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Il
discorso alla Camera di Gramsci sulla natura del fascismo
Una penetrante analisi del
fenomeno fascista fu compiuta il 16 maggio 1925 alla Camera da Antonio Gramsci, nell'unico
suo discorso parlamentare, mentre si discuteva la legge per la soppressione delle società
segrete, diretta in primo luogo contro la Massoneria:
Gramsci: "Il problema è
questo: la situazione del capitalismo in Italia si è rafforzata o si è indebolita dopo
la guerra, col fenomeno fascista? Quali erano le debolezze della borghesia capitalistica
italiana prima della guerra, debolezze che hanno portato alla creazione di quel
determinato sistema politico-massonico che esisteva in Italia, che ha avuto il suo massimo
sviluppo nel giolittismo? Le debolezze massime della vita nazionale italiana erano in
primo luogo la mancanza di materie prime, cioè la impossibilità per la borghesia di
creare in Italia una sua radice profonda nel paese e che potesse progressivamente
svilupparsi, assorbendo la mano d'opera esuberante. In secondo luogo la mancanza di
colonie legate alla madre patria, quindi la impossibilità per la borghesia di creare una
aristocrazia operaia che permanentemente potesse essere alleata della borghesia stessa.
Terzo, la questione meridionale, cioè la questione dei contadini, legata strettamente al
problema della emigrazione, che è la prova della incapacità della borghesia italiana di
mantenere... (Interruzioni). Il significato dell'emigrazione in massa dei lavoratori è
questo: il sistema capitalistico, che è il sistema predominante, non è in grado di dare
il vitto, l'alloggio e i vestiti alla popolazione, e una parte non piccola di questa
popolazione è costretta ad emigrare... Noi abbiamo una nostra concezione
dell'imperialismo e del fenomeno coloniale, secondo la quale essi sono prima di tutto una
esportazione di capitale finanziario. Finora l'imperialismo italiano è consistito solo in
questo: che l'operaio italiano emigrato lavora per il profitto dei capitalisti degli altri
paesi, cioè finora l'Italia è solo stata un mezzo dell'espansione del capitale
finanziario non italiano. Voi vi sciacquate sempre la bocca con le affermazioni puerili di
una pretesa superiorità demografica dell'Italia sugli altri paesi; voi dite sempre, per
esempio, che l'Italia demograficamente è superiore alla Francia. È una questione questa
che solo le statistiche possono risolvere perentoriamente ed io qualche volta mi occupo di
statistiche; ora una statistica pubblicata nel dopoguerra, mai smentita, e che non può
essere smentita, afferma che l'Italia di prima della guerra, dal punto di vista
demografico, si trovava già nella stessa situazione della Francia dopo la guerra; ciò è
determinato dal fatto che l'emigrazione allontana dal territorio nazionale una tal massa
di popolazione maschile produttivamente attiva, che i rapporti demografici diventano
catastrofici. Nel territorio nazionale rimangono vecchi, donne, bambini, invalidi, cioè
la parte di popolazione passiva che grava sulla popolazione lavoratrice in una misura
superiore a qualsiasi altro paese, anche alla Francia. È questa la debolezza fondamentale
del sistema capitalistico italiano, per cui il capitalismo italiano è destinato a
scomparire tanto più rapidamente quanto più il sistema capitalistico mondiale non
funziona più per assorbire l'emigrazione italiana, per sfruttare il lavoro italiano, che
il capitalismo nostrale è impotente a inquadrare. I partiti borghesi, la massoneria, come
hanno cercato di risolvere questi problemi? Conosciamo nella storia italiana degli ultimi
tempi due piani politici della borghesia per risolvere la questione del governo del popolo
italiano. Abbiamo avuto la pratica giolittiana, il collaborazionismo del socialismo
italiano con il giolittismo, cioè il tentativo di stabilire una alleanza della borghesia
industriale con una certa aristocrazia operaia settentrionale per opprimere, per
soggiogare a questa formazione borghese-proletaria la massa dei contadini italiani
specialmente nel Mezzogiorno. Il programma non ha avuto successo. Nell'Italia
settentrionale si costituisce difatti una coalizione borghese-proletaria attraverso la
collaborazione parlamentare e la politica dei lavori pubblici alle cooperative:
nell'Italia meridionale si corrompe il ceto dirigente e si domina la massa coi mazzieri...
(Interruzione del deputato Greco). Voi fascisti siete stati i maggiori artefici del
fallimento di questo piano politico, poiché avete livellato nella stessa miseria
l'aristocrazia operaia e i contadini poveri di tutta l'Italia. Abbiamo avuto il programma
che possiamo dire del Corriere della Sera, giornale che rappresenta una forza non
indifferente nella politica nazionale: ottocentomila lettori sono anch'essi un
partito". Voci "Meno...". Mussolini "La metà! E poi i lettori dei
giornali non contano. Non hanno mai fatto una rivoluzione. I lettori dei giornali hanno
regolarmente torto!". Gramsci "Il Corriere della Sera non vuole fare la
rivoluzione". Farinacci "Neanche l'Unità!". Gramsci "Il Corriere
della Sera ha sostenuto sistematicamente tutti gli uomini politici del Mezzogiorno, da
Salandra ad Orlando, a Nitti, ad Amendola; di fronte alla soluzione giolittiana,
oppressiva non solo di classi, ma addirittura di interi territori, come il Mezzogiorno e
le isole, e perciò altrettanto pericolosa che l'attuale fascismo per la stessa unità
materiale dello Stato italiano, il Corriere della Sera ha sostenuto sempre un'alleanza tra
gli industriali del Nord e una certa vaga democrazia rurale prevalentemente meridionale
sul terreno del libero scambio. L'una e l'altra soluzione tendevano essenzialmente a dare
allo Stato italiano una più larga base di quella originaria, tendevano a sviluppare le
"conquiste" del Risorgimento. Che cosa oppongono i fascisti a queste soluzioni?
Essi oppongono oggi la legge cosiddetta contro la massoneria; essi dicono di volere così
conquistare lo Stato. In realtà il fascismo lotta contro la sola forza organizzata
efficientemente che la borghesia capitalistica avesse in Italia, per soppiantarla nella
occupazione dei posti che lo Stato dà ai suoi funzionari. La "rivoluzione"
fascista è solo la sostituzione di un personale amministrativo ad un altro
personale".
(16
maggio 1925)
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