituti finanziari; il 3 aprile si dichiarò
il passaggio di tutte le proprietà fondiarie a «proprietà
dello Stato proletario senza alcuna indennità di riscatto». Quest'atto, sebbene in linea con la dottrina marxista e soprattutto
dettato dalla necessità di garantire la continuità dei rifornimenti alimentari alla
capitale e al fronte, rappresentava una delusione per quei contadini poveri che avevano
sperato nella ridistribuzione fondiaria e nel possesso della terra. Il sistema delle
«cooperative di produzione» , spesso amministrate dagli ex proprietari, non fu di fatto
accettato.
Frattanto l'Intesa favorì la creazione di
governi controrivoluzionari e aiutò gli attacchi militari della Romania e Cecoslovacchia.
La sorte della repubblica dei Consigli sembrava già segnata quando alla metà di aprile
le truppe romene iniziano la loro offensiva militare se non fosse stato per la
mobilitazione popolare messa in atto dal governo rivoluzionario con la creazione di un' Armata rossa a cui
affluirono per spirito patriottico anche ex ufficiali ed elementi della inteIligenzia
I
mesi di maggio e di giugno gli ungheresi recuperarono le posizioni perdute aprendo possibilità per la sopravvivenza della repubblica
dei Consigli che attendeva a brevissima scadenza lo scoppio di una rivoluzione in tutto il
bacino centro-europeo confortata dalle notizie
provenienti dalla Baviera e dalla ritenuta imminente saldatura delle truppe ungheresi con
l'Armata rossa sul fronte ucraino.
L'avvenimento suscitò viva impressione sulle masse popolari: la rivoluzione sembrava estendersi a macchia d'olio In
Italia, la Direzione del partito socialista il 19 marzo 1919 aveva votato un
ordine del giorno di adesione allInternazionale
Comunista; ora, dopo le novità provenienti dall'Ungheria e dalla Baviera, il PSI
nel manifesto del Primo Maggio rivolgeva un appello «La
classe lavoratrice dovrà infine affermare che è ormai animata da chiara coscienza della propria forza e dei propri
destini, che è pronta a raccogliere e seguire
gli insegnamenti della Russia, dell'Ungheria, della Baviera dove il potere politico ed
economico è raccolto soltanto nelle mani di chi produce, di chi lavora».
In Italia però le notizie giungevano confuse e allarmanti, la stampa
socialista era costretta ora ad accogliere ora a smentire le più clamorose invenzioni
giornalistiche come quella della occupazione della capitale o della morte di Bela Kun.[61]
Lincertezza
delle informazioni, lesigenza di una presa di contatto diretta, il desiderio di
manifestare la solidarietà dei socialisti italiani stanno alle origini della missione
affidata dalla Direzione del Partito a Morgari che si trovava
allora a Monaco di Baviera; vi si era recato dopo aver inutilmente tentato di raggiungere Pietroburgo da Zurigo e
da lì il 1. aprile aveva inviato un messaggio a Mosca nel quale esprimeva la piena adesione del PSI all'Internazionale Comunista e la solidarietà dei socialisti italiani al
governo dei Soviet.[62]
Il 19 maggio
giungeva [63]
a Budapest pieno di curiosità e di interesse,
disponibile allentusiasmo, ma insieme ansioso di registrare obiettivamente sulla
base dun rigoroso metodo «scientifico» e
«sperimentale» quanto avrebbe visto. La
tattica consistente «nel registrare colle luci le ombre, le lamentele, le
deficienze, gli errori», spiegandone beninteso le cause, equivaleva ai suoi occhi «ad
aprire una scuola pratica ad uso dei proletariati che non hanno ancora fatto la loro
rivoluzione. Frequentando tale scuola, conoscendo ogni passo del calvario, salito dai
fratelli che li precedettero nella fatica gloriosa, apprenderanno ad
imitare le cose buone, a prevedere
difficoltà, a prepararsi a vincerle e a non ripetere gli errori, almeno nella misura che
le circostanze permetteranno»
Il 25 maggio l'Avanti! con un servizio da Budapest dava notizia
dell'arrivo del Morgari, della sua visita al più grande complesso industriale della
capitale, la Landmaschinen Fabrik, del suo incontro con le truppe combattenti sul
fronte nonché dei colloqui da lui avuti con
Bela Kun, con Vilmos Bòhm e con Gyula Alpàry.
La corrispondenza, negando le
esagerazioni delle agenzie borghesi (la morte di Kun, loccupazione di Budapest, lo sciopero generale, la fame, il
terrore), tendeva a dare un quadro ottimistico della situazione: «Ieri visitammo con
Morgari il fronte a nord-est di
Budapest, arrivando a un chilometro di distanza dalle
posizioni ceche di Miskolcz, ove strisciammo a
terra per osservare le posizioni sotto il fischio delle cannonate. Miskolcz, fu
presa nella notte stessa dagli ungheresi, che fecero trecento prigionieri cechi e si
impossessarono di trenta mitragliatrici... Dovunque visitammo truppe riscontrammo grande entusiasmo. Tutti marciavano compatti, uniti,
sventolando bandiere rosse,cantando la Marsigliese
e lInternazionale, adornando
cannoni, automobili e treni con simboli rivoluzionari e accogliendo la nostra automobile
con grida di evviva allInternazionale...Ad
Harszay venne assalito dai soldati lautomobile dello Stato maggiore, improvvisando una dimostrazione di simpatia.
Un soldato parlò a nome del suo reggimento, pregando i capi dellesercito di
salutare in loro nome il proletariato rimasto nelle fabbriche, nelle officine e nei
campi, raccomandandogli di lavorare tranquillamente allinterno, che essi, proletari
in divisa, faranno il proprio dovere alle frontiere» [64].
A Csòt Morgari si recò il 7 luglio per svolgere
uninchiesta sullallontanamento
della compagnia italiana del 2. Battaglione
balcanico. I 71 volontari
italiani dellesercito rosso erano stati accusati dal comandante di
depredazioni e
internati a Csòt. Morgari, nella relazione inviata al
Commissario del Popolo per la guerra, affermò
infondate le accuse rivolte ai volontari italiani e ne chiese limmediata
liberazione. Fece visita
anche alla missione militare italiana, lunica dellIntesa rimasta a Budapest,
comandata dal maggiore Romanelli.
Questi giunse a chiedere i buoni
uffici di Morgari per convincere Bela Kun a
cedere il potere, sotto la garanzia dellItalia, in considerazione della
tragica situazione in cui versava lUngheria, in guerra
con quasi tutti i suoi vicini e in previsione di
un probabile intervento dellIntesa. Sembrò, in un primo momento, che Kun si
manifestasse disposto ad accedere alle proposte del
Romanelli. Ne da notizia un telegramma, spedito per corriere diplomatico il 26
maggio: «Delegazione di Budapest informa che lon.
Morgari ora Budapest per seguire movimento
bolscevico, avvisa nostra Missione essere Bela Kun
disposto cedere potere attuale e chiedere intervento Italia per garantire ordine. Bela Kun domanda come Italia ricostituirebbe potere
in Ungheria e se intervento Italia a Budapest
porterebbe conseguenza intervento altre truppe
Intesa..(....)... .se si potesse in qualche modo profittare a vantaggio del nostro
paese di questo... e prepararci ad una seria influenza
nostra per dopo, sarebbe certamente opportuno
non perdere tempo»
Ma dopo
il 24 giugno, in seguito all'opera di difensore dei contro-rivoluzionari
da Romanelli[65]
svolta, Morgari ruppe le relazioni con la Missione
italiana tanto da rifiutare nei momenti della crisi della «Comune» l'ospitalità e la
protezione offertagli. Una
polemica si sviluppò successivamente: il Corriere
della Sera, in polemica
con l'Avanti! che aveva attaccato la Missione italiana accusandola di correità con
i controrivoluzionari, aveva scritto che Morgari doveva la sua liberazione dai soldati
bianchi a Romanelli, circostanza smentita dall'interessato. .
In una lettera a Kun scritta all'indomani del tentativo
controrivoluzionario del 24 giugno quando alcuni militari
dell'Accademia Ludovica cannoneggiarono la sede del governo, consigliava di non ricorrere alla pena di morte sia
per non dare motivo alla Francia, cui era stato affidato
il compito di polizia dal trattato di armistizio, di
intervenire, sia perché metodi feroci di repressione avrebbero influito sul buon nome della rivoluzione proletaria in occidente,
e soprattutto perchè «...se
anche fosse vero che col
rinunciare al Terrore veniste incontro al voto dei compagni
di destra, questa sarebbe una ragione in più per rinunciarvi, perché così cementereste quell'unione fra le due
correnti del proletariato ungherese che è tanto
necessaria e che è una delle ragioni di superiorità della rivoluzione ungherese sulla russa ...L'obiezione più grave pare questa, che la controrivoluzione del 24-25 corr. sia stato il frutto
di un regime dittatoriale non severo . Concludeva suggerendo che imprigionare molti ribelli e cospiratori borghesi equivale, come
efficacia, ad ucciderne alcuni. Minore l'intimidazione, ma in compenso maggiore la
paralizzazione. Non crudeltà, non vendetta, ma difesa recando il minor dolore possibile.
.
Davanti all'ultimatum di Clemenceau, che intima agli ungheresi di cessare le operazioni
militari contro i cechi e i romeni, Kun dovette cedere e far ritirare le truppe schierate
su posizioni avanzate. Questo gettò lo scompiglio nelle file dell'esercito rosso
ungherese, facendone precipitare il morale e la compattezza.
Il
1° agosto, mentre le truppe romene si apprestano a marciare su Budapest, con la capitale accerchiata e con una controrivoluzione sempre più attiva all'interno, il
Consiglio del governo rivoluzionario si dimette, e il
18 novembre entrava in Budapest l'ammiraglio
Horty instaurando un regime controrivoluzionario.[66] Entrati
i romeni a Budapest tra il 7 e l'8 agosto,
dopo aver assistito «ad una atroce caccia all'uomo», era stato arrestato. Liberato, poi
di nuovo arrestato altre due volte, infine definitivamente liberato aveva lasciato
l'Ungheria il 15 agosto.
Dopo due mesi trascorsi
a Vienna, il 10 ottobre aveva ripreso la via dell'Italia. Ora ci si attendeva che parlasse, che
raccontasse quel che aveva visto. Ma preferiva tacere, anche a costo di lasciar nascere
supposizioni. Se prendeva la parola in pubblico, quanto all'Ungheria si manteneva sulle
generali e sorvolava sui punti più controversi [67]
Da quanto possiamo desumere dalla lettera ai Cari
compagni della direzione del
partito, l'esperimento comunista ungherese deluse fortemente Morgari, soprattutto perché la fine era stata causata non tanto dalle forze esterne, quanto «dallo stesso voltafaccia della maggior parte
dei lavoratori». La lettera è un documento che ha un notevole valore politico e biografico. Dopo aver premesso che
«[...] se il viaggio compiuto per vostro incarico e
l'aver visto vivere e tragicamente perire ben due Repubbliche dei Consigli, hanno modificato e temperato le mie antiche
prevenzioni contro la tattica bolscevica, non le hanno però annullate »,
riferendosi esplicitamente alle possibilità
rivoluzionarie che alcuni socialisti itaiani
ritenevano esistenti in Italia e in altri paesi d'Europa nel 1919 Morgari scriveva: «Non
ho fede nelle energie insurrezionali del proletariato in Italia e nel resto
d'Europa, la Russia esclusa, specie nei paesi usciti vittoriosi dalla guerra, nel presente
stato storico, né d'altra parte credo che la
situazione politico-economica dei paesi vittoriosi è catastrofica da condurre gli
istituti borghesi, a cominciare da quello militare, ad uno sfasciamento che dia il potere al proletariato non per
la forza di questo, ma per il crollo avversario».
Per quanto concerneva specificamente l'Italia, egli
riteneva pertanto che il PSI «dovrebbe guardare la verità nel bianco degli occhi; riconoscere che esso non è ancora in grado di
rovesciare le istituzioni capitalistiche».
Le
perplessità che la rivoluzione ungherese poteva suscitare nella base socialista erano sui
metodi che avevano caratterizzato la gestione del potere nel periodo di dittatura del
proletariato. Per le tradizioni pacifiste e non violente del socialismo italiano,
l'argomento aveva una sua indubbia consistenza e non lo si poteva accantonare tanto
agevolmente. Il «socialismo» non poteva essere costruito col «terrore»[68]:
naturalmente si dava certo che le descrizioni propalate dalla stampa borghese peccassero
per eccesso e fossero viziate dalla precisa volontà di stravolgere fatti e situazioni per
spirito di parte. Ma il problema diventava allora sapere che cosa era veramente successo,
ricorrendo a testimonianze obiettive e sincere.
Fu solo il 22 dicembre, davanti a 72 deputati socialisti e a qualche
altro compagno fra cui Serrati, che finalmente ruppe il silenzio tenendo una lunga
relazione di quel che aveva veduto e appreso in Ungheria. Riferendone due giorni dopo l'«Avanti!»[69]
negò che le conclusioni fossero cosi disastrose per i massimalisti da consigliare una
sorta di censura. Morgari, al contrario, era stato invitato a stendere una relazione scritta che sarebbe stata certamente
diffusa «a meno che non vi si oppongano ragioni di opportunità politica». Certo
aveva sottolineato anche gli aspetti negativi e il suggerimento che si poteva ricavare
da quanto aveva detto era «la necessità d'una più stretta intesa, onde gli
avvenimenti non trovino impreparato il partito, per cui esso sia sorpassato e sommerso da
altri elementi, i quali, mossi solo da interessi o personali o di gruppo, non vedendo le
supreme necessità del movimento d'insieme, potrebbero compromettere cogli eccessi, il
successo di quella rivoluzione sociale, che è la
finalità stessa del Partito socialista» .
Ma intanto altre versioni attribuivano al rapporto Morgari una
intonazione ben più dura. A stare al «Messaggero» Morgari avrebbe addirittura
dichiarato che «la dittatura proletaria era passata come una rapida devastazione, che l'attività dei comunisti di
Ungheria era stata distruttiva e la produzione nelle fabbriche era diminuita dal
cinquanta al settantacinque per cento», che
i contadini s'erano rifiutati di approvigionare le città, che la burocrazia, «nonostante il regime comunista, era estremamente
corrotta», che i funzionari bolscevichi «
si arricchivano, compiendo, in nome del governo, requisizioni a proprio vantaggio
», che si erano commessi «atti di brutalità» senza risparmiare «atti
atroci di repressione»
All'assemblea del 17 febbraio 1920 della
Sezione socialista milanese, Serrati sostenne che «noi
non abbiamo alcuna ragione per tenere nascosto
quanto è avvenuto in Ungheria La
rivoluzione è quello che è, non si fa allegramente,
è irta di difficoltà, di incognite, di aspri doveri». Proprio per questo si poteva analizzare senza paura la rivoluzione
ungherese, ben sapendo che al di là degli errori o dei difetti essa sarebbe
rimasta «una grande e gloriosa pagina di storia dell'Internazionale comunista»
Ma Morgari preferiva tacere. E invano nel giugno 1920 la segreteria
della SFIO sollecitava l'invio d'una copia della sua ormai mitica relazione. La richiesta appariva anzi come conferma che aveva fatto bene a non pubblicar nulla. Gli incitamenti e le
esortazioni a farlo erano state numeroso, «ma eccettuato per parte di Serrati
sempre da destri o da avversari». Ora la richiesta dei socialisti
francesi aveva un analogo retroterra, «Vuol dire
che si cercano armi contro il massimalismo dei Loriot ecc.». Morgari non voleva
servire da arma di scissione. «Ora, né io potrei scrivere in un rapporto la
metà solamente delle cose vedute, né potrei scriverle tutte, ciò che varrebbe fornire
argomenti taglienti ai nemici del Partito e alla frazione di esso che non è quella alla
cui fiducia dovetti l'incarico del viaggio in Ungheria».
Ma non era solo questo il motivo di tanta resistenza. Al di là del
dissenso, che pure aveva preso forma, c'era un impegno di solidarietà al quale non si
poteva mancare nei confronti di «quei compagni di fede, ora tutti dispersi per il
mondo o tragicamente periti» che avevano generosamente dato vita all'esperimento d'Ungheria. Anche per questo il silenzio rimaneva,
nonostante tutto, la migliore consegna.
25.
I viaggi in Russia e la valutazione
del bolscevismo
Nel
luglio 1922 era stato varato il «Comitato per le iniziative italo-russe»,
costituito tra alcuni dei maggiori rappresentanti della grande industria ed esponenti
autorevoli del socialismo riformista, cui avevano dato la loro adesione tecnici come Alberto Beneduce.
Con
Turati, Buozzi e D'Aragona si erano
impegnati anche Baldesi. Morgari, Colombino, Buozzi, la Cgl e i direttivi di federazioni
operaie e di leghe cooperative che tentarono di stabilire un terreno di intesa con gli industriali per contrastarne lallineamento
al movimento fascista e per ricostituire il blocco di interessi del periodo giolittiano
La carta era quella di favorire un'apertura alla
penetrazione commerciale italiana sul mercato sovietico che consentisse di alleviare il
blocco delle esportazioni ma anche di alimentare canali di rifornimento di materie prime
svincolati dal monopolio dell'Inghilterra e degli Stati Uniti.
In complesso, una grossa rappresentanza
degli interessi del settore meccanico, della navigazione, tessile e chimico dellItalia
settentrionale aveva raccolto linvito. Mai come in quel momento era parsa
consistente la prospettiva di una convergenza reciproca fra industriali e sindacati. Ma
questa politica aveva degli antefatti: i riformisti avevano puntato le loro carte su
Agnelli come l'unico in grado di trascinare altri esponenti economici e di avere
l'appoggio di Giolitti e che soprattutto era andato inseguendo l'obiettivo di ripristinare
i rapporti commerciali con la Russia fin dal 1920 quando emissari della Fiat avevano
compiuti dei sondaggi con Krassin e altri agenti sovietici in Europa. «Per Buozzi Agnelli è la maggior forza che si potesse
avere con noi. È sicuramente il grande industriale lungimirante capace di procedere per
tre-quattro anni per raggiungere uno scopo. Anche se collocasse in Russia migliaia di
auto e camion senza un centesimo di
profitto, avrebbe convenienza ad alimentare l'industria. È un esportatore, unico a
vendere nel mondo, ad essere il più grande
fabbricante di macchine»[70]
Finita la fase ascendente dell'ondata
rivoluzionaria in Europa, il governo sovietico aveva espresso agli ambienti economici
occidentali la sua disponibilità per una ripresa delle esportazioni, secondo lo spirito
della Nep di recente inaugurata.
Morgari
all'arrivo nel marzo 1921 di una missione
commerciale russa conclusasi con la sottoscrizione di un trattato commerciale
provvisorio aveva ripreso le trattative per conto della Fiat e poi, con il presidente
del Consorzio operai metallurgici Colombino, era stato a Genova, a sondare il terreno
presso la delegazione sovietica alla Conferenza apertasi il 19 aprile.
Le forti riserve sollevate da destra e
l'intervento del ministro degli Esteri in Consiglio dei ministri erano valsi a rimettere
in discussione la ratifica del trattato con la Russia già sottoscritto a Genova il 24
maggio che comportava il riconoscimento dello stato sovietico cosicchè nellestate si era creato un vuoto politico,
sebbene i rapporti tra la società italiana e il mondo russo si fossero infittiti: lItalia
aveva risposto con grande slancio all«appello contro la fame» lanciato da Maksim
Gorkij per combattere gli effetti della terribile carestia che alla fine del 1921
aveva colpito molte regioni della Russia. Il partito socialista aveva costituito il
Comitato pro-Russia che allinizio del 1922 aveva inviato nel Mar Nero l«Amilcare
Cipriani», con un carico di viveri e di medicinali.
Paradossalmente
il rifiuto al riconoscimento della Russia finiva
per rivalutare la presenza di Morgari e dei suoi compagni nel Comitato perchè rimanevano
valide le prospettive di natura economica e
commerciale. Proprio su questa base il presidente della Fiat aveva ritenuto opportuno
mantenere in vita il Comitato
In queste condizioni però l'attività dei
rappresentanti socialisti era destinata a scadere in un'opera di pura e semplice
mediazione commerciale in un momento in cui era
mutato profondamente il clima del Paese e si
era andato chiarendo il carattere illusorio di prospettive di collaborazione fra
costituzionali e riformisti, cui non era servita nemmeno la scissione del partito
socialista.
Morgari nel corso dellestate aveva
intessuto una fitta rete di corrispondenza con industriali, cooperatori, autorità
governative, per far decollare un progetto di colonizzazione agricola che espose al primo congresso italo-orientale e
coloniale, che si tenne a Trieste dal 12 al 15 settembre 1922, gettando un ponte fra la
politica dei «grandi» e dei «piccoli» affari, invitando a considerare il commercio
italo-russo in funzione dellimportazione delle materie prime. Egli si riferì alla
Russia come allunico paese che potesse salvare lItalia dallisolamento e
dallaccerchiamento economico e si propose per andare in Russia come ambasciatore di
questa politica.
La sua perseveranza verrà premiata: alla fine
del 1922. Agnelli e l'industriale milanese Marinotti lo inviarono a Mosca, con lincarico di essere il loro osservatore commerciale; anche se
non era ciò che Morgari aveva desiderato, qualora la Fiat avesse deciso di impegnarsi
seriamente sul mercato russo si sarebbe trattato pur sempre di un contributo alla «lotta
contro il monopolio delle grandi potenze industriali».
Egisto
Pavirani, cooperatore e tecnico agrario socialista lo aveva seguito per studiare la
realizzazione di un progetto di colonizzazione italiana nella Russia meridionale. "Mussolini in persona si espresse favorevolmente allimpresa
col Baldini" scrisse Morgari[71]
a Pavirani prima che questi, insieme a un compagno comunista delegato dal PcdI si recasse
nella Russia meridionale per ispezionare la concessione.
In
sostanza, dileguatosi l'ottimismo iniziale circa un proficuo intervento in Russia di cooperative agricole socialiste, del lungo lavoro
portato avanti da Buozzi, D'Aragona e Turati, rimarrà in piedi semplicemente il
rapporto personale stabilito da Morgari con Agnelli, ma senza alcuna concreta rispondenza
alle volenterose aperture verso la grande industria per un rovesciamento dei suoi
orientamenti politici di fondo.
Le
sue valutazioni sul regime sovietico variarono nel corso deli anni: nellopuscolo Che cosa vogliono i socialisti unitari, pubblicato
nel 1923 condannò il regime
russo, ponendolo sullo stesso piano di quello fascista oggigiorno in Russia, grazie al terrore, dominano ancora i
comunisti ma di socialismo non c'è quasi più niente... Con la tattica della fretta non
si ottiene altro che di diffamare il socialismo »
Quando nel 1934, dopo il patto d'unità d'azione con
i comunisti, s'accenderà il dibattito sul pacifismo socialista, fu il primo a far sua
la parola d'ordine della difesa dell'URSS che, riteneva, per la sua stessa natura sociale
non potesse impegnarsi in guerre d'aggressione.
Nel 1936-37 soggiornò nell'URSS e in particolare in
Crimea nel periodo delle "grandi purghe" e di queste dette all'inizio
un'interpretazione filostaliniana, cosa che non impedirà che gli venissero confiscati al
momento del rientro in Francia[72]
i materiali di studio costituiti da note e appunti che, come sua consuetudine, egli
diligentemente compilava e che erano custoditi
in due valigie, per cui non ci restano documenti su questo soggiorno.
26. Nel movimento antifascista in Italia e in
Francia (1922-44)
Rieletto nel 1919 e nel 1921, pur avendo chiesto di
non essere più candidato, come segretario del gruppo parlamentare
prospetta i pericoli della situazione politica e chiede la revisione della linea di
condotta del Partito. Il 2 agosto 1921 con Bacci, Zannerini, Musatti per il Gruppo
Parlamentare e la Direzione del PSI, Baldesi, Galli, Caporali per la CgdL, firma il patto
di pacificazione con Mussolini, De Vecchi, Giuriati nello studio del presidente della
Camera De Nicola.
Nel dopoguerra la sua voce nei dibattiti interni del
partito risuona sempre meno: non interviene ai congressi di Roma (1918), Bologna (1919),
Livorno (1921), Milano (1921), Roma (1922), e nel corso di quest'ultimo vota la mozione
riformista aderendo al
Partito Socialista Unitario (PSU) di Turati, Treves, Matteotti come quasi tutta la
dirigenza piemontese del PSI con l'eccezione di Romita, Barberis, Amedeo e pochi altri.
Scrive nel 1923 l'opuscolo II Partito socialista
unitario per illustrarne i princìpi; durante le elezioni del 1924 raccoglie le
prove delle violenze fasciste e documenta i brogli e il terrore delle camicie nere nel
pamphlet La libertà di voto sotto il regime fascista. Fa parte con altri sei (Caldara, ecc.) della
Direzione del Partito Socialista dei
Lavoratori Italiani (PSLI) che sostituisce nel 1925 il PSU sciolto all'indomani
dell'attentato Zaniboni.
Nel 1926 ripara in Francia dove con
Baldini, Turati, Treves, Buozzi, Modigliani e altri fuorusciti collabora alla
ricostruzione dell'organizzazione che prende il nome di Partito socialista unitario del
lavoratori italiani (PSULI) e che in quel momento dispone di tre sezioni (Parigi, Tolosa e
Lione), mentre i massimalisti, più numerosi, ne
avevano sette. L'impegno maggiore è quello di fondarne altre nei più importanti centri
dell'emigrazione e di far uscire l'organo di stampa "Rinascita socialista",
come si desume dalla Circolare sull'organizzazione che Morgari stila in data 1. maggio
1927
Il PSULI pur avendo un numero di iscritti
inferiore a quello dei massimalisti, poteva contare su dirigenti di notorietà
internazionale e godeva dell'appoggio del partito francese (SFIO) e delle sovvenzioni
dell'Internazionale socialista (IOS). Inoltre erano in maggioranza riformisti i dirigenti
della ricostituita CgdL
Collabora al
«Corriere degli Italiani», fondato da "popolare" Luigi Donati, risiedendo presso la
redazione del giornale [73].
Il
"Corriere degli Italiani", sposando posizioni alquanto critiche
verso gli ambienti del fuoruscitismo offrì il fianco alla provocazione fascista,
ricevendo finanziamenti addirittura dall'Ambasciata italiana: è questo, della eccessiva
credulità, un aspetto della personalità del Morgari che si rivelò pericoloso in un
ambiente infiltrato di spie e provocatori
quale quello dell'emigrazione antifascista in Francia[74].
Fece parte del "Comitato per l'azione
in Italia" costituito nel 1928, e nel 1929 della "Commissione per la propaganda
in Italia", presiedute entrambe da De Ambris.
Nel 1930
al 21. Congresso (primo dell'esilio) tenuto a Parigi il 29-30 luglio, che è anche il
congresso della riunificazione con il partito massimalista (o meglio con l'ala giudata da
Nenni, mentre una parte con Angelica Balabanoff ne rimarrà fuori) è nominato segretario
amministrativo (segretario politico Ugo Coccia).[75]
Non risulta aver partecipato invece al 22.
Congresso, tenuto Marsiglia nell'aprile 1933. Con il 1933-34 la vita
politica europea subisce un'accelerazione cresente: in Germania arriva al potere Hitler e
viene inaugurata la politica dei fronti popolari. Per il partito socialista furono gli
anni dello scioglimento della Concentrazione e della nascita del Centro Interno, del patto
di unità d'azione con i comunisti e dell'impegno in Spagna.
Il
tradizionale pacifismo perde il carattere di intangibilità per diventare oggetto di
discussione: quando nel
1934, dopo il patto d'unità d'azione con i comunisti, si accenderà il dibattito sul
pacifismo socialista, è il primo a far sua la parola d'ordine della difesa dell'URSS che
riteneva per la sua stessa natura sociale non potesse impegnarsi in guerre d'aggressione e
propugna il «disfattismo rivoluzionario» da opporre ai regimi fascisti in caso di
guerra.
E' Morgari
a iniziare la discussione con due articoli sul
"Fattore
bellico nella politica dell'antifascismo"
pubblicati dal "Nuovo
Avanti! dellaprile
1938, cui rispose Modigliani richiamandosi
alla tradizionale
agitazione socialista, che con la
politica del non intervento di Leon
Blum strappa alla borghesia la bandiera del pacifismo integrale,
che in Francia è un fatto di
massa, con radici profonde nella grande guerra, nella «rivolta umana contro la
distruzione bestiale e la morte a comando
Ma e poi? chiede
Morgari, che non rinnega
il suo precedente pacifismo, ma ritiene antistorico
riproporre il cliché di un marxismo " unilaterale e semplicista", quando l'esperienza insegna che "talune
guerre hanno portato non reazione, ma libertà
(
) La stessa guerra mondiale del
1914-1918 partorì la rivoluzione d'Ottobre e
ben dieci repubbliche democratiche
Gli interrogativi
si affollano. E se la guerra scoppiasse mentre noi
stiamo svolgendo il nostro apostolato per la pace, cosa dovremmo
fare? Continuare la nostra missione, come se niente fosse, per
l'emancipazione del proletariato e rifiutare di allinearci al blocco antifascista? Ma se
questo malauguratamente perdesse la partita e
quindi di conseguenza il proletariato fosse inabissato nella dittatura
reazionaria per una o due generazioni? «Collaboriamo con le altre forze
progressive del mondo a scongiurare la nuova guerra europea, ma se è destino che si
produca, prepariamoci spiritualmente, tatticamente e organizzativamente a far si che
questo nuovo spaventoso delitto del fascismo si converta in una tomba per le camice nere,
brune, verdi e di ogni colore. Con tutti i mezzi, nessuno escluso!
Al 23. Congresso (terzo dell'esilio) svoltosi a Parigi dal 26 al 28
giugno 1937, un anno dopo la vittoria del Fronte Popolare, è delegato della Federazione
parigina. Nel corso del 1938 interviene in comizi "unitari": parla, con Emilio
Lussu per Giustizia e Libertà e Giuseppe Di Vittorio per il PCI, il 5 aprile a
Grenoble, e il 6, sempre con Lussu e con Giusppe Berti per il PCI, a Lione. Collabora al
periodico repubblicano "Problemi della rivoluzione italiana" [76]
Nell'estate
del 1939 il patto russo-tedesco mette in crisi lalleanza fra PSI e PCI e la
segreteria di Nenni che ne era stato fautore. In unassemblea convocata nella sala di
rue Meslay nellottobre 1939 prende la parola per chiedere le dimissioni di Nenni,
che viene sostituito da un Comitato composto da Morgari, Saragat e Tasca, con funzioni di segretari e di direttori del
giornale[77]
Morgari in due articoli del marzo 1940
pubblicati dal Nuovo Avanti! dichiara di non aver rimorsi per "aver
stretta la mano pentita" che Mosca offriva nel 1934 e per aver polemizzato con
Modigliani Tasca e Faravelli a difesa dell'unità
d'azione, perché quella politica corrispondeva alle esperienze e agli ideali
socialisti: difendere l'Urss, mantenere la pace,
impedire la fascistizzazione dell'Europa. Ma ora che Mosca con il "turpe
abbraccio" con Hitler non lascia più dubbi sulle sue intenzioni di scegliere la
guerra per bolscevizzare l'Europa, egli non ha remore
«a cancellare risolutamente Stalin ed i
suoi seguaci» dalle alleanze socialiste, innanzi tutto «"pregiudizialmente",
per un motivo di incompatibilità morale».La sua indignazione è al massimo. Definisce Stalin "truffatore"
e "giuda", chiama «il paese
di Stalin, non più Urss, come finora, ma
bensì Russia quanto allaspetto geografico e Stalinlandia quanto al regime politico
Fu
questa del marzo 1940 la sua ultima presa di posizione politica; il Comitato venne integrato da Buozzi e Faravelli e
quando i tedeschi entravano a Parigi, mentre gli altri membri si trasferivano nel Sud,
dove poi elaborarono le Tesi di Tolosa, si trovava ricoverato in un ospedale.
Verso la fine del 1940 allaggravarsi del male ottenne di ritornare a Torino, dove rivide amici e
parenti che avevano persuaso le autorità a concedergli di tornare e di potersi recare a
Sanremo, dove si spense nel novembre del 1944. in una modesta pensione.
L'11
novembre 1945 la salma venne trasferita a Torino, e presso la sede provinciale del PSIUP
fu commemorato dal socialista alessandrino Paolo De Michelis.
27. Conclusione
Spariva con lui una figura tipica del
socialismo italiano di fine secolo. Nutriva una fede positiva nell'uomo ed era convinto
che i proletari si sarebbero riscattati da soli. Riformista, non dimenticò mai
l'obiettivo ultimo, anzi in più occasioni lo additò ai compagni che indulgevano al ministerialismo ma, convinto che la
situazione non fosse matura per la rivoluzione, optò sempre per il quadro dei
miglioramenti che la classe lavoratrice può procurarsi oggi.
Con la svolta politica del 1901 intravvide la
possibilità di rafforzare l' alleanza con l'ala progressista e radicale della
borghesia, ma l'appoggio alle forze più rinnovatrici della borghesia non ebbe nulla in
comune con l'acquiescenza al ministerialismo e al trasformismo giolittiano.
Fu dopo il 1907 una figura isolata a livello
nazionale, lontano dal massimalismo vittorioso nel 1912, ma anche distinto dal riformismo
lombardo-emiliano per alcuni elementi di originalità, in primo luogo la particolare
sensibilità per i problemi del Mezzogiorno e l'insistenza con cui si battè per il
suffragio universale accanto a Gaetano Salvemini e a Giuseppe E. Modigliani, mentre
nella sezione torinese non si preoccupò di crearsi un seguito personale.
La Grande guerra lo rilanciò ma il dopoguerra, con i profondi mutamenti avvenuti
(rivoluzione russa, fascismo), lo vide appassionatamente partecipe ma ormai consegnato a
un ruolo di testimone di unaltra epoca,
autorevole ma sorpassato.
[12]
La
Stampa, 6.12.1899. Questo il bilancio, poco simpatizzante, dei caratteri del primo movimento socialista a Torino che
traccerà un trentennio dopo, Piero Gobetti:La
fisionomia del vecchio socialismo torinese fu data quasi essenzialmente dall'esistenza dell'Alleanza cooperativa, grande organismo
economico che si rivelò capace di sostenere la concorrenza del libero commercio
nel provvedere alle esigenze del consumo ma, in sede
politica, fu scuola di collaborazionismo e di spirito burocratico. Né alcuna corrente che
divenisse dominante nel partito ne potè prescindere, perché questa era la vera base finanziaria del partito nella sua azione locale.
Nofri, tecnico del cooperativismo, nel quale
potè anche trovare il suo canonicato; Casalini,
il missionario dell'igiene, il medico dei poveri, che lavorando nel suo
Comune esauriva tutti i suoi ideali filantropici; Morgari, l'apostolo popolare
nella lotta contro i soprusi e i privilegi, furono le figure eminenti e popolari nella psicologia rudimentale delle masse.
Il «marchese» Balsamo-Crivelli, il raffinato dell'erudiziene, il Pastonchi
degli studi storici, e il «professore» Zino Zini recarono al quadro i necessari
colori romantici,
con la loro adesione aristocratica e filosofica alla causa degli umili e degli oppressi.
[18] Morgari scrisse la prefazione al libro di
Francesco Berutti Le bande svizzere: episodio
tipico dei moti di maggio 1898, Arona, 1904. Così Umberto Levra smonta la
leggenda (Il colpo di stato della
borghesia", Milano, 1975): poco
più di duecento operai italiani abbandonano il lavoro e, grazie a collette improvvisate,
si dirigono senz'armi e senza bagagli in treno alla volta del Sempione. Prima del confine
intervengono però le autorità cantonali, dirottano il treno su un binario morto,
arrestano gran parte dei componenti della banda rimasti senza cibo e senz'acqua, li
ammassano in un campo di concentramento improvvisato e li caricano poi su un treno
speciale, dai cui finestrini spuntano malinconiche le bandiere rosse dei rivoltosi e li
trasferiscono sotto scorta fino a Chiasso dove li consegnano a una compagnia di
bersaglieri, tra le vivaci proteste di gran parte dell'opinione pubblica svizzera colpita
dalla procedura indegna delle tradizioni liberali elvetiche (
) AI Sempione poche
decine di italiani sfuggono all'arresto in territorio svizzero, disperdendosi sui monti;
la maggior parte di essi torna indietro e alcuni altri tentano di passare il confine a
piccoli gruppi (
) Tre sole guardie di finanza sono perciò sufficienti per
arrestare, senza incontrare resistenza, il 13, il 14 e il 15 maggio, ben 49
"rivoltosi," privi di armi e spossati dalla fatica (
) Gli arrestati, quasi tutti in età compresa
fra i 15 e i 30 anni e per lo più originari della provincia di Novara e, in subordine,
del Canavese, di Torino, di Milano e di Pavia, sono immediatamente
deferiti al tribunale militare di Milano con ordinanza del 19 maggio del tribunale di
Domodossola, il quale si preoccupa, da un Iato, di "legittimare completamente
l'operato della truppa" che ha arrestato i 49 individui e, dall'altro, di far
risaltare con evidenza Ia connessione fra i fatti criminosi di Milano e la formazione e
marcia delle bande In discorso; uno era lo scopo,
la rivoluzione sociale; identici i mezzi, la rivolta armata ai poteri dello Stato,
il saccheggio, la distruzione. Quindi è che qualunque è la denominazione giuridica a
darsi ai fatti attribuiti agli arrestati, e gli articoli del Codice da applicarsi, sembra
che tali fatti non possano non appartenere alla competenza dell'Autorità Militare di
Milano funzionante da Tribunale Militare di Guerra, tanto per il proseguimento
dell'istruttoria quanto pel giudizio. Il tribunale militare di Milano, incurante
delle testimonianze oculari di uomini d'ordine elvetici e italiani, si atterrà alla
versione delle bande armate, coinvolgendovi
anche il Rondani e il Vergnanini e gli altri principali esponenti socialisti e
repubblicani rifugiati a Lugano
[19] La stessa
validità giuridica del decreto del 22 giugno era in questione: la Corte dei conti l'aveva
registrato con riserva in quanto ledente l'assoluta competenza del potere legislativo,
mentre sulla sua legittimità era stata chiamata a pronunciarsi in maniera definitiva, la
prima sezione penale della Cassazione di Roma che il 20 febbraio 1900 emise una sentenza
che dichiarava l'illegittimità del decreto non essendo stato approvato
[30]
G.B.Furiozzi, Francesco Paoloni e il socialismo integrale, 1892-1917,
Firenze, 1993
[34] l'Avanti!,
17 luglio 1908, "Possono
i
Socialisti cristiani
iscriversi al nostro partito?
riportata anche in A.Luciani Socialismo e
movimenti popolari in Europa, vol. 2,t.2, Venezia, 1985" «On. Morgari,
Ella gentilmente c'invita nell'Avanti! di alcune sere fa ad esporre le idee che hanno
condotto noi e numerosi nostri amici democratici cristiani, aderenti alla Lega democratica
nazionale, a fare una professione di fede socialista; e il suo invito è cosi cortese, ed
è un indizio cosi indubbio di una serenità che molti si ostinano a non vedere fra i
socialisti, che noi non possiamo sottrarci a quest'atto di "coraggiosa
sincerità", come Ella lo chiama. Ella sa, onorevole Morgari, come un nostro ordine
del giorno sull'indirizzo sociale che avrebbe dovuto assumere la Lega democratica
nazionale nel prossimo Congresso, ordine del giorno esplicitamente socialista, abbia
diviso in due frazioni la sezione romana della Lega stessa. Dall'una parte la nostra
corrente; dall'altra quella dei democratici-cristiani vecchio stile, la quale crede
conformemente all'antico programma sociale-cristiano di rimediare alle ingiustizie della
società attuale cercando soltanto di infonderle un nuovo spirito morale, e ritoccandone
alquanto le istituzioni, ma mantenendole nella loro struttura fondamentale..(...).La
nostra adesione al socialismo, on. Morgari, ha radice nelle nostre convinzioni religiose.
La religione per noi non è una credenza intellettuale in certi principi astratti
od un cerimoniale, cioè un insieme di pratiche cristallizzate, come la predicano e la
sentono i seguaci della tradizione. La religione
è
anzitutto e soprattutto un atteggiamento pratico e vitale di fronte al problema
dell'essere e della vita: è l'atteggiamento dell'uomo che sente la propria insufficienza
individuale, e cerca di completare ed integrare la propria esistenza entrando in comunione
di vita con una potenza superiore, di cui egli sente essere una parte. La vita religiosa
è una vita di effusione, di allargamento per cui all'uomo vecchio fatto di egoismo
sottentra l'uomo nuovo assetato di amore e di giustizia. Nulla quindi di più contrario
alla religione dello spirito individualista, sia esso morale od economico, per cui l'uomo
considera se stesso come centro e fine delle proprie azioni e subordina gli altri ai
propri desideri. Duto questo concetto della vita religiosa, per cui essa non viene
concepita come una forma particolare di vita contrapposta a quella morale, economica,
ecc., ma come un orientamento di tutta la vita, era naturale che noi dalle dispute
filosoicho e teologiche, scendessimo alla considerazione dei problemi sociali. E di
fronte alla società presente, che della conquista della ricchezza fa una guerra atroce
fra uomo e uomo, e crea un dualismo gravido di lotte e di odii tra capitale e lavoro, fra
produttore e consumatore, noi ci siamo domandati: corrisponde questa società al nostro
ideale religioso? Perché il principio cristiano della solidarietà e della cooperazione
deve rimanere un principio morale astratto e non può, incarnandosi in una società,
divenire la legge della produzione e dello scamblio? Perché mai questa vita a doppia
partita? Ed allora noi abbiamo profondamente sentito la bontà dell'ideale socialista;
noi abbiamo sentito che oggi il socialismo non rappresenta soltanto un esercito di
sfruttati, spinti dall'insofferenza del giogo padronale verso la conquista di
un'esistenza migliore, ma rappresenta l'umanità nelle sue più nobili aspirazioni di
giustizia e di solidarietà, aspirazioni che il proletariato ha l'alta missione storica
di realizzare....Sulle labbra di Cristo suonarono i più forti accenti di speranza che mai
abbia udito l'umanità, e il Cristianesimo sorse come una grande speranza nell'avvento
di un regno che non era già quello dell'oltretomba, ma un regno terreno di giustizia e di
amore, Solo durante i secoli da speranza sociale che esso era, divenne speranza
individuale, una partita personale fra l'uomo e Dio. Ma il nostro cristianesimo non solo
ci ha convinti della bontà e della verità delle aspirazioni socialistiche, ma ci dà
pure la speranza e la fiducia ch'esse possano pienamente trionfare. Se il socialismo per
attuarsi richiede una forte trasformazione psicologica dell'individuo, una trasformazione
delle tendenze egoistiche e particolariste in tendenze altruistiche, chi meglio di noi che
abbiamo cosi profonda fiducia nell'energia creatrice dello spirito umano e siamo gli umili
ma consapevoli rappresentanti di una religione che fu detta di liberazione, appunto
perché ammette le ampie possibilità di trasformazioni e di adattamenti dell'uomo, chi
meglio di noi potrà avere fede e speranza nel divenire della società socialista? Del
resto la storia costituisce una luminosa riprova della verità della nostra convinzione:
tutte le volte che il cristianesimo è stato profondamente vissuto e sentito, esso non
si è rivelato soltanto come movimento religioso, ma come movimento sociale.(...). Se
quelle idealità cristiano-comunistiche non si realizzarono, si deve più tosto al fatto
che i rappresentanti di esse non seppero accoppiare all'alta visione ideale quello spirito
critico e quel senso realistico della vita politica e sociale che è carattere proprio del
socialismo attuale. Anche l'Avanti! on.
Morgari, accennava recentemente in una corrispondenza americana ad un grande movimento del
clero umericano verso il partito socialista, al quale avevano aderito vescovi e sacerdoti
numerosi; il Congresso pan-anglicano, teautosi in questi giorni a Londra, ha dimostrato
quale formidabile corrente in favore del socialismo vi sia nel clero anglicano; parecchi clergymen hanno fatto delle dichiarazioni
socialiste nel più largo senso della parola, tra applausi fragorosi dell'assemblea: in
Francia e nel Belgio, Jaurès e Vandervelde, tra i socialisti, hanno mostrato di capire
tutto il vantaggio che alla causa socialista potrebbe venire dal rinnovamento del
cristianesimo; in Inghilterra i socialisti hanno inaugurato delle cosi dette Chiese di lavoro ...Noi sentiamo le difficoltà
che in Italia si oppongono ad un movimento simile, ma nutriamo profonda speranza che
progressivamente si possa attuare un'intesa fra le persone sinceramente cristiane e la
democrazia socialista. E concludiamo, onorevole Morgari, con una domanda :a chi professa i
nostri ideali sono aperte oggi le file del Partito socialista? »
[39]«Esaminata
situazione, ritengo che ove Governo pensasse prendere occasione avvenimenti Andria per
iniziare
radicale opera rigenerazione Mezzogiorno, dovrebbe sciogliere amministrazione comunale
Andria, aprire processo per associazione a delinquere che non arrestisi davanti
eventuali responsabilità dominatori comune e deputato Bolognese: sottrarre istruttoria
giudice Macchia da tempo, per varie prove, legato ai responsabili dei fatti, ricercare
probabili conniventi vari funzionari, specie delegato Damiani e sottoprefetto, e loro
eventuale destituzione; incriminare
carabinieri e soldati, che invece di limitare il fuoco contro autori vari spari che non
causarono scalfittura alcuna militi, spararono su quanti curiosi fuggenti transitavano via
Carmino, ingigantendo conflitto; sciogliere corpo guardie notturne e campestri in cui
attendono pregiudicati; disperdere con mezzi legge aggruppamenti malavita andriese, che
acquiescente polizia costituisce braccio esecutivo dominatori comune e deputato collegio;
sussidiare famiglie morti e feriti. Qualora anche questa volta Governo, traverso sua
inchiesta istruttoria eludesse obbligo porre fine malavita locale, inciterò 9000
contadini leghe, più volte vittime violenza suddetta malavita dispederla direttamente
violenza».
[40] Questo il testo
integrale: "Non
posso adempiere ad un incarico senza passione, senza fede. Orbene io mi sono andato
accotgendoche la maggioranza del gruppo ha bisogno di un segretario abile Un uomo di cararattere, che resta un socialista
è ormai di impaccio alla maggioranza suddetta, fattasi delifinitivamente incapace di
tenere alla Camera l'atteggiamento e il linguaggio che a socialisti convengono. E non alludo
con ciò all' appoggio che si è dato e che si continuera a dare al
Ministero Luzzatti. AI
contrario io penso che si potrebbe appoggiare un gabinetto per molto meno quando però il
Gruppo mantenesse ad un tempo quella fìerezza politica e ripetesse quelle affermazioni
promgrammatiche con cui soltanto - nel contatto con uomini d' altri partiti, specie se
cinici e bacati in larga parte -- si può impedire che I'involuzione delle dottrine,
l'addomesticamento progressivo, l'arrivismo
Io
scetticismo penetrino in noi e nelle masse che ci guardano operare. A più riprese,
ma invano, tentai galvanizzare la spenta fede nell'animo di molti colleghi...e d'altro
canto mi domando se a un segretario compete questa funzione di mentore o se non piuttosto
ha l'obbligo di seguire !' indirizzo della maggionza od altrimenti di andarsene. lo me ne
vado, ormai ritengo che non convenga applicarsi a irrobustire le enerie fattive e il prestigio politico del Gruppo che
spenderà poi questi valori in modo che io ritengo deleterio: intendo dire in un non
lontano m inisterialismo coi giolittiani anche più sporchi, ciò toglierà a! gruppo la
rispettabilità morale nel preparare con sapiente lentezza e non nella forma fanciullesca del Ferri, la partecipaz.ione dei socialisti al
governo; e nel tagliare un dopo l'altro i ponti col passato, accentuando per gradi il
proprio rinsavimento dalle utopie» originarie, vuoi col fare su di esse il silenzio
sistematico, vuoi col retrocedere a volgarità di monarchici nazionalisti e militaristi
selihene di scartamento ridotto, vuoi col porre a riposo l'ultima caratteristica di un
partito che voglia conservarsi il carattere di sovversivo sul terreno sociale, dico la
lotta di classe, per limitarsi a domandare in tono melenso amichevolmente le riforme alla
benigna condiscendenza delle classi dirigenti e del governo
[48] La Stampa, 27 settembre
1914. La lettera è stata riprodotta in C. Battisti: Scritti politici e sociali, Firenze, 1966, p. 470-476.
. In essa Battisti in risposta all'affermazione dell'indifferenza delle masse operaie
italiane d'Austria per l'irredentismo sottolineava lo stato d'oppressione in cui
l'Austria-Ungheria teneva le sue nazionalità, il che ne avrebbe sicuramente determinato
lo sfacelo a seguito della guerra, il gravissimo malessere, materiale e morale del Trentino, e il fatto che gli italiani d'Austria
già versavano il loro sangue sui campi di battaglia per una causa che detestavano, e
scriveva: «Invano io ho cercato sino ad ora sulI'Avanti!
" e negli altri periodici socialisti le ragioni pratiche, tangibili della neutralità
adatta a persuadere anche chi non ha dimestichezza con Engels e con Marx. Vi ho trovate
lunghe disquisizioni filosofiche sulla collaborazione e sulla lotta di classe,
disquisizioni che mi hanno fatto l'effetto di un predicozzo sulle cause della miseria a
chi, avendo fame, chiede pane e lavoro».
[49] Atti
parlamentari, Camera del
deputati, tornata del 1. luglio 1916. Il collega è il repubblicano Eugenio Chiesa
[50]
«
[...]
non parlo dal
punto di vista socialista dottrinale, il quale contiene una verità profonda, ma
unilaterale. La interpretazione
materialista della storia spiega sempre ad un modo 11 fenomeno della guerra. Per essa
la guerra è sempre il portato degli interessi economici delle classi dirigenti. Ogni
guerra altro non è che una bassa e criminosa manovra del capitalismo. Vi è del vero in
questa tesi, ma non vi è tutta la verità
».
[51] A. Balabanoff: Ricordi
di una socialista, Roma,
1946, p. 104 «Tutto ad un tratto dallo scanno
occupato dalla delegazione italiana, si sentì un " non posso votare ". Era il
delegato italiano Morgari, che già all'esordio della lettura del manifesto aveva fatto
segni di diniego.
[52] Così l'Avanti!
del 23 luglio 1917:"Nel marzo de1 1916 a Berna l'on. Morgari conobbe per il tramite
del vecchio internazionalista Enrico
Bignami
il segretario del pacifista Enrico Ford ......Ford è un uomo speciale, entusiasta,
ingenuo, che in un convegno con Wilson aveva dichiarato di
essere disposto a dare tutto il suo patrimonio (750 milioni) per abbreviare d'un giorno la guerra. Aveva qualificato la
guerra degli Stati Uniti contro il Messico come
un episodio di pirateria capitalistica,
usando, inconsapevomente, un linguggio quasi marxista. Invitato da una pacifista
ungherese, si decide a fare una spedizione in
Europa per
determinare una pressione dei neutri per por fine alla guerra. Morgari pensa che
sarà possibile dare un contenuto concreto a questa attività ideologica e sterile di per
sé . Zimmerwald
disponendo di sole tremila
lire ha fatto un lavoro enorme: cosa potrebbe fare se disponesse di maggiori mezzi?
......Egli voleva proporre a Ford di assegnare 50 milioni per fare attraverso 10
quotidiani opera antibellica, per rafforzare le minoranze antiguerraiole, per spezzare
l'anello di ferro che le polizie e le censure aveva stretto attorno a Zimmerwald...."
[55]
Morgari
scrisse un opuscolo: "La più internazionale delle internazionali "
pubblicato
nel 1915, apparso a puntate anche sull'Avanti! del 19-20-21-22-24-26 agosto. A
proposito della «questione esperantista», che polemiche abbastanza vivaci suscitò in
campo socialista
sembra opportuno sottolineare
la posizione di Gramsci, decisamente avversa alla diffusione di una lingua unica
internazionale come mezzo per facilitare i rapporti intemazionali e far comunicare gli
operai dei diversi paesi.
«Le
spinte linguistiche avvengono solo dal basso in alto; i libri poco influiscono sul cambiamenti
delle parlate: i libri fanno opera di regolarizzazione, di conservazione delle forme linguistiche
più diffuse e più antiche». Di conseguenza i socialisti dovevano
opporsi ai sostenitori dell'esperanto, preoccupandosi
soltanto
dell'«avvento
del collettivismo e
dell'Internazionale» i quali soltanto avrebbero potuto portare a un «conguagliamento
delle lingue ario-europee».
[56]Questo
il resto della lettera«Mi trovo
'imbottigliato' in Olanda. Quale italiano non posso traversare la Germania. Quale
zimmerwaldiano e pacifista, non l'Inghilterra e la Francia. Una pratica avviata da
questo nostro R° Ministro con i due ambasciatori dell'Aja attraverso Sonnino non ha dato
ancora alcun frutto decisivo. Avrei potuto rimpatriare facendo un giro lungo, per la
Spagna o... per New York ma dal 1° febbraio, cioè dall'inizio della guerra sottomarina
rinforzata, nessun piroscafo per passeggeri è più partito dall'Olanda. La Germania
pretende che non tocchino l'Inghilterra, questa pretende di visitarli in un porto
inglese e le negoziazioni durano da due mesi, né se ne vede la fine. Resta
libero per modo di dire un ' canale ' che dall'Olanda, teoricamente,
conduce in Scandinavia: largo 20 miglia, con campo di mine inglese a destra e tedesco a
sinistra, qualche cannonata per sbaglio e sottomarini tedeschi di guardia che, se visitano
la nave che mi porta ... mi portano prigioniero in Germania.Non è tutto. Occorre essere
accettato a bordo, e di regola i cittadini dei paesi belligeranti sono respinti. Ma
supponiamo che io sia riuscito a sbarcare in Scandinavia. Mi si permetterà l'ingresso in
Russia? Il governo provvisorio è ... interventista quanto l'inglese e il francese. Non
si esigerà come di regola un visto italiano precedente? E questo mi sarà concesso? Vero
è che io mi recherei laggiù tuttaltro che per consigliare una pace separata. Mai la
chiedemmo in Italia. Noi vogliamo la pace tutta, non un miserabile ritirarsi d'uno dei
combattenti che, tradendo gli alleati, mette al sicuro la pancia. Ma chi sa queste
cose? Noi tutti passiamo per germanofili, quando non per venduti. (Aggiungi che una pace
separata russo-tedesca porterebbe a questo, che gli Imperi Centrali, vittoriosi,
accetterebbero più tardi l'invito che la borghesia russa loro farebbe di accorrere a
salvarla dalla marea socialista. Ne conseguirebbe lo schiacciamento dei nostri, la
sostituzione della repubblica con un nuovo tzarismo moderatamente costituzionale e una
nuova Santa Alleanza, a parte poi il trionfo del militarismo e dell'imperialismo nelle
loro forme più brute). In breve io raccomanderei di riprendere la proposta Wilson senza
cessar di combattere.Tornando a noi tenterò questo viaggio (...)»
[58]A nome della
sezione socialista torinese, in una lettera datata Torino 29 dicembre 1917
[59]Mi nominaste
segretario del partito
neIlo scorso febbraio
per plausibili motivi: 1.Motivi
tecnici: occorreva sostituire il posto lasciato vacante da Lazzari con persona
sperimentata, ed io ero in quanto segretario del gruppo Parlamentare da anni e come tale
membro deIla direzione de! Partito pure da anni; 2.Motivi politici, perche la situazione
faceva credere che una sola forma dazione fosse rimasta al partito, quella
parlamentare, cosicché appariva utile che i due segretariati fossero, fin quando quella
situazione durava, riuniti nella stessa persona, ugualmente affiatata con i due gruppi, a
loro volta in quellepoca sufficientemente daccordo nellunico programma
di far fronte alla guerra e alla reazione. Lunicità del segretariato
permetteva alla Direzione di trasmettere ne! Gruppo, più direttamente ed efficacemente il
proprio consiglio di energica tenace ed intransigente battaglia . 3. Motivi di
sicurezza, perché la minaccia di scioglimento e di arresto ne! partito e nella direzione
suggerìvano l'espediente di garantire la continuazione di vita di quegli organismi con
l'usbergo della medaglia parlamentare, eleggendo a segretario un deputato e immillando un
comitato di novi; deputati il prendere le redini del partito nel caso che la direzione
fosse arrestata. Senonché i rapporti tra il
gruppo e la Direzione dopo d'allora mutarono,
la mia posizione di segretario unico divenne difficile e discutibile, specie a proposito
di due vertenze: quella per la partecipazionone alle Commissioni governative pel dopo
guerra e quella per una tattica parlamentare per volgere verso la pace nella qua!e io
stesso non mi trovai d'accordo con la direzione.
Come potevo continuare ad essere il portavoce
della direzione nel gruppo o anche solo
il trait-d'union, ugualmente
dai due lati benvisto, se in
queste questioni di capitale imporitanza parteggiavo per
il gruppo direzionale? Avrei dovuto
già allora dimettermi da segretario, ma me ne distolsero varie ragioni: l'imminenza del
congresso, l'arresto di Serrati, e quello probabile di Bombacci. La neutraità dei rapporti personali il
timore che
a molti le
mie dimissioni apparissero come un
ritirarsi da una
carica pericolosa, l'inizio
di un preoccupante sessionamento, la
coscienza di contribuire
ad attutire i contrasti in
un periodo in cui tutti auspicano che il partito
resti uno». Dichiarato che
la situazione era tale da dimostrare l'impossibiltà di un
segretario unico, proseguì: "mi era
parso da principio che lasci voi in un conflitto nel quale sono d'accordo con voi e non
col gruppo, ma già nella mia prima lettera ho spiegato che non mi sarei sentito l'animo
di sostenere il pensiero della direzione fino a scindere il gruppo e dimettermi anche da suo segretario se il voto non
fosse stato quello che fu. Se prima non mi fossi liberato dal sospelto che su tanto mio
attaccamento alla direzione influisse lo stipendio e il bisogno di assicurarmi le spalle
nel collegio... In altro parole sono venute a cessare le condizioni che resero
possibile la mia nomina nello scorso febbraio. Anche
il pericolo è
cessato, non per
le singole persone
ma per gli eventi. Resta la
difficoltà di sostituirmi
nel posto, ma si può
risolvere. In primo luogo io mi sento inferiore al duplice mandato per esaurimento,
stanchezza, abitila irrimediabili, ormai lo vedo. Inoltre Bombacci ha dato prova di
possedere tutte le doti di esperienza ingegno e carattere necessarie per degnamente tenere
le redini di un partito di proletari. Si
risparmierebbo spesa e si otterrebbe maggiore e più snella produzione affiancando il
Bombacci con un giovane socialista intelligente e svelto, messo a sua disposizione... Se
poi Bombacci fosse arrestato la Direzione esaminerebbe la nuova situazione nata»
[60]In
alcuni suoi appunti scrisse al riguardo: "Questa
commissione fu costituita per principale spinta dello scrivente... pensando che ciò
avrebbe altresì preparato le basi di quel congresso zimmerwaldiano che era desiderato
dalla direziono del P.S.I., considerato che la censura dell'Intesa era riuscita ad
innalzare una insuperabile muraglia cinese fra l'Europa occidentale (Italia, Francia.
Inghilterra. Spaglia, Portogallo')e il rimanente d'Europa (Imperi Centrali, Russia,
Svizzera, Balcani, Scandinavia) muraglia che
durerà
ancora a lungo per impedire il progresso del bolscevismo dall'Est d'Europa all'Ovest; (che
per tale fatto la Commissiono Socialista Internazionale (zimmervaldiana') di Stoccolma era
e rimane praticamente inesistente nei riguardi dell'Europa occidentale e dell'America, che
quanto a questi paesi, non si poteva affatto utilizzare il Comitato Esecutivo sorto dalla
Conferenza interalleata di Londra, interventista o socialpatriotta, o che neppure si
poteva utilizzare il Bureau Socialiste International dell'antica Internazionale avente per
segretario Huysmans, le cui funzioni rispettose degli statuti e di tutte lo correnti elusi
agitano nel socialismo mondiale non potevano essere che neutrali o limitate a convocare
imparzialmente i diversi partiti appena il Congresso Internazionale sarà possibile, che
dunque per l' Europa occidentale e per l'America era necessario creare un centro d'informazione e di azione a
disposizione delle correnti di sinistra (internazionalisti, intransigenti, zimmervaldiani) nei suddetti
paesi. Per
i motivi su esposti, dopo riunioni preparatorie tenute nei giorni 11-12 e 13 ottobre tra
Io scrivenite, Kemerer e 3-4 francesi e serbi, il 14 ottobre la Commissione veniva
costituita in un'adunanza negli uffici del Populair.
Criteri: Attivita modesta
ma immediatamente iniziata. La Commissione sara composta di personalità e non di delegati
ufficiali per risparmiare tempo ma sopratutto per non mettere nell'imbarazzo certi partiti
(ad es. Il francese, nonostante la recente vittoria dei minoritari ). Si chiederanno successivamente le ratifiche dei diversi
partiti. Roma 8 gennaio 1919.
[63]
«Fra Vienna e Budapest. La rivoluzione ungherese
resiste», Avanti!, 20 maggio 1919.
[65] G.Romanelli,NellUngheria
di Bela Kun e durante loccupazione militare romena. Udine, 1964, p.
69-73.; nuova edizione dell'Ufficio Storico Militare, Roma,
2002
[66]Pezzi di colore
ricavati da appunti scritti nel mese di maggio furono pubblicati dallAvanti il 4,5,10,15
agosto. Dal 10 giugno al 15
agosto coprono gli appunti
autografi delDiario
ungherese, in ACS,
Mostra Rivoluzione Fascista, b. 130; Alcuni
estratti in G.
Calciano, Appunti e documenti sullattività internazionale di Oddino
Morgari in
Rivista storica del socialismo, 1967, n. 32
[67]Cfr. il
resoconto del comizio tenuto alla Casa del popolo nell'«Avanti!» edizione torinese, 19 novembre
1919, Morgari parla in Borgo Vittoria
[68] Il
deputato socialista Osvaldo Maffioli si trovava in Ungheria allo scoppio della
rivoluzione. Nel giugno aveva avuto un
colloquio con Kun, cui non aveva risparmiato riserve sull'esperimento di dittatura del
proletariato realizzato in Ungheria. Il colloquio fu pubblicato con grande rilievo sul «Secolo» del 22 giugno, a firma del giornalista
Luciano Magrini, al quale Maffioli aveva fatto delle confidenze. La pubblicità data da
tutta la stampa provocò le ire disciplinari dell'«Avanti!»,
alle quali Maffioli replicò il 27 luglio invocando il giudizio della sezione milanese e
rinunciando alle cariche che ricopriva. Morgari era presente al colloquio
[69] Avanti!, 24 dicembre 1919, Gli
insegnamenti di una rivoluzione.
[73]Così lo ricorderà Marzo (G.B.Canepa), in
Le cronache di una vita, Genova,
1983, che, costretto ad espatriare, era stato indirizzato a
Morgari: abitava con la moglie, la Sofia, in
una specie di « dépendance » del giornale: un ammezzato composto di una
cucina-soggiorno, e una camera da letto attigua a un bugigattolo ricavato dal sottoscala
che serviva da ripostiglio. Mi accolse con grande affabilità
..Non solo, ma quando
gli dissi ch'ero stato espulso dalla Francia e
dunque che sarebbe stato imprudente alloggiare in albergo, propose di sistemarmi
in quel sottoscala, e io subito accettai, senza preoccuparmi degli inconvenienti che
avrebbero potuto verificarsi a causa della coabitazione in un ambiente tanto ristretto
..I
compiti che mi vennero assegnati erano fin troppo modesti: di buon mattino m'affrettavo
a compilare la rassegna stampa per i due direttori; quindi dovevo riordinare gli appunti
che Morgari aveva lasciato sul tavolo e ricopiarli per benino perché poi, al suo arrivo,
potesse più agevolmente correggerli e ampliarli. Questo lavoro di copiatura dovevo
ripeterlo più d'una volta, fino alla stesura finale dell'articolo: un lavoro manuale,
dunque, da semplice scrivano, ma lo facevo con grande scrupolo, pago della fiducia che
m'era stata accordata. Ed era una fiducia piena, perché quando Morgari doveva comunicare
agli altri membri della Concentrazione notizie o documenti riservati e importanti, a me
soltanto veniva affidato il compito di recapitarli. Mi si presentò così l'occasione di
intrattenermi con personaggi politici famosi: ad esempio con Gaetano Salvemini
..Nenni,
Modigliani, Claudio Treves... Più spesso però, e regolarmente, dovevo recarmi da
Francesco Saverio Nitti, che
.(
)..m'incuteva un rispetto pieno di deferenza.
Cosicché ogni qual volta sosteneva una
caduta del regime fascista, in conseguenza dell'inevitabile crisi economica che ben
presto avrebbe costretto Mussolini a dimettersi, mi guardavo bene dal sollevare dei
dubbi, ma l'ascoltavo come se fosse un oracolo. I dubbi li sollevava poi Morgari che,
quando gli riferivo quelle previsioni, si affrettava a smorzare il mio entusiasmo dicendo
che la caduta del fascismo basata esclusivamente su delle leggi economiche, era opinabile,
essendo le previsioni in tale materia il più delle volte destinate a restare un pio desiderio. Morgari era un uomo di indubbio buon
senso, e l'esperienza che feci nel periodo in cui rimasi al suo fianco contribuì non
poco a costituire il sustrato ideologico della mia futura vita politica. E' dal suo
insegnamento infatti che appresi a considerare l'anticlericalismo che mi animava, e
ch'era diffuso non solo nei repubblicani ma anche nei socialisti, un atteggiamento
destinato a ostacolare il conseguimento della pace
sociale; e così pure il settarismo che avevo riscontrato in tantissimi compagni quando ritenevano fascisti coloro che
militavano in altri partiti...Anche per questo suo insegnamento conservo il suo
ricordo con particolare riconoscenza e affetto.
[75] Questo il ricordo di Vera Modigliani che lo
frequentò negli anni 30, in Esili, Milano, 1946 Una grossa testa calva: appena una corona di capelli
ancora scuri gl'incorniciava il basso della nuca e discendeva sul collo forte. Aveva gli
occhi vivi sotto le sopracciglia folte, quando, raramente, li sollevava sull'interlocutore. Ma li teneva di preferenza abbassati, quasi a guardarsi dentro,
nell'anima, in quel lavorio d'introspezione, di autocritica ansiosa, che non lo
abbandonava mai e che faceva spesso di lui un esitante e talora un contraddittore di se
stesso. Ho visto a volte quegli occhi accendersi nell'ira e nello sdegno, ed allora
anche la voce, che era di solito piana, quasi sommessa, si levava in uno scatto, e le
parole si rincorrevano affannose. Ed anche, ma di rado, li ho visti illuminati da un
sorriso. Un grosso naso dava a quel viso, che avrebbe potuto sembrar severo, unimpronta
di bonarietà. Una barbetta breve, appena grigia, gli copriva il mento. Tutti i suoi atteggiamenti erano semplici, cortesi e
improntati a un. desiderio di non mettersi in mostra. Eppure non era modesto. Aveva
precisa in sé la nozione del proprio valore, e quel suo fare riservato, quasi ritroso,
era dovuto forse al desiderio di veder chiaro in se stesso, di districarsi nel numero
infinito dei «pro e contro». L'ho visto, per ore e ore, assistere ai dibattiti delle
riunioni, quasi mai partecipandovi attivamente, apparentemente impassibile, con un
immobilità di Budda, l'eterna pipa nell'angolo delle labbra, sempre cogli occhi
abbassati, prendendo instancabilmente, su ritagli di carta, appunti ed appunti. (Minuta
calligrafia di uomo che predilige il dettaglio
).
era un'anima mistica di un santo, ma un santo cosciente della propria santità
..
Da giovane doveva esser stato robusto e
tarchiato: conservava ancora un po' quella sagoma. Ma ora gli abiti vecchi e trasandati
gli si afflosciavano sul corpo dimagrito. Aveva quasi sempre al fianco la sua Sofia, più
giovane di lui, ma anzi tempo appassita. La trattava come una bambina di scarso
discernimento; lei, però, sentiva la grandezza morale del suo Oddino e gli tributava
un'assistenza se non sempre riposante, sempre devota e premurosa.
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