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L'Aventino
Le elezioni del 1924 furono una tappa importante per il consolidamento del potere
fascista. . Una nuova legge elettorale, pressioni e corruzioni d'ogni genere davano
nell'aprile 1924 i due terzi dei seggi alla " lista nazionale " presentata dai
fascisti. Ciononostante, il 30 maggio il deputato socialista Giacomo Matteotti ebbe il
coraggio di denunciare con un grande discorso alla Camera le violenze e i brogli commessi
per carpire la vittoria; pochi giorni dopo veniva trovato in aperta campagna, assassinato
da sicari delle camicie nere.
L'omicidio sollevò nel Paese
un'ondata dindignazione e pose in immediato pericolo il nuovo regime, che riuscì in
ogni caso a salvarsi, anche per l'errore dell'opposizione che giunse alla decisione di
"ritirarsi sull'Aventino ". I parlamentari delle
opposizioni, ad eccezione dei comunisti, abbandonarono l'aula fin dal 14 giugno, prima
ancora, cioè, che fosse ritrovato il corpo del deputato socialista, per riunirsi in
un'altra sala di Montecitorio e costituirsi in unico parlamento legittimo, visto che nel
parlamento ufficiale era ormai impossibile esercitare ogni funzione libera per gli eletti
del popolo. In quell'occasione fu votato un ordine del giorno che diede origine alla
cosiddetta "secessione dell'Aventino", in ricordo di un famoso episodio della
storia dell'antica Roma, quando i rappresentanti della plebe misero in atto una clamorosa
protesta riunendosi su questo colle: "I rappresentanti dei gruppi di Opposizione,
riunitisi oggi a Montecitorio, si sono trovati d'accordo nel ritenere impossibile la loro
partecipazione ai lavori della Camera, mentre la più grave incertezza regna ancora
intorno al sinistro episodio di cui è stato vittima l'on. Matteotti. Pertanto i suddetti
rappresentanti deliberano che i rispettivi gruppi si astengano dal partecipare ai lavori
parlamentari della Camera, e si riservano di constatare quella che sarà l'azione del
governo e di prendere ulteriori deliberazioni".
Ffu proprio la monarchia a salvare i fascisti in crisi con una condotta
che appare più che difficile assolvere. A questo proposito basterà ricordare, tra i
tanti, appena qualche episodio da cui emerge la netta complicità di Vittorio Emanuele III
nel mantenimento del fascismo al potere e nei successivi sbocchi dittatoriali. Carlo
Sforza, che era - si badi bene - insignito del Collare dell'Annunziata, onorificenza che
lo autorizzava a considerarsi cugino del re, ricorda: "Quando Ivanoe Bonomi presentò
al re le prove della responsabilità di Mussolini, il sovrano cominciò a sfogliare; ma
appena si rese conto di quanto terribili erano le accuse, impallidì, tremò e: "Le
posso chiedere un piacere?". "Dica". "Non mi faccia leggere, si
riprenda questi fogli" e glieli ficcò di forza nelle mani. E Bonomi, alzandosi:
"Badi, Lei si prende una grossa responsabilità". Infatti fu in quel momento
preciso che Vittorio Emanuele di Savoia divenne complice". Dobbiamo un'altra
testimonianza estremamente importante a Emilio Lussu. Il congresso di Assisi degli ex
combattenti aveva votato un documento di severa condanna del fascismo. Una delegazione
guidata dalla medaglia d'oro Ettore Viola si recò nella tenuta di San Rossore per
illustralo al re. Ed ecco quel che ha scritto Lussu: "Il momento è solenne. L'on.
Viola è convinto di rappresentare il popolo italiano e i sacrifici della guerra. Ognuno
pensa: questo è un momento storico. Trattenuto il respiro, solo gli occhi rivelano la
profonda emozione degli ambasciatori popolari. Nessuna delegazione pagana attese mai con
maggiore angoscia il responso dell'Oracolo. Il re ascolta, pallido in volto, tutto il
discorso. Poi dice, col tetro sorriso di uno spettro: "Mia figlia, stamattina, ha
ucciso due quaglie". La delegazione allibisce". Non meno duro, nei giorni
tragici dopo il delitto Matteotti, il giudizio di un altro liberale, Giovanni Amendola,
che era il capo dell'opposizione costituzionale e che pubblicò sul suo giornale Il Mondo,
un trafiletto intitolato "Il travicello", con evidente riferimento al "re
travicello". Non siamo riusciti a trovarne il testo integrale. Lo storico Paolo
Alatri ne ha riassunto il contenuto in questi termini: "Sappiamo che questo numero
del giornale sarà immediatamente sequestrato, ma a noi sarà sufficiente che lo leggano
due persone: il Prefetto che ordinerà il sequestro e l'Augusta Persona cui le nostre
parole sono dirette. Seguiva un elenco di tutte le violazioni costituzionali di cui la
Corona si era resa mallevadrice".
In questo stato di cose, potendo contare sull'appoggio incondizionato
del re, Mussolini e il fascismo superarono la crisi e già il 5 dicembre il capo del
governo replicò con tracotanza a un discorso di opposizione tenuto al Senato da Luigi
Albertini, che era direttore del Corriere della Sera: "Se Sua Maestà il Re, al
termine di questa seduta, mi chiamasse e mi dicesse che bisogna andarsene, mi metterei
sull'attenti, farei il saluto e obbedirei. Dico se Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III
di Savoia, ma quando si tratta di Sua Maestà il Corriere della Sera, allora no". I
giochi erano fatti, come apparve chiaro il 3 gennaio 1925, quando, alla Camera, Mussolini
poté dichiarare di assumere su di sé ogni responsabilità di tutto quello che era
accaduto in Italia e dire che se il fascismo era un'associazione per delinquere, egli di
quella associazione era il capo. Nel giro di un anno circa si susseguiranno le cosiddette
"leggi fascistissime" cancellando ogni residuo di libertà. Come si
susseguiranno le bastonature fatali a Giovanni Amendola e Piero Gobetti e a tanti altri
meno noti, le condanne, il carcere, il confino. Per gli antifascisti cominciò la lunga
attesa, in Italia o in esilio, con la lotta clandestina e la cospirazione.
Tra il 1925 e il 1928 furono varate le leggi (cosiddette
"fascistissime") che consacrarono la nuova struttura e lo strapotere dello
Stato. Ogni speranza legalitaria o di riporto alla legalità del fascismo cadeva. Essa
moriva con la soppressione della libertà di stampa, le persecuzioni contro gli
antifascisti, col ripristino della pena di morte, l'istituzione di un tribunale speciale
per reati politici, l'istituzione dell'O.V.R.A. polizia politica segreta, e con
l'attribuzione al potere esecutivo di emanare norme di legge. I normali meccanismi dello
Stato di diritto e i fondamenti della libertà politica e della sovranità popolare
vennero sovvertiti. A cominciare dal 1926 nelle amministrazioni comunali alla procedura
elettiva del sindaco e del consiglio venne sostituita la nomina governativa del podestà e
della consulta, così da sconvolgere l'intero ordinamento centrale e periferico nel
processo di fascistizzazione dello Stato. Il Parlamento risultò svuotato di ogni
prerogativa e le elezioni (1929) furono ridotte a semplici plebisciti di approvazione di
una "lista unica" di deputati designati dal Gran Consiglio.
Il capo del governo, che era contemporaneamente duce del fascismo,
prese ad occupare il vertice della piramide politica, che simboleggiava l'ordinamento
gerarchico del regime, e venne sottratto a qualunque controllo o sanzione, con l'obbligo
di rispondere solo al sovrano. Con le elezioni plebiscitarie del 1929 Mussolini poté
contare su una Camera tutta composta da fascisti, e il carattere totalitario del fascismo
finì rapidamente per coinvolgere ogni settore della vita italiana.
Le leggi "fascistissime" (1926)
Le cosiddette leggi "fascistissime" rafforzarono i poteri del
capo del governo al quale non era più richiesto di rispondere del proprio operato davanti
al parlamento, ridotto a semplice luogo di rappresentanza. Tutte le associazioni furono
sottoposte al controllo della polizia; i sindacati fascisti vennero riconosciuti come gli
unici legittimi, le commissioni interne furono abolite. Nel corso del 1926, con una serie
di norme repressive, furono abolite le amministrazioni comunali e provinciali elettive e
sostituite con autorità di nomina governativa; furono soppressi i giornali e sciolti i
partiti di opposizione; fu stabilito il confino di polizia per gli antifascisti. Per
giudicare i reati contro la sicurezza dello Stato (per i quali era prevista anche la pena
di morte) venne istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, il cui collegio
giudicante era formato da membri della Milizia e da militari.
Le leggi "fascistissime" furono il fondamento sul quale si costruì il regime,
caratterizzato dalla sostanziale coincidenza tra strutture dello Stato e strutture del
partito fascista, unica forza politica legittimata ad esistere. L'Italia divenne quindi
uno Stato totalitario, ovvero uno Stato "occupato" dal Partito fascista, teso a
imporre ovunque la propria presenza.
Il delitto Matteotti
Le leggi eccezionali
"fascistissime" (relazione di Vassalli)
Il discorso
con cui Mussolini si assunse la responsabilità dell'assassinio di Matteotti (Roma,
Camera dei Deputati 3 gennaio 1925)
L'analisi di Carlo
Rosselli sul delitto Matteotti e sull'Aventino (quaderni di Giustizia e
Libertà, 8 giugno 1934) |