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Biografia

pallanimred.gif (323 byte) Francesco De Martino

Nasce il 31 maggio 1907 a Napoli. Al governo c'è Giolitti; il Psi sta per subire una delle sue tantissime scissioni (sono i sindacalisti rivoluzionari che lasciano il partito a luglio); Papa Pio X condanna il modernismo; a Milano, in uno scontro tra operai gasisti e crumiri, i carabinieri caricano lasciando sul terreno un lavoratore morto e altri sette feriti, e la CGdL stenta a evitare che si risponda con uno sciopero generale che farebbe precipitare pericolosamente la situazione.
Di famiglia borghese, De Martino entra in politica in età matura, durante la guerra, quando è già docente di storia del diritto romano. Aderisce al Partito d'Azione, in tempo per partecipare alla Resistenza. E come tanti altri azionisti (Emilio Lussu, Riccardo Lombardi, Vittorio Foa) aderisce al Psi dopo la fine del loro piccolo partito. Autonomista, Nenni lo vorrebbe suo vice subito dopo la morte di Rodolfo Morandi, nel 1955, ma alla fine gli viene preferito Sandro Pertini per la più lunga militanza antifascista. Nella segreteria entra nel 1957, dopo il congresso di Venezia che vede Nenni soccombere e riconquistare a fatica la guida del Psi con il compromesso di una segreteria collettiva con De Martino, Guido Mazzali, Lelio Basso e Tullio Vecchietti. Un compromesso che dura poco: nel gennaio 1959 Nenni riconquista il partito al congresso di Napoli, e De Martino diviene il suo vice.
Cominciano a cambiare gli equilibri politici nazionali, e De Martino resta il vice segretario del Psi
fino all'ingresso dei socialisti nel primo governo di centro-sinistra, con Nenni che assume l'incarico di vice presidente del Consiglio nel primo governo Moro (dicembre '63). De Martino assume la segreteria in una fase delicatissima nella vita del partito, e tocca a lui gestire la scissione della sinistra di Tullio Vecchietti, Dario Valori e Lelio Basso.
«Nenni pensò che quello fosse il prezzo da pagare per fare il centrosinistra», ha ricordato in un'intervista  al Corriere della Sera, non nascondendo un suo diverso atteggiamento. E quando si accorge che Nenni non intende far nulla per fermare Riccardo Lombardi, rompe gli indugi: «Feci di tutto per trattenerlo, e ci riuscii». Niente da fare invece per altri ex azionisti come lui e Lombardi: Foa e Lussu aderiscono allo Psiup. A De Martino tocca gestire anche la riunificazione Psi-Psdi del '66. Diviene cosegretario, assieme a Mario Tanassi, del Psu, il partito della «bicicletta», come venivano indicati i due simboli appaiati, che vorrebbe risanare la ferita di Palazzo Barberini. Nel '68 perde il congresso del Psu, e cede il posto a Mauro Ferri. Per lui comincia invece l'esperienza di governo: diventa vice presidente del Consiglio del primo governo Rumor, un incarico che ricoprirà altre due volte nei tre anni successivi. Già nel luglio del '69 una nuova scissione manda in frantumi il sogno della riunificazione socialista, e Ferri va con i socialdemocratici.
Ancora due anni e De Martino torna al vertice del Psi: viene nominato presidente del partito,
e con lui passa un documento che propone una «convergenza» con il Pci. A dicembre il Parlamento è chiamato a eleggere il nuovo presidente della Repubblica, e De Martino viene votato da tutta la sinistra. Alla fine dovrebbe spuntarla Aldo Moro, ma la situazione si ribalta nel giro di poche ore, ed è Giovanni Leone che alla fine, al ventiduesimo scrutinio, va al Quirinale. Meno di un anno dopo, con il 39/o congresso a Genova, De Martino torna ad essere il segretario del Psi. È eletto anche un ufficio di segreteria, e fra i nuovi vice c'è un giovane dirigente autonomista di Milano, Bettino Craxi. Nel 1973 De Martino riporta i socialisti al governo dopo la fase centrista del governo Andreotti-Malagodi e la sconfitta elettorale della sinistra del 1972, quando più di un milione di voti risultano inutilizzabili per la moltiplicazione delle liste. Sono anni convulsi. Da una parte si fanno riforme storiche, come l'introduzione in Italia del divorzio, dall'altra si è nel pieno di quel decennio di terrorismo che passerà alla storia come «gli anni di piombo». Nel '74 non passa il referendum abrogativo della legge per il divorzio; nel '75 la sinistra ottiene una strepitosa vittoria alle elezioni amministrative; nel 1976 lo spostamento a sinistra si conferma alle politiche.
Ma per il Psi il voto del 20 giugno è una debacle: il partito precipita sotto il 10 per cento. Meno di un mese dopo, all'Hotel Midas di Roma, i giovani colonnelli del Psi spingono De Martino alle dimissioni. Al suo posto viene eletto Bettino Craxi. Pochi mesi ancora, nell'aprile 1977, Francesco De Martino subisce il colpo più duro: viene rapito suo figlio Guido. Non si capisce chi ha compiuto il rapimento. Dopo dieci giorni il giovane De Martino viene rilasciato, ma questo episodio rappresenta comunque la definitiva uscita di scena del padre. Viene ricandidato al Senato nel 1983 con una lista unitaria Psi-Pci. E a cadenza regolare interviene per raccomandare sempre una cosa: la sinistra sia unita, ma si rinnovi. Nel 1991 viene nominato senatore a vita. Muore all'età di 95 anni, il 18 novembre del 2002.

(Ansa, 18 novembre 2002)

 

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