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la Resistenza romana

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pallanimred.gif (323 byte) "La mia vita di parte" La testimonianza di Maria Teresa Regard

Io nel 1940 mi sono iscritta a un gruppo trotzkista a Napoli. Non sono stata mai molto fascista: la mia famiglia era di Ginevra, avevamo parenti all'estero, in casa c'erano dei liberali, uno zio era un socialista accanito. Però il motivo fondamentale è stata la cosa contro gli ebrei.

Io ero piccola, perché sono nata nel '24; però vidi che amici miei ebrei venivano allontanati da scuola e questo mi diede talmente fastidio che entrai in questo gruppo. Nel 1941, dopo che l'Unione sovietica si era unita agli alleati ed era stata invasa, ho cominciato a cercare il Partito comunista, e nel '42 a Roma sono entrata in contatto con i cattolici comunisti. Io cattolica non ero, ma questo era quello che c'era a Roma.

Il Partito stava in una situazione abbastanza disastrata, erano stati presi quasi tutti, e non è che io abbia combinato molto in quegli anni.

Con Trombadori

L'otto settembre ho incontrato Antonello Trombadori per la strada. Avevamo sentito il comunicato di Badoglio, e io ho subito detto, che facciamo? Mi ha dato appuntamento la mattina dopo al Colosseo, ma quando sono arrivata non l'ho trovato, perché erano andati a distribuire le armi a Testaccio. Quindi io mi sono trovata sola, con questi militari che non conoscevo. Io ho detto mi metto a disposizione, però non potevo fare granché; io non sapevo sparare, armi non ce n'avevo.

L'unica cosa che ho fatto, questi militari m'hanno detto: con la bicicletta puoi fare il portaordini, però non si sapeva bene dove perché erano tutti sparsi, non c'era un centro. L'unica cosa che ho fatto, ho portato da mangiare alla gente, ai soldati perché non avevano né acqua, né rancio, quindi le famiglie, le donne aiutavano moltissimo. Il nove e il dieci sono sempre stata là nei posti dei combattimento, e c'è stata una grandissima solidarietà, soprattutto dove s'è combattuto; la gente è scesa dalle case, si è battuta per difendere Roma.

E' stato un moto spontaneo dell'animo; però non c'era una partecipazione di massa, secondo me non per colpa di nessuno, ma per colpa del fatto che i partiti non erano per niente organizzati.

Io, personalmente, lo facevo prima di tutto per il mio paese, non tanto per il Partito comunista. Forse anche per il partito; però io l'otto settembre sono andata là, ai combattimenti di Porta San Paolo, ma ci sono andata per il mio paese, per Roma, per salvare Roma, non ci sono andata perché me l'ha detto il Partito comunista. La cosa importante è stato l'amor di patria.

Dopo l'otto settembre, Trombadori ha cercato quelli che erano più disponibili; io ero orfana di padre, avevo soltanto mia mamma e mio fratello più piccolo e quindi forse ero più libera di altre. Carla Capponi e io siamo entrate nei Gap insieme, senza conoscere nessuno, quindi siamo state proprio buttate in questa cosa. Abbiamo fatto tantissimi attentati; nessuna capitale europea ha fatto quello che ha fatto Roma. Io via Rasella non l'ho fatto, e ho avuto discussioni, perché secondo me era sbagliato fare l'attentato in quel punto lì che era un budello, che non ne uscivi. Però quando parlo con gli americani e gli inglesi che ho conosciuto poi, mi si allarga il cuore perché dicono, "siete stati bravi a fare via Rasella, perché ci avete salvato".

Loro pensano che il fronte di Anzio sarebbe crollato, e che via Rasella insieme alla lotta dei Castelli Romani e del Basso Lazio li abbia moltissimo aiutati.

Quarantesima azione

Soprattutto, non fu un'azione isolata: era almeno la quarantesima azione dei Gap. Io con Franco Calamandrei ho messo uno spezzone incendiario a Piazza Montecitorio, che fu una cosa grossa perché saltò per aria un camion e prese fuoco l'albergo Nazionale, e ancora dopo tanti anni c'erano le tracce. Ho partecipato a mettere la bomba all'hotel Flora al comando tedesco, e al posto di ristoro dei soldati tedeschi alla stazione Termini, che io ho fatto assolutamente da sola.

Mi dissero: guarda, partono i treni per Anzio di lì, e bisogna mettere una bomba; e quindi io partii e misi la bomba, e morirono un sacco di tedeschi, quanti non si sa perché non l'hanno mai scritto.

Quando il 22 gennaio gli alleati sono sbarcati a Anzio io ho avuto l'ordine per radio, dagli alleati, che dovevamo fare l'insurrezione. Loro avevano bisogno di avere delle azioni forti a Roma. Loro le sollecitavano queste azioni, non è che noi ci siamo mossi a vanvera. C'era un collegamento molto stretto, anche attraverso il Fronte militare clandestino che era diretto dal colonnello Montezemolo, poi da Maurizio Giglio, poi da Paladini.

Loro non facevano azioni, ma tenevano i collegamenti. E Montezemolo ha incontrato Amendola e gli ha detto: "il tale giorno, il 15 dicembre mi sembra, passeranno due treni, sulla linea Roma-Cassino e sulla linea Roma-Formia. Mandate della gente che faccia saltare in aria questi treni." E questi treni sono saltati perché l'ha detto il colonnello Montezemolo.

Cioè, noi avevamo buoni rapporti con i militari, e con Bandiera Rossa. Io sono stata in via Tasso con quelli di Bandiera Rossa e con i militari, e non ho sentito mai nessuna differenza, assolutamente. Io sono stata in prigione con Montezemolo, perché lui è stato preso il 28, io sono stata presa il 30. Montezemolo s'è comportato in maniera eccezionale, perché è stato picchiato selvaggiamente, guarda, pazzesco. Ci sono stati anche i nostri che si sono comportati bene, come Gioacchino Gesmundo. Però anche Montezemolo è un eroe per me.

 

Maria Teresa Regard è decorata con medaglia d'argento così motivata: "Giovane studentessa universitaria, partigiana, ardimentosa dava alla causa della Resistenza apporto entusiastico e infaticabile...Tratta in arresto e tradotta nelle prigioni di Via Tasso, teneva, durante i ripetuti interrogatori, contegno virile ed esemplare...".

 

"Virile" l'ho cancellato - gli ho detto, sentite, levate "virile" perché proprio non lo reggo. A Roma nella Resistenza, armata e non armata, le donne erano tantissime, e contavano molto. Però non perché ci fosse una rivendicazione femminista. Vedo che le donne sono più pratiche: probabilmente avevano visto questa guerra così malcondotta, non so... Le persone che hanno risposto di più, quelle che erano antifasciste, al Mamiani, dove stavo io al liceo, erano le ragazze; poi sono andata all'università e ho trovato altre donne.

Io pensavo che dovevamo fare queste cose per cacciare i tedeschi da Roma. Questo era il fine, non era certamente l'idea di ammazzare la gente che mi piacesse. Però in quel momento ci ragionavo poco; pensavo che era una cosa utile. Le mie figlie dicono, ma come, non riflettevi su queste cose? Io ho detto, in realtà non ci volevo nemmeno riflettere perché se ci avessi molto riflettuto mi sarei impaurita, non lo so, non avrei poi avuto la forza, la tensione nervosa era molto forte. Eravamo come se avessimo uno scudo intorno, quasi ci volessimo difendere da questa cosa, perché era una cosa talmente anormale per una persona come noi. Per me non è tanto la paura quanto il timore che dandomi un po' poi a un certo punto mi sarei anche afflosciata. Anche il fatto di non aver voluto stabilire grandi amicizie con gli altri dei Gap, sempre rimanere un po' isolata. Io per esempio di sposare Franco Calamandrei non mi passava manco per la testa. Io mi sono sposata il 13 giugno, dieci giorni dopo la liberazione, perché a un certo punto lui ha deciso così. M'ha talmente frastornata, ha detto, "ah, no io mi posso sposare solo una che ha fatto la gappista, non c'è altra scelta"; e poi è curioso perché questo attaccamento così forte che c'era fra di noi è resistito nel tempo, questa è la cosa più strana, perché uno che si sposa così un po' all'avventura... mi sembrava un po' strano.

Dopo la guerra siamo andati a Milano perché lui doveva fare un giornale e io sono stata messa nel direttivo della Federazione. Poi Franco è diventato corrispondente dall'Inghilterra dell'Unità, e io ho cominciato a mandare dei pezzi da lì per il Nuovo Corriere. Poi sono andata in Cina, in Tibet, e in Vietnam.

Sai, se uno è coraggioso è coraggioso sempre. Guarda, la guerra è brutta, perché la guerra è diversa da fare gli attentati in città. La guerra è molto peggio. Io nel Vietnam ci sono stata nel '54; ho fatto tutta la guerra quando c'erano i francesi. Eravamo nella giungla con loro e poi quando fu liberata Hanoi siamo avanzati su Hanoi sulle jeep loro. Franco fu l'unico giornalista che arrivò fino a Diem Bien Phu. Tuttora il ricordo della liberazione di Hanoi è fra le cose più belle che abbia mai visto: tutte le bandiere rosse al vento e il ritorno dei soldati che avevano combattuto al Nord: finalmente questa città ritorna ai suoi cittadini.

Sul Tibet

Franco e io abbiamo scritto insieme un libro sul Vietnam e uno sul Tibet. Siamo stati in Tibet nel '54-'55, lo conosco bene, ho studiato cinese. Ci sono tornata nel '97: prima era meraviglioso, anche se poverissimo, e ora è stato distrutto dai cinesi. In Cina abbiamo vissuto dal '53 al '56, quando Franco era corrispondente dell'Unità a Pechino. Avremmo voluto scrivere anche un libro sulla Cina, ma non è facile, non è un paese che facilmente si capisca. Anche mia figlia, che è nata a Pechino, poi è andata in Cina nel '69, ha fatto la rivoluzione culturale andando nei villaggi, una cosa fantastica, però quest'esperienza non l'ha scritta mai.

Un amico, storico, mi ha detto: soltanto tu puoi scrivere un libro bello sulla resistenza romana, perché scrivi in modo che piace alla gente. E ho detto: sì, posso scriverlo, però questa storia della resistenza romana o m'è venuta a noia, o, non lo so, non sono capace. Io l'unica cosa a cui tengo fortemente è lo scrivere, e guarda, non sono capace di scrivere questa storia. Poi, per tantissimi anni non me ne sono proprio interessata perché a casa nostra di queste cose non se ne parlava mai. Franco ha testimoniato al processo Kappler, ma poi non ne parlava mai, mentre tutti gli altri non facevano altro che parlare. Io, per carità, dico che hanno fatto bene e probabilmente abbiamo fatto male noi. Ma noi poi nella vita abbiamo fatto tante altre cose. Io ho fatto una vita molto avventurosa.

(a cura di Alessandro Portelli)

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