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Biografia

pallanimred.gif (323 byte) Luciano Bolis

a cura di Giovanna Giannini

Nacque a Milano nel 1918, apparteneva ad una famiglia della piccola borghesia che identificava il fascismo con l’essere bravi e buoni italiani. Il padre lo portava spesso con sé alle conferenze dell’Istituto fascista di cultura. Non ebbe quindi in famiglia nessuno stimolo antifascista, fu addirittura istruttore del sabato fascista con la divisa della milizia. La svolta della sua vita è legata all’esperienza universitaria a Pavia, fu in quegli ambienti che maturò politicamente e che lo spinsero alla cospirazione. Chiamato sotto le armi nel 1941, frequentò la scuola militare di alpinismo di Aosta passando poi come allievo ufficiale a Bassano del Grappa dove lo raggiunse l’ordine di arresto da parte del Tribunale Speciale per l’attività cospirativa degli anni precedenti. Questa sua attività consisteva soprattutto nella distribuzione di volantini e nella diffusione di opere vietate. I gruppi studenteschi milanesi e pavesi avevano inoltre preso contatti con Ugo La Malfa e Ferruccio Parri. Bolis considerò Parri un punto di riferimento etico-politico fondamentale della sua vita. Restò nel carcere di Castelfranco d’Emilia fino al 1943. Nel passaggio in altre carceri aveva avuto contatti con militanti del vecchio socialismo popolare. Uscito dal carcere e sapendo che i genitori erano sfollati a causa dei bombardamenti, non si recò a Milano ma rimase ospite di antifascisti locali, quindi non potè partecipare alla riunione del 28 agosto 1943 in casa Rollier, dove si svolse la fondazione del Movimento Federalista. Quando fu esule in Svizzera a Lugano e Zurigo, per sfuggire alle persecuzioni della Repubblica di Salò, instaurò i primi fondamentali rapporti con i promotori del Movimento, tra i quali c’erano Altiero Spinelli, Ernesto e Ada Rossi. Si trovava internato nel campo per rifugiati politici presso Zurigo quando conobbe Fernado Schiavetti che lo aiutò anche materialmente agevolandolo per l’uscita e passandogli lezioni private che servirono a farlo maturare politicamente. Schiavetti aveva fatto parte di " Giustizia e Libertà" a Parigi e parlò a Bolis di Carlo Rosselli. Come Schiavetti anche Bolis aderì al Partito d’Azione, fondato nel 1942, i cui esponenti principali come La Malfa e Parri egli già conosceva. Lavorò come rappresentante del Partito e del Movimento Federalista nella Svizzera tedesca, e si trovò a dover fare il maestro nei confronti di tutti quei giovani che in gran parte avevano espatriato per sottrarsi alla leva della Repubblica Sociale e che erano completamente sprovvisti di bagaglio politico. Ma Bolis desiderava rientrare in Italia e combattere nella Resistenza. L’occasione capitò quando Parri chiese il suo aiuto e lo mandò a combattere in Liguria. Dopo Pavia, Genova fu la città più importante nella vita di Bolis perché ad essa si legarono la stesura de " Il mio granello di sabbia", l’impegno politico come segretario regionale del Partito d’Azione, la fondazione e la direzione dell’Istituto Storico della Resistenza in Liguria. La situazione che trovò era difficile e disgregata ed egli lavorò come segretario regionale del Partito d’Azione e ispettore delle Brigate di "Giustizia e Libertà" sia in città, sia mantenendosi in contatto con le formazioni in montagna e con il centro di Milano. Fu fermato il 6 febbraio 1945 come sospetto dai fascisti genovesi e torturato in modo bestiale. Venne trasportato nel caserma delle Brigate Nere di via Monticelli. Appena arrivato gli venne dato il "marchio di fabbrica" che, consisteva in un morso all’orecchio dato però appoggiando le mani sulle spalle del torturato per avere la controspinta e dare maggior forza al morso. La sua cella era buia e piccola e lui, siamo in febbraio, vi venne rinchiuso seminudo. Lo lasciarono senza cibo e senza acqua per 2 giorni. Nonostante ciò Bolis non si perse mai d’animo, anzi imparò a distendere le articolazioni durante i pestaggi per smorzare i colpi e attutire il dolore e a simulare svenimenti che gli garantivano un po’ di tregua, perché i suoi aguzzini non si divertivano a percuoterlo quando vedevano che non soffriva. Oltre ai pestaggi veniva sottoposto alle cosiddette "torture scientifiche". Consistevano nel legarlo, torso nudo, a cavalcioni su una sedia, dopodichè venivano frustato con scudisci di varia forma: alcuni avevano delle striscioline intrecciate di cuoio con dei pallini di metallo in fondo ad ogni strisciolina, il più doloroso era formato da anelli di metallo uno dentro l’altro. Neanche con le frustate riuscirono a farlo parlare così tentarono con un’altra strada. Lo fecero sedere sulla sedia e mentre qualcuno gli reggeva la testa indietro, gli introdussero nella gola uno straccio imbevuto con chissà quale sostanza e contemporaneamente gli versavano dell’acqua direttamente nel naso. Niente, da lui non ebbero un nome, un indizio, nulla. Le torture continuarono per giorni e pur di tacere Bolis si tagliò le vene dei polsi e la carotide. Fu casualmente soccorso da un secondino e trasferito all’ospedale con l’unico scopo di strappargli anche in quelle condizioni i nomi dei suoi compagni di lotta. Qui conobbe colei che sarebbe diventata la sua compagna, Ines, un’infermiera che intuì la situazione e divenne collaboratrice dei partigiani genovesi che organizzarono la sua evasione. Dal 18 aprile 1945 al febbraio 1946 Bolis fu tagliato fuori dalla vita politica, giacché le condizioni di salute precarie, la mancanza assoluta di voce rendevano impossibile ogni vita di relazione. In quelle condizioni, comunque, pensò che fosse doverosa la sua testimonianza e scrisse di getto la sua esperienza ne "Il mio granello di sabbia". Bolis ha sempre sentito questo bisogno di testimoniare i valori e gli ideali della Resistenza con l’azione e anche con lo scritto che lui concepiva come una diversa forma dell’operare. Viveva tra Genova e Milano, seguendo attentamente le vicende di quell’anno tumultuoso che vide la liberazione e il governo Parri, recandosi spesso presso la redazione di Milano del giornale "L’Italia libera" diretta da Schiavetti. Il racconto della sua esperienza lo fece diventare un mito, una sorta di martire vivente. Al Congresso dei Partiti d’Azione del febbraio 1946 Parri, nel ricordare i caduti, i martiri e i combattenti eroici fece anche il nome di Bolis. Nella primavera del 1947 Giorgio Vaccarino, esponente di spicco della Resistenza piemontese, si recò a Genova per incontrare Luciano Bolis, diventato ormai Segretario regionale del Partito d’Azione e contemporaneamente depositario degli atti e dei documenti del CLN regionale. Scopo dell’incontro era di comunicargli la decisione presa a Torino da tutti i membri dei partiti del CLN, di creare un Istituto storico della Resistenza con il fine di raccogliere e ordinare la documentazione relativa al periodo della lotta di liberazione, sottraendola così al rischio della dispersione. L’idea entusiasmò Bolis anche perché così avrebbe avuto la possibilità di sistemare quei documenti che lui custodiva. Ai primi di settembre del 1947 indirizzò ai sei partiti del CLN regionale ( azionista, liberale, socialista, comunista, democratico cristiano, repubblicano ) l’invito a partecipare con i propri rappresentanti ad una riunione nella quale prendere una decisione analoga a quella piemontese. La riunione ebbe luogo esattamente l’8 settembre 1947 e fu approvata all’unanimità la proposta di costituire quello che poi venne denominato "Istituto storico della Resistenza in Liguria". In una successiva riunione fu deciso di prendere accordi con l’Archivio di Stato per il deposito presso di esso degli atti e dei documenti del CLN regionale e lo stesso Bolis venne nominato direttore dell’istituto genovese, carica che lasciò nel 1953 per ricoprire incarichi relativi al suo impegno federalista europeo. Nel 1964 divenne infatti funzionario presso il Consiglio d’Europa di Strasburgo, dove poté portare avanti i suoi ideali federalisti. La permanenza a Strasburgo fu per Bolis come un esilio dorato perché il ruolo di funzionario non soddisfaceva pienamente le sue aspirazioni. Appena poté andare in pensione ( 1978 ) si trasferì a Roma e partecipò alle elezioni politiche europee del 1979 nelle liste del PRI, ma non venne eletto. Incurante dell’insuccesso elettorale, continuò il suo incessante lavoro di apostolo ed educatore in tutti i luoghi possibili e in tutte le occasioni: dall’ANPI alle tante Associazioni Europeiste. Nel 1963 costituì con la sua compagna Ines la " Fondazione Europea Luciano Bolis" con l’obiettivo di approfondire la teoria del federalismo e avviare una riflessione sui problemi della pace nel mondo e promuovere studi e ricerche riguardanti la storia del processo di unificazione europea. Per realizzare tali obiettivi fondò una rivista in lingua inglese, francese e italiana ,"Il federalista", ed ha successivamente avviato la " Biblioteca Federalista" presso la casa editrice il Mulino di Bologna. Luciano Bolis morì a Roma il 20 febbraio 1993. Il 7 febbraio 1998 il Movimento Federalista di Genova depose questa targa nel luogo in cui Bolis fu arrestato dai fascisti nel 1945 :

Luciano Bolis

1908-1993

In questa piazza, il 6 febbraio 1945

Fu arrestato dai fascisti

Torturato tentò il suicidio per non

Rivelare i nomi dei compagni

Dedicò la vita alla causa della pace e dell’Unità europea

 

 

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