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La Resistenza in Europa

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pallanimred.gif (323 byte) L'attentato ad Hitler (1944)

Molto si è discusso sul fatto che l'attentato a Hitler del 20 luglio 1944 sia stato messo in atto quando la sconfitta era ormai certa, con i Russi che premevano verso il Reich e gli alleati saldamenti attestati in Francia. Occorre però ricordare che, se una certa dose di opportunismo poteva essere presente (ma a questa stregua una critica analoga la si dovrebbe estendere ad altri momenti della resistenza europea), gli ufficiali dovettero in ogni caso usare una estrema violenza nei confronti dello spirito di casta di cui erano imbevuti, retaggio dell'antico imprinting prussiano fatto di disciplina, rispetto della gerarchia e della legalità. Quando non furono questi elementi a bloccare le volontà dei cospiratori fu il carisma di Hitler a impedire ad alcuni dei personaggi a lui più vicini di scegliere la soluzione dell'assassinio. Tipico l'esempio di ALBERT SPEER, architetto e ministro degli armamenti. Alcuni anni dopo la fine del conflitto così rievocò il suo atteggiamento di fronte ai progetti del 1944 per eliminare il Führer. "Su un piano razionale ormai da molti mesi, se non da prima ancora, avevo capito che solo la morte di Hitler poteva salvarci dalla catastrofe. Ma dal punto di vista psicologico, o se si preferisce emotivo, non avrei potuto mai prendervi parte. Ne ebbi un'ulteriore conferma sette mesi dopo quando, avendo elaborato un piano per eliminarlo, mi resi contemporaneamente conto che mai avrei potuto porlo in atto". Diverso l'atteggiamento di von STAUFFENBERG, il più determinato tra i congiurati del 20 luglio. "Io perseguo con tutti i mezzi a mia disposizione l'alto tradimento" ebbe modo di dire senza mezzi termini durante una riunione preparatoria dell'attentato. Negli ultimi mesi di guerra per Stauffenberg non era neanche più in gioco l'esito positivo della congiura, quanto il gesto in sé. Anche il semplice tentativo di uccidere il tiranno avrebbe contribuito a riscattare moralmente il popolo tedesco da undici anni di dittatura, indipendentemente dal risultato finale dell'azione. E i dubbi sull'esito della congiura erano assolutamente leciti, visto il provvidenziale "stellone" che nel corso del 1943 e dei primi mesi del 1944 consentì più volte a Hitler di sfuggire a tutta una serie di attentati orditi da ufficiali legati al gruppo di Stauffenberg. Due bombe piazzate nella macchina del Führer mentre era in visita al quartiere generale fecero cilecca. Il tentativo di far saltare l'arsenale di Berlino nel corso di un'altra visita non sortì alcun esito perché Hitler si trattenne solo pochi minuti. In un altro caso la bomba scoppiò in anticipo. Altri tentativi fallirono miseramente in seguito a repentini cambiamenti di programma, a inconvenienti tecnici o perché - come nel caso di von Breitenbuchs, che voleva uccidere Hitler a colpi di pistola durante un colloquio al Berghof - all'attentatore fu negato in extremis l'accesso. Da parte alleata non si fece alcuno sforzo per incoraggiare la fronda nell'esercito tedesco. Eppure nel corso del 1943 alcuni ufficiali e civili tedeschi cercarono in diverse occasioni di avviare negoziati con gli anglo-americani. Ma il desiderio di voler mantenere quasi tutte le conquiste tedesche fatte prima dell'invasione della Polonia pregiudicarono ogni possibile dialogo. "E del resto, la riluttanza degli uomini di stato alleati era facilmente comprensibile - ha scritto lo storico Joachim Fest -. Il loro rifiuto a legarsi le mani, prima della vittoria che appariva prossima, unito alla preoccupazione di fare un affronto all'Unione Sovietica, era tutt'altro che ingiustificato. E altrettanto comprensibile è la loro incapacità ad afferrare i complessi conflitti politici e morali dei congiurati tedeschi. […] L'atteggiamento di riserbo era ulteriormente rafforzato da un innegabile risentimento nei confronti dei tedeschi, oggetto del quale era pur sempre quel tipo umano che ora si presentava loro quale portatore di un nuovo ordine mondiale, ma che in realtà sembrava soltanto il rappresentante del vecchio, vale a dire il "militarista", lo "junker" prussiano, l'"ufficiale di stato maggiore".

Nell'aprile del 1944 von Moltke venne arrestato e il circolo di Kreisau scomparve dalla scena. Per Goerdeler e Stauffenberg non c'era un minuto da perdere, pena il rischio di veder smascherate anche le loro strutture cospirative. Non c'era tempo per contattare gli alleati né per organizzare una strategia politica a lungo termine, tanto più che con lo sbarco in Normandia qualsiasi velleità di vittoria dell'esercito tedesco stava venendo meno. Anche ROMMEL decise di prendere parte al colpo di stato: "Se Hitler si rifiuta di trarre le conseguenze - disse - entreremo in azione noi".

Una volta eliminato Hitler il progetto dei congiurati prevedeva l'imposizione dello stato d'assedio per contrastare una rivolta delle SS costruita ad arte. La Wehrmacht avrebbe assunto il comando, occupando i ministeri, le stazioni radio e disarmando le SS ovunque si trovassero. Doveva essere la rivincita dell'antica tradizione militare prussiana contro la nazificazione delle forze armate. In un secondo momento Karl Goerdeler avrebbe dovuto prendere le redini del Paese come nuovo cancelliere. Il 20 luglio del 1944 von Stauffenberg, che in qualità di capo di stato maggiore generale dell'esercito di riserva aveva accesso alle riunioni del Führer, si presentò al quartiere generale a Rastenburg con una bomba nascosta nella valigia. La bomba esplose e l'attentatore, fuggito pochi minuti dopo l'innesco dell'ordigno, volò a Berlino convinto che Hitler fosse rimasto ucciso. Ma per una serie di circostanze fortuite questi sfuggì ancora una volta all'attentato, cavandosela solo con qualche graffio. Intanto la macchina cospiratoria era già in movimento, non solo a Berlino ma anche a Parigi e Vienna. Stauffenberg si recò al Ministero della guerra annunciando la morte di Hitler e ordinando che l'esercito assumesse il potere contro le SS. Ma tra lentezze, indecisioni e tentativi in extremis di volgere alla propria causa altri esponenti dell'esercito si perse tempo prezioso. La notizia che Hitler era ancora vivo colse i congiurati mentre le tappe del colpo di stato non erano ancora concluse o erano già fallite. L'ordine dalla viva voce del Führer di stroncare la sedizione pose fine all'ultimo ed estremo atto di resistenza, dando il via a una barbara repressione. Come nell'atto finale di una tragedia nibelungica a mezzanotte di quello stesso 20 luglio nel cortile del Ministero della Guerra furono fucilati Stauffenberg e altri congiurati. Altri si suicidarono o furono invitati a farlo, come Rommel. Goerdeler e Tresckow furono arrestati e quindi impiccati. La vendetta fu estesa anche i familiari della sparuta pattuglia di oppositori. Così si consumò l'atto finale dell'ultima congiura contro il dittatore nazista. E le vittime principali del fallimento, oltre ai personaggi direttamente interessati, furono ancora una volta i popoli coinvolti nel conflitto. Soprattutto quello tedesco. La sopravvivenza di Hitler costò la vita a più di quattro milioni e mezzo di tedeschi negli ultimi nove mesi di guerra. Se la resistenza interna al nazismo, nei diversi aspetti che ha assunto durante dodici anni di dittatura, può quindi definirsi inconcludente e confusa nei suoi propositi, troppo spesso divisa e sicuramente fallimentare sul piano degli effetti pratici, sul piano morale è valsa quanto un successo. Il sangue versato dai giovani studenti della Rosa Bianca, da Stauffenberg e dai cospiratori radunati attorno a lui servì a dimostrare (più del processo di Norimberga, imposto dalle potenze vincitrici alla Germania sconfitta) che un barlume di coscienza civile era pronto a rinascere sulle ceneri del Terzo Reich.

(a cura di Umberto Stefani)

 

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pallanimred.gif (323 byte) L’attentato  del 1944 ad Hitler (dal sito prclongo)

 

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