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Dibattito
Resistenza e revisionismo
Le parole di Ciampi e le nostalgie di An
di GIOVANNI BELARDELLI
L'Italia di oggi sembra spesso guardare al
proprio passato non come al luogo delle radici e delle tradizioni, ma come al campo di una
battaglia senza fine. E' sotto gli occhi di tutti che la storia nel nostro Paese si
configura a volte come un incubo dal quale non sappiamo o non vogliamo ridestarci. Proprio
per questo le parole pronunciate sabato a Trieste dal presidente Ciampi meritano di non
essere dimenticate. Di fronte alla particolare virulenza che tanti discorsi assumono ogni
volta che si tira in ballo il passato, quelle parole rappresentano un invito ad abbassare
i toni, a «disarmare» - potremmo dire - la storia. Ciampi, infatti, ha criticato
l'iniziativa del comune di Trieste, amministrato dal centrodestra, di celebrare insieme la
Liberazione e le vittime delle foibe. Ma ha contemporaneamente esortato con decisione a
ricordare, in modi propri e specifici, quei morti di una «guerra etnica» scatenata dai
comunisti jugoslavi contro gli italiani alla fine della Seconda guerra mondiale; morti che
il Paese ha a lungo, colpevolmente, cancellato dalla propria memoria.
Il presidente della Repubblica ha mostrato così come, nell'Italia di oggi, se la storia
non è brandita come un'arma impropria, può diventare un terreno d'incontro. Se si
vogliono effettivamente ricordare in modo adeguato le migliaia di infoibati, dedicare loro
una celebrazione specifica costituirà infatti la soluzione più adatta. Lo stesso sindaco
di Trieste lo ha riconosciuto.
L'episodio triestino che ha dato origine alle polemiche è stato tuttavia solo l'ultima o
la più rilevante di una serie di iniziative attraverso le quali gli esponenti locali di
An sembrano impegnati a cambiar nome a vie o piazze, a ricordare Mussolini
nell'anniversario della morte, a progettare monumenti alla memoria di qualche gerarca
locale. Ciascuno di questi atti, singolarmente considerato, può anche apparire di scarso
rilievo, ma è la loro monotona ripetizione che indica l'esistenza di un problema. Come è
a tutti evidente, certi gesti «nostalgici» non possono che nuocere ad Alleanza
nazionale. Proprio per questo, se vengono comunque compiuti, vuol dire che qualcosa di
profondo spinge in quella direzione.
Di che si tratti lo ha confessato candidamente il sindaco di Benevento D'Alessandro
(quello che si è autosospeso da An per le polemiche sulla cancellazione di Piazza
Matteotti). In un'intervista a questo giornale ha confessato con candore come da tempo,
ogni 25 aprile, chiuso nel salotto di casa sua egli ascolti i discorsi di Mussolini.
«Quello che apprezzo di più è il discorso per la presa di Addis Abeba, poi quello sulle
sanzioni, ma mi piace molto anche l'ultimo discorso, quello del Lirico». Per lui (e
certamente per tanti altri esponenti di An che non hanno il coraggio, o l'ingenuità, di
confessarlo) il fascismo è ancora il luogo della memoria e dell'identità. Ciò può non
piacere, naturalmente, ma occorre chiedersi come mai accada.
Se questo succede è perché nelle file di An, e ancor prima in quelle del Msi, non vi è
stato mai alcun riesame critico della propria storia, da quelle file non è uscito nessuno
studioso che abbia fatto col ventennio fascista quel che lo storico comunista Paolo
Spriano fece con le vicende del suo partito, di cui scrisse la storia con volumi rimasti
fondamentali. Così, in mancanza di ciò, in mancanza della distanza critica che la
ricostruzione storica aiuta a recuperare, il passato fascista - quello direttamente
vissuto, per i più anziani, quello miticamente reinventato, per i più giovani - non è
mai davvero passato. E' rimasto nella cultura di tanti esponenti dell'ex Msi come il
fondamento di una identità irriducibilmente «altra», diversa rispetto al complesso
delle identità politiche dell'Italia repubblicana. In termini di pubbliche dichiarazioni,
non si può chiedere ad An più di quanto ha già fatto, accettando l'antifascismo come
momento di fondazione della Repubblica o la data della Liberazione come festa nazionale.
Ma certo, quanti provengono da quella parte politica prima o poi dovranno decidersi,
piuttosto che a creare fondazioni sui crimini del comunismo (come quella che è nei
progetti del presidente della Regione Lazio), a fare qualche seria riflessione storica sul
fascismo. Nel frattempo, farebbero bene a non vedere nella storia un'arma per piccole
rivalse politiche e a seguire le indicazioni del presidente Ciampi, il quale ha mostrato a
Trieste come sia in fondo possibile costruire una memoria di tutti.
(Corriere
della Sera, 7 maggio 2002)
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