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Biografia

pallanimred.gif (323 byte) Achille Grandi

Nacque il 24 agosto 1883 a Como. Entrato in fabbrica alla precoce età di 11 anni, fu subito costretto a scontrarsi con la durezza delle condizioni del lavoro. Da questa prima esperienza maturò la consapevolezza della necessità dell’organizzazione operaia da realizzarsi attraverso strutture sindacali in grado di esprimerne le istanze e di tutelarne i diritti. Il predominio delle organizzazioni di carattere socialista, specialmente nel comasco, lo spinsero ancora di più sulla strada dell’organizzazione sindacale che egli concepì sempre non disgiunta dagli insegnamenti della dottrina sociale cristiana e in particolar modo dall’enciclica Rerum novarum. La sue capacità organizzative lo portarono presto a rivestire cariche di rilievo sia a livello locale, sia a livello nazionale. Nel 1907 fu segretario propagandista della Direzione diocesana e nel 1914, dopo un contrasto con il vescovo di Como per via del patto Gentiloni, assunse l’incarico della Direzione cittadina delle opere cattoliche e della Lega cattolica del lavoro di Monza nonché la vicepresidenza del Sit (Sindacato Italiano Tessile) del quale divenne presidente quattro anni più tardi. Sempre nel 1918 fu chiamato a far parte della commissione esecutiva della Cil (Confederazione Italiana dei Lavoratori) e l’anno successivo venne eletto alla Camera come deputato del Partito popolare. Nel dicembre del 1922 assunse la carica di segretario della Cil, ruolo che mantenne fino allo scioglimento della Confederazione bianca avvenuto nel novembre del 1926. Nei confronti del fascismo assunse fin dal principio posizioni critiche. Quando Mussolini pronunciò il suo primo discorso alla Camera, il giudizio di Grandi fu alquanto severo e in contrasto anche con parte delle posizioni espresse da altri settori del mondo cattolico. In tale occasione Grandi parlò di istituzione parlamentare offesa, di tendenza dittatoriale di Mussolini; scrisse che la Camera, mancando della libertà e quindi della sua ragione fondamentale, non poteva che essere morta in partenza e ogni suo atto privo di valore. Nel periodo successivo egli difese con tenacia l’autonomia della Confederazione italiana dei lavoratori denunciando anche direttamente al capo del Governo le violenze commesse dalle Corporazioni fasciste ai danni delle organizzazioni cattoliche. Di queste Grandi illustrò a più riprese i meriti assolti sia nei confronti dei lavoratori, sia verso la patria. La sua lotta contro il fascismo e contro il progetto del monopolio sindacale, lo portò anche ad assumere posizioni critiche nei confronti dell’Icas (Istituto Cattolico per le Attività Sociali). Mentre infatti entrambe le strutture erano accomunate nella condanna della legge sindacale del 3 aprile 1926, l’istituto creato dall’Azione Cattolica ritenne utile, dopo che il regime ebbe dichiarato di rispettare la libertà religiosa degli iscritti, consigliare ai cattolici l’ingresso nelle Corporazioni fasciste. Costretto a sciogliere la Confederazione non mancò di condannare l’indirizzo corporativo del regime dal quale non sarebbe potuto che scaturire un ordinamento privo di anima che i lavoratori avrebbero dovuto accettare passivamente. Condannato dopo lo scioglimento della Cil all’isolamento intellettuale e morale, rifiutò qualsiasi collaborazione e collusione con il regime tornando a svolgere l’attività di tipografo. Dopo la caduta del fascismo, fu nominato da Badoglio commissario straordinario della Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura e si impegnò intensamente per raggiungere l’unità sindacale con socialisti e comunisti senza per altro rinunciare alla sua idea di autonomia e al suo pensiero cristiano. Contemporaneamente al progetto dell’unità sindacale, raggiunta con il Patto di Roma il 3 giugno 1944 e con la creazione della Cgil (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) di cui fu segretario, fondò le Acli divenendone il primo presidente nazionale. Secondo il suo pensiero, queste, avrebbero dovuto costituire un momento presindacale, assolvendo il compito di formare la coscienza dei cattolici in modo da dar loro i giusti strumenti per esprimere gli indirizzi cristiani in seno all’organizzazione sindacale unitaria. Aderì alla Dc, di cui fu nominato membro della prima Direzione generale, e diede vita con Giovanni Gronchi a una corrente di sinistra. E’ morto a Desio il 28 settembre 1946.

(a cura di Massimiliano Tenconi)

 

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