ISTITUZIONE DEL TRIBUNALE SPECIALE
        Il Tribunale speciale
        fascista fu istituito nel 1926, con la legge n.2008 [26 novembre], recante
        "Provvedimenti per la Difesa dello Stato". Esso reintroduceva la pena di morte
        per gli attentati contro la persona del Re e del capo del fascismo e puniva con sanzioni
        severissime ogni attività politica contraria al regime. Tutti i partiti politici erano
        già stati sciolti e messi fuori legge. Tale attività dunque, era bollata come
        "sovversiva". Altra specialità di quel tribunale consisteva nel fatto che il
        collegio giudicante non era costituito da magistrati, ma da ufficiali della milizia
        fascitsa, i quali si esibivano in divisa e in camicia nera. Ciò non lasciava adito ad
        alcun dubbio sulla loro imparzialità. Per il modo stesso della sua origine e della sua
        costituzione, era un tribunale per il quale non valeva la norma generale che "la
        legge è uguale per tutti". Qui, all'origine, la legge doveva essere
        "disuguale". In sostanza, era una banda, più o meno gallonata, di ausiliari
        della polizia politica; fra di essi non mancarono gli squadristi e funzionò per quasi
        diciassette anni, dalla sua istituzione fino al 23 luglio 1943: l'ultima sentenza emanata
        porta questa data. Due giorni dopo, il 25 luglio, cadeva Mussolini. A questo punto "i
        giudici" si squagliarono; più tardi, dopo la liberazione, si mimetizzarono fra le
        pieghe della giovane e inesperta democrazia. Nessuno fu perseguito. Tutti poterono
        usufruire indisturbati di copiose pensioni. Infatti non poco avevano lavorato. Se si tiene
        conto che, già prima della istituzione del Tribunale speciale e fino al 25 luglio 1943,
        in ogni provincia funzionavano le Commissioni per l'invio al confino dei presunti
        "sovversivi", e che si è calcolato che coloro che furono deportati o nelle
        isole o in piccoli comuni, soprattutto nel Mezzogiorno, dove erano sottoposti alla
        libertà vigilata, furono oltre 10.000, si può ritenere che le persone che la polizia
        politica considerò ostili al regime, pericolose per esso e, quindi, soggette a diverse
        misure di sicurezza e repressione, furono più di 16.000. Naturalmente, diversi erano
        anche i livelli di attività o di organizzazione di costoro. Fra essi la stragrande
        maggioranza era costituita da operai e contadini. Politicamente soverchiante [oltre l'80
        per cento] fu la partecipazione comunista.
         
        LA
        FORMAZIONE DEI QUADRI ANTIFASCISTI IN CARCERE
        Esiste ormai un'ampia
        documentazione, anche se non ancora sistematica ed esauriente, circa le condizioni del
        regime carcerario cui erano sottoposti i detenuti politici. Giova ricordare che il
        Regolamento degli istituti di prevenzione e di pena [1931] non fa parola dei
        "detenuti politici". Ufficialmente, per il regime fascista, questi "non
        esistevano". Nella realtà, in tutte le più importanti case penali vi erano
        "sezioni politiche". I detenuti politici erano ristretti in locali separati
        rispetto ai delinquenti comuni.
        Il trattamento cui i politici erano soggetti era modellato su un regolamento cui ho già
        accennato e questo era francamente punitivo. Ma la situazione reale era diversa da carcere
        a carcere. Vi erano carceri notoriamente duri e carceri meno duri. Decisiva era la
        qualità del personale di custodia dal direttore all'ultimo secondino. Dove erano
        funzionari e graduati dichiaratamente fascisti, il regime diventava persecutorio. Io ho
        fatto l'esperienza del carcere di Civitavecchia, che era allora considerato il più duro,
        fra il 1940 e il 1943. Erano anni di guerra, tristissimi per il paese e questa circostanza
        si ripercuoteva entro il carcere attraverso i funzionari e agenti fascisti: per costoro
        noi, condannati come antifascisti, specialmente se comunisti, eravamo il
        "nemico", contro il quale essi conducevano una loro guerra particolare. Io ho
        descritto, servendomi di un documento indiscutibile, forse unico, del quale ero venuto in
        possesso molti anni fa in circostanze singolari, caratteristiche ed episodi di quella
        guerra. In carcere in quegli anni, la lotta antifascista continuava in forme assai aspre.
        Quella fu la scuola nella quale si formarono alcune migliaia di quadri che più tardi
        costituirono l'ossatura delle formazioni armate partigiane. Insieme a Vittorio Foa e Carlo
        Ginzburg ho pubblicato il documento cui ho accennato qui sopra: è il Registro delle
        punizioni che venivano inflitte ai detenuti politici nella casa penale di Civitavecchia
        fra il 1941 e il 1943. Questo documento, se non ne esistessero altri, basterebbe a
        qualificare la sostanza repressiva e reazionaria del fascismo.
         
        I
        CONDANNATI (di Elena Paciotti)
        Furono 4596 i condannati
        del Tribunale speciale, molti dai nomi oscuri, operai, artigiani, originari di diverse
        regioni del nostro Paese che con il loro coraggioso comportamento davanti agli arroganti
        militari che usurpavano il titolo di giudici hanno riscattato il titolo d'Italia, allora
        compromesso dalla sua classe dirigente, dall'indifferenza dei più. 
        Ma non furono soltanto oscuri militanti di una fede coraggiosamente proclamata a subire
        feroci condanne e odiosi maltrattamenti. Furono fra di loro i più bei nomi
        dell'antifascismo italiano, destinati per fortuna in gran parte a vedere il crollo della
        dittatura e l'affermarsi della democrazia. Voi tutti li conoscete bene, ma per me è stata
        un'emozione leggere, nel volume pubblicato a cura dell'Anppia: Aula IV. Tutti i processi
        del Tribunale speciale fascista, i nomi di condannati oggi ancora illustri. Ho letto che
        già a un anno solo dall'inizio dell'attività del Tribunale speciale, nel '28, fu
        condannato, a cinque anni e sei mesi di carcere per propaganda comunista, Velio Spano; e
        nel cosiddetto processone ai membri del Comitato centrale del Pcd'I furono condannati a
        ventidue anni e nove mesi Umberto Terracini; a vent'anni e quattro mesi Antonio Gramsci e
        Mauro Scoccimarro; e nello stesso anno anche Giancarlo Pajetta, subì, ad appena
        diciassette anni, la sua prima condanna a due anni di carcere, (altra ben più dura a
        ventun'anni seguì poi); e nell'anno seguente tocca a Sandro Pertini essere condannato per
        attività sovversiva a dieci anni e nove mesi; e nel 1930, l'anno delle quattro condanne a
        morte mediante fucilazione degli irredentisti triestini e delle due condanne
        all'impiccagione di resistenti libici, è la volta di Camilla Ravera, condannata a
        quindici anni e sei mesi per costituzione del partito comunista, di Manlio Rossi Doria, di
        Emilio Sereni, condannati a quindici anni per lo stesso delitto. Nel 1931 la produttività
        del Tribunale speciale è impressionante: sono ben 519 i condannati per complessivi 2061
        anni di carcere, oltre a una condanna a morte, quella dell'anarchico Schirru, reo di aver
        avuto l'intenzione di uccidere Mussolini. Fra i condannati a vent'anni di reclusione per
        attentato all'ordine costituzionale troviamo Riccardo Bauer, Ernesto Rossi. 
        Nel '32 il Tribunale speciale pronuncia la condanna a morte di Domenico Bovone, un
        industriale torinese accusato di attentati dinamitardi, e dell'anarchico Angelo
        Sbardellotto, reo anch'egli di aver avuto l'intenzione di uccidere Mussolini. Nello stesso
        anno Pietro Secchia viene condannato a diciassette anni e nove mesi di carcere, anch'egli
        per costituzione del partito comunista. E si potrebbe continuare a lungo, ricordando la
        condanna, nel '34, di Leone Ginsburg, nel '36 di Vittorio Foa, Michele Giua, Massimo Mila,
        nel '37 di Aligi Sassu e poi dal '41, fino alla soppressione del Tribunale speciale,
        riprendono le condanne a morte a carico soprattutto di partigiani della Venezia Giulia.
        
        I
        NUMERI DEL TRIBUNALE SPECIALE
        Dalla sua istituzione,
        primo febbraio 1927, al suo scioglimento, con la caduta del regime il 25 luglio 43, il
        tribunale speciale per la difesa dello stato processò 5.619 imputati - condannandone
        4.596. Gli anni totali di prigione inflitti furono 27. 735, 42 le condanne a morte, di cui
        31 eseguite, 3 gli ergastoli. 4.497 processati erano uomini, 122 le donne, 697 i
        minorenni. Tra le categorie professionali, 3.898 imputati erano operai e artigiani, 546 i
        contadini, 221 liberi professionisti.
        
        
         per approfondire:
 per approfondire:
         La nascita
        della dittatura e le leggi fascistissime
 La nascita
        della dittatura e le leggi fascistissime
         Donne davanti al Tribunale Speciale
 Donne davanti al Tribunale Speciale