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Biografia

pallanimred.gif (323 byte) Alessandro Gallo

Nato a Venezia il 30 maggio 1914. Consegue la maturità al Liceo classico Marco Foscarini di Venezia. E' proprio negli anni del liceo che  matura l'avversione politica al fascismo, anche se al momento è limitata al piano teorico. Come tanti giovani di allora, è accanito lettore della grande letteratura russa e francese: da Tolstoi ad Anatole France. Fra il 1936 e il 1938 porta a maturazione la sua critica al regime dittatoriale ed entra in relazione con i gruppi antifascisti veneziani, soprattutto intellettuali. Sono di allora le frequentazioni con i socialisti Giavi, Lombroso, Lo Prieno, Sullam, con l'azionista Zanon Dal Bo, con i comunisti Enrico Longobardi, Calò, Maestro e tanti altri. Il loro luogo di incontro serale è ai tavoli del caffè «Piccolo Lavena». Sono, questi, gli anni del passaggio dalla cultura idealistica e illuministica a quella del materialismo storico: è proprio in questo passaggio che matura in Sandro la decisione - nel '37 -  di aderire al Pci. Dopo la laurea in legge, nel 1936 si iscrive a filosofia, sempre a Padova. Patrocina da avvocato qualche piccola causa ma poi sceglie l'insegnamento: prima all'Istituto professionale di Pieve di Cadore e poi al Liceo scientifico G. B. Benedetti di Venezia, dove educa all'amore per la libertà i suoi studenti. Nel '41 collabora attivamente alla ricostituzione dell'organizzazione comunista veneziana, diffondendo clandestinamente volantini e l'Unità. Il 2 gennaio del '42 viene arrestati, insieme ai compagni Maestro e Sullam. Sono prima tradotti al carcere di Regina Coeli a Roma e poi deferiti alla Commissione provinciale presieduta dal Prefetto di Venezia che, il 27 febbraio 1942, li condanna a due anni di confino per «scritte contro il regime e il capo del governo. Gallo è «destinato» ad Avezzano. In agosto però Gallo ed altri sono arrestati «dall'O.V.R.A.-IV^ Zona», ad Avezzano, perché avevano trovato modo, benché molti di essi si trovasero nelle condizioni di confinati od internati, di ascoltare radiocomunicazioni nemiche, in base alle quali svolgevano poi opera disfattista ed antifascista. Così Gallo ritorna a Regina Coeli per essere successivamente, con altri, inviato in quanto confinato, «in colonia» a Tremiti. Qui prende contatti organici con l'organizzazione del Pci e quasi sicuramente fa conoscenza – pure lì confinato – con Omobono Tominez, futuro membro del Triunvirato insurrezionale Veneto (col nome di Antonio), con il quale avrà stretti rapporti durante la lotta di liberazione. Viene «liberato dal confino per fine periodo» il 1 gennaio 1943, ammalato di pleurite. Tornato a Venezia riprende subito l'attività cospirativa ed è uno dei fondatori del ‘Comitato di Unione antifascista‘, progenitore diretto del Cln. Fra marzo e aprile va in Cadore per riprendere le forze: è ospite di fraterni amici di S. Vito di Cadore ai quali si lega molto, specie col patriarca della famiglia Angelo Uziél. L'8 settembre lo trova ancora a Venezia: subito, su decisione del Pci, torna in Cadore per organizzare la resistenza armata. Sarà il fondatore, l'organizzatore e il comandante della brigata «P. F. Calvi», inquadrata nella Divisione Garibaldi «Nino Nannetti». Il suo nome di battaglia è Garbin. E' l'organizzatore militare del Cadore per conto del Cln di Belluno, rappresentante del Pci nell'Esecutivo militare provinciale ed anche, per un certo periodo, responsabile del Pci per il Cadore. Il 27 luglio del '44 un gruppo di 19 partigiani, comandato da Garbin, attacca quello che era un tempo il posto di confine con l'Austria ed ora quello con il Reich – la Dogana Vecchia, alle porte di Cortina – mette in fuga il presidio tedesco e divelle la sbarra di confine. Un'altra azione – importante dal punto di vista militare – è, il 2 settembre: un gruppo garibaldino, sempre comandato da Garbin, fa saltare un ponte sulla Cavallera, tra Belluno Pieve, interrompendo così quella importante via di comunicazione. Tra la fine di luglio e i primi di settembre è nominato comandante della divisione Nannetti. Il 20 settembre, a Lozzo di Cadore, una pattuglia di 4 garibaldini guidata dal comandante Garbin, attacca a colpi di bombe a mano 3 autocarri tedeschi carichi di gendarmi. In seguito alla violenta reazione di armi automatiche avversarie 3 partigiani, fra cui il comandante Garbin, restano uccisi. Nel dopoguerra, gli viene conferita la medaglia d'argento al valor militare.



 

 

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