Norma
Parenti nasce al podere Zuccantine nei pressi di Lago Boracifero, nel Comune di
Monterotondo Marittimo, alle ore 19 del 1 giugno 1921. Il padre, Estewan, di Lodovico,
nato a Volterra il 2 marzo 1882 in via Guidi al n. 17, apprende il mestiere di muratore e
inizia a spostarsi nei piccoli centri abitati del circondario volterrano per eseguire
lavori di manutenzione alle opere stradali. Durante uno di questi spostamenti conosce a
Suvereto Roma Camerini, di Celestino, nata il 22 ottobre 1888, una giovanissima ragazza
del paese, che sposerà il 16 aprile 1904 dopo aver trasferito nella piccola borgata
maremmana, in via dellIndovino 1, la propria residenza. Da Suvereto infine,
nellottobre 1917, la coppia, unitamente ai figli Aston e Ovidio, si sposterà
definitivamente a Massa Marittima, in una casa di Via Roma al n. 23, e qui Roma Camerini
aprirà una piccola trattoria, poco discosto dalla piazza della cattedrale, nella strada
oggi intitolata alla figlia Norma. Due persone semplici, un muratore ed una casalinga, di
profonda fede cattolica e solide tradizioni patriottiche, dalle quali Norma ed i suoi
fratelli, apprenderanno ad amare la dignità del lavoro, la Patria e la libertà. Fin da
bambina Norma respira, insieme ai precetti religiosi, lantifascismo palpabile tra il
popolo massetano, un popolo fiero dei propri ideali mazziniani e libertari, crescendo
bella e vivace, determinata e inflessibile nei suoi principi. Norma è ricordata come una
stupenda ragazza, impulsiva e generosa, dai capelli castani tendenti al biondo, ondulati e
sciolti, gli occhi azzurri, ardenti di coraggio, la bocca fresca e sensuale.
Qualche
compagna delladolescenza ha descritto Norma come una giovane dalla vitalità
esuberante, ribelle e insofferente a conformistiche regole e ordini autoritari, quasi
fosse rimasta il capobanda, una sorta di ragazzaccio, dei tempi
dei giochi fanciulleschi al Piazzalino di Borgo a Massa Marittima. Negli anni della
precoce maturità Norma aderì allorganizzazione semiclandestina dellAzione
Cattolica, entrando a far parte del Circolo Santa Giovanna DArco
operante allinterno dellospizio S.Chiara, con lo stesso entusiasmo
con il quale affronterà più tardi tutti i pericoli della lotta partigiana. Il 31 marzo
1943 si sposa a Massa Marittima con Mario Pratelli, giovane di tendenza antifascista che
avrà un ruolo non secondario nella sua formazione politica. E attraverso la rete
relazionale del marito che Norma conoscerà loperaio comunista Aldo Borri, membro
del Comitato Militare Clandestino del CLN di Siena, rimanendo influenzata dalla sua forte
fede ideologica.
Dopo
l8 settembre, allinizio dellautunno 1943, Norma entra in contatto con le
bande di partigiani, sorte, tra le prime dItalia, a Massa Marittima: I ragazzi
della Torre e il gruppo Capanne Vecchie, di Elvezio Cerboni e Mario
Chirici. Nonostante lavanzata gravidanza ella provvede a frequenti rifornimenti ai
partigiani, sia di viveri e munizioni, sia di documenti e volantini stampati
clandestinamente. Alla fine dellanno, il 29 dicembre, Norma dà alla luce un figlio,
Alberto Mario. Ma non interrompe mai la sua azione politica e con notevole temerarietà
diffonde propaganda del Comitato di Liberazione Nazionale clandestino di Massa Marittima
tra il popolo della città, incitandolo alla lotta. Dallinizio del 1944 inizia per
Norma un fase più intensa di partecipazione alla Resistenza: rifornisce i partigiani di
armi e munizioni, addirittura nascondendole nella carrozzina del suo bambino; accompagna
alla macchia soldati russi e polacchi, fuggiti dalla prigionia tedesca; offre temporaneo
rifugio e soccorso ai ricercati politici, agli ebrei, agli sbandati, rimpiattandoli nel
fienile soprastante un piccolo magazzino di proprietà del padre, ubicato a pochi metri di
distanza da una caserma della RSI e dalla trattoria della madre. Ma non rimane in stretta
clandestinità, esce allaperto. I fascisti repubblichini la vedono nelle
vie della città distribuire volantini di propaganda e lei li affronta, in pubblico, e li
apostrofa Nemici, traditori della Patria!
Nonostante
ciò non osano toccarla, tanta è la fama che aveva acquisito fin da quando, giovinetta,
sorretta dalla Fede e dallamore per il prossimo, dedicava molte delle sue giornate
ai bambini abbandonati dellOrfanotrofio massetano: la fama di unapostola della
carità. Le manca solo laureola, pensa la gente. Ma appunto perché molti le
vogliono bene la consigliano di nascondersi e Norma sorride mostrando il pugnale che tiene
sotto il vestito. Le suore clarisse le offrono riparo e lavoro in convento,
laccoglierebbero insieme al bambino ed alla mamma. Norma rifiuta. Quando, alla metà
di maggio 1944, i militi repubblicani ed i soldati tedeschi trascinano il corpo martoriato
e senza vita di un giovane partigiano, Guido Radi Boscaglia, per le vie della
città, a monito e disprezzo delle azioni dei banditen, i partigiani, Norma,
insieme con altre donne è presente e, dopo che il cadavere è stato abbandonato sulla
piazza del Duomo, mentre quasi tutti i cittadini fuggono inorriditi ed impauriti, eccola
là, sola, sulla piazza, a comporne le spoglie, chiamare qualcuno che laiuti,
insistere, finché due donne congiungono i loro ai suoi sforzi per trascinare il corpo in
un portone. Va a cercare un carro; con mezzi di fortuna riesce ad avvisare i genitori al
podere Montemaggiore di Radicondoli, li ospita a casa sua, provvedendo infine alla
tumulazione della salma nel cimitero Comunale, nonostante il divieto del Capo della
provincia, Alceo Ercolani (colui che aveva scritto al segretario del fascio di Montieri,
in caso di manifestazioni dostilità della popolazione, di ...tirare sulla
gente come agli uccelletti). I pochi fanatici repubblichini la odiano a morte, ma
non osano toccarla, attendendo il momento propizio per vendicarsi. La sera del 4 giugno
1944 Mario Pratelli è attaccato mano armata da alcuni militi della RSI, tuttavia riesce a
sfuggirgli. Norma è ormai braccata come moglie di un oppositore politico e come attivista
partigiana. I familiari ed alcuni amici le consigliano di nascondersi e di abbandonare la
città, ma ella risponde: Nascondersi, fuggire? E già troppo che vi abbiano
costretto mio marito. Io ho il dovere di prendere il suo posto, qui, in città, di fare
quello che lui avrebbe fatto.
Il
10 giugno i partigiani entrano in Massa Marittima, ma incalzati dalla superiorità
numerica dei tedeschi sono costretti a ritirarsi dopo poche ore. La repressione
nazifascista si fa ancora più dura. E un crescendo di fucilazioni, di rappresaglie,
dincendi. Il Palazzo Pretorio rigurgita dostaggi innocenti. E ciò avviene in
tutti i villaggi delle Colline Metallifere: a Monterotondo Marittimo, Niccioleta,
Castelnuovo di Val di Cecina, con quasi cento minatori e partigiani uccisi. Negli stessi
giorni lattività clandestina di Norma diviene frenetica. Da Massa Marittima
transitano le truppe della Wermacht in ritirata verso il Nord. Norma assiste con ogni
mezzo i prigionieri costretti a seguire i soldati tedeschi, li rifocilla, li medica e,
quando è possibile, li aiuta a rifugiarsi alla macchia. In tal modo riesce a condurre
quaranta giovani nelle file della Resistenza. Inoltre non si limita a sfidare i
repubblichini depositando negli androni delle loro case i manifestini dammonimento
diramati dal CLN, ma provvede personalmente alla stampa dei medesimi in una rudimentale
tipografia clandestina installata nella soffitta della sua abitazione. Prima di andarsene
da Massa, la sera del 23 giugno 1944, gli ultimi fanatici militi della RSI e militari
delle SS si ricordano di Norma. Tre soldati delle SS, seguiti da unaltra ventina di
militi repubblichini, si recano alla locanda Roma, avendo appreso da una
spiata che da alcuni giorni Norma vi ha fatto il suo nascondiglio e la base operativa.
Norma e la madre son trascinate fuori del locale che è devastato con bombe a mano. A
Norma, che allatta, strappano il bimbo dal seno, la percuotono, la insultano, gli sputano
in faccia, poi mettono madre e figlia contro il muro per la fucilazione. In quel preciso
istante una cannonata sparata dallartiglieria americana cade nella strada. Molti
uomini sono feriti ed anche la madre di Norma è colpita gravemente: creduta morta è
lasciata nella strada in una pozza di sangue.
Gli
aguzzini nazifascisti, ormai in ritirata dalla città, conducono Norma sulla strada
maestra, ma, costretti a proteggersi dal fitto cannoneggiamento americano, imboccano una
stradicciola incassata che si apre di fronte alla Porta di San Bernardino (allora
ostruita) e scende verso la valle attraverso una rigogliosa oliveta. Si fermano in uno
spiazzo tra le piante, a ridosso del podere Coste Botrelli, la ingiuriano e la torturano.
Italo Moschini, nato nel 1921, mezzadro al podere Coste Botrelli, rievoca con commosse
parole luccisione di Norma: ...la sera andiedeno a prelevare la pora Norma,
alla trattoria della sua mamma, anzi la mamma si offrì al suo posto, ma volsero lei, non
lho visti, ma parlavano anche italiano, partendo di li presero giù per venire verso
Schiantapetto, quando arrivarono a quel poderino ci fu un bombardamento che faceva paura,
una colonna tedesca veniva sù, coi cavalli, una cicogna li aveva intercettati
e le artiglierie americane sparavano senza smettere, allora loro cosa fecero, tornarono
indietro, quando arrivarono lì, dal Lippi, presero giù per salvarsi in quella strada
incassata, ora quando arrivarono nelloliveta entrarono dal primo cancello e vicino
al podere la portarono in quel pianarottolo poi andiedeno a casa nostra. Tra gli ulivi ci
si trovò una lettera che cera piovuto sopra, ma si conoscevano parecchie parole, e
cerano dei panni un po stracciati color celestino chiaro, si raccattò tutto e
si consegnò al Comitato di Liberazione. Noi sera tutti sfollati alla
buca, laggiù, tre famiglie, ma al podere ci saveva una mucca che aveva
finito il tempo e doveva figliare.
Il
mio povero babbo Giovanni, verso le dieci di sera, era ormai buio, venne su a vedere se
questa mucca figliava o no, entrò di sotto, andiede nella stalla, ma quando sortì sentì
voce di donna in cima alla porta di casa, lui prese lungo il muro e saffacciò un
pochino, in fondo agli scaloni. Lo videro e lo presero. Norma urlava Capitano
cho un figlio al petto! e lì cera uno che parlava italiano, sicché non
erano tutti tedeschi, poi gli sattaccò al collo piangendo, gli sattaccò al
collo e gli gridò Moschini cammazzano! in quella via gli spararono.
Norma cascò in terra bocconi e rimase di traverso, con il capo verso una vetrina
incassata nella parete e le gambe alla porta dingresso. Il mio babbo si buttò a
morto dietro la parete, fece il morto, ma non ebbe nemmeno un graffio e solo la giubba fu
traforata in una manica da una pallottola. Si buttò giù e ci rimase. Era buio, sentiva
Norma lamentarsi, lamentarsi, poi venne il silenzio. Lui rimase steso e quando non sentì
più niente scese da una finestra verso il castro dei maiali e venne alla buca
e ci raccontò il fatto, disse Cè una donna ammazzata, si lamentava, diceva
cho un figlio al petto! poi fu sparato, per me mi sembra la Parenti. La
mattina dopo, verso le ore nove, si voleva andar su, ma saveva paura, poi si
cominciò a veder scendere qualcuno di Massa che andava allorto a prendere un pò di
verdura, andavano su e giù per quella stradetta, e vedendo la gente andar su e giù ci si
fece coraggio, il mio poro babbo venne per primo a rivedere la mucca ed io e il Bargelli
si venne più tardi a prendere un fastello di fieno per portarlo giù a quellaltre
vacche che serano portate alla buca.
Ora
in quel mentre che noi si veniva arrivò un carabiniere che ci conosceva. Aveva chiuso la
caserma, si vede che sentì il fatto di questa Norma, e venne subito giù e si mise ad
aiutare il mio babbo che tentava di salvare la roba meglio gettandola da una finestra
nella concimaia e in quel mentre i soldati si affacciano alla porta e cominciano a sparà
a sparà. Loro rimasero tutti e due feriti, in casa, sul pavimento (questo me lha
raccontato il carabiniere che è morto per le ferite cinque o sei mesi dopo). I tedeschi
scesero giù dalla porta di casa, girarono sotto la casa, risalirono e rientrarono dalla
porta principale, e non ci trovarono più il mio poro babbo e il carabiniere. Loro,
feriti, erano scesi dalle scale tentando di raggiungere una botte dacqua per
bagnarsi le ferite, allora gli spararono di nuovo: al mio poro babbo una pallottola gli
entrò dalla tempia e uscì dallaltra parte, e il carabiniere fu tutto mangiato
dalle pallottole, campò poco, allospedale. Io e il Bargelli sera appena messo
in spalla il fastello, a una cinquantina di metri da Coste Botrelli, si vide il fumo
uscire dalla finestrina del gabinetto e la polvere dalla soffitta, poi cominciò la
sparatoria e si pensò che ci rierano loro, i tedeschi e si scappò verso la buca. Dopo ritornai a vedere. Quando
entrai in casa mi toccò saltare il corpo di Norma che era disteso attraverso la porta,
aveva tutti i capelli sciolti, lunghi e se li tirava con tutte e due le mani, io davanti
non lho vista, era sdraiata bocconi, con le mani che si tirava i capelli, non era
nuda, aveva un vestitetto marroncino, mezzo strappato, corto, che le lasciava scoperte le
gambe, il sangue era nel fianco, ma non ho visto le ferite.
I
tedeschi avevano tirato una bomba a mano contro il focarile e ammucchiato alcune cose alla
gamba del tavolino dandogli fuoco, poi andettero nella stalla e dettero fuoco alla paglia
che era nel trinciaforaggi, le fiamme bruciarono una parte della casa. Questo fatto
avvenne di mattina, prima delle dieci e verso le undici arrivarono gli americani. Il
cadavere di Norma venne prelevato il mattino stesso del 24 giugno dagli uomini del CLN di
Massa aiutati da alcune donne, straziato, si, ma intatto. Anche don Luigi Rossi conferma
questa versione, contraddicendo quanto scritto dai servizi segreti americani il 29 ottobre
1944 sulle atrocità commesse dai tedeschi (Massa Marittima, yong woman was violated
and quartered from mouth to stomech by the Germans): ...io sono arrivato che
era ancora calda, la presi, insieme a Barbetta, e aiutai a deporla sulla barella della
Misericordia e si portò a casa per sistemarla, era rattrappita, colpita su un fianco, per
me quel giorno fu tremendo e trovai molte vittime, trovai lei, un ragazzo tedesco a
Schiantapetto, il Moschini, un russo semisepolto a Capanne... E il giorno
della liberazione di Massa Marittima e Lido Santini ricorda: ...lho vista
quando con la barella lhanno portata a casa la mattina del 24 giugno 1944. Aveva un
vestitino di cotone marroncino, strappato, ero lì, rimasi impressionato da questa
semplice barella, coperta alla meglio con un panno militare e dalla quale penzolava una
mano che stringeva un ciuffo dei suoi capelli, strappati per il dolore e la disperazione.
Il volto era bellissimo e non aveva feite, così come il collo ed il petto.
Tre
giorni dopo si tennero i funerali e la bara, avvolta nel tricolore, attraversò, tra la
commozione dellintera città che le rese gli estremi onori, le antiche strade che
lavevano vista instancabile attivista partigiana. Gabriella Cerchiai, massetana,
così rievoca il clima emotivo degli anni 40 nella sua città natale: Le mie
memorie...dunque...io ero molto piccola ed a 4-6 anni non è che abbia vissuto...ricordo a
sprazzi quello che accadeva, a Massa e a casa mia, ricordo i funerali di alcuni
partigiani; ricordo di essere andata con la mia mamma e tante donne con i bambini; ricordo
che fascisti e nazisti sparavano dopo i funerali: era stata concessa appunto unora
di tempo...ricordo quando morì Norma Parenti: una notte fummo svegliate...o meglio mia
madre aspettava che il babbo tornasse di miniera e siccome lui tornava verso luna,
le due di notte, lei lo aspettava lavorando, perché poi lo aiutava a fare un po di
bagno...sai allepoca non avevamo i bagni veri e propri, quindi bisognava scaldare
lacqua sul fuoco ecc. Ricordo che mi svegliarono delle voci e che mia madre diceva
povera bimba! povera bimba! poi entrò in camera mia piano e prese delle cose
dal baule dove teneva la biancheria (dopo ho saputo che aveva preso delle lenzuola). Poco
dopo venne su mia zia che abitava al piano di sotto con il bambino suo che era piccolino,
due anni più giovane di me, e lo portò a letto, confabularono un pochino e poi mia madre
uscì con la donna che laveva chiamata, che poi seppi essere Uliana Marliani, lei
si...mia mamma non fu partigiana, Uliana faceva da staffetta. Andarono insieme ad Anita
Salvadori, una meravigliosa donna che poi diventò dirigente dellUDI a Massa
Marittima ed anche assessore al comune: è morta qualche anno fa. Esse andarono insieme ad
altre persone di cui non ricordo il nome, ma erano sette o otto, andarono in campagna dove
i nazisti, insieme ai fascisti avevano trucidato Norma: uno strazio...Ricordo altri
momenti terribili: ogni tanto sentivo dire: hanno ammazzato Otello Gattoli, hanno fucilato
Elvezio Cerboni e allora via di corsa per andare dalle vedove...insomma questa
solidarietà, questi approcci. Ricordo bene quando la moglie del Gattoli scese in Piazza
(abitavano vicino ad un negozio di generi alimentari dove andavamo anche noi), con la
mamma eravamo andate a fare la spesa: era il giorno dopo lassassinio di Otello e lei
era tutta vestita di nero con un grembiulino rosso fiamma! Insomma la resistenza si faceva
in tante maniere, anche così...
Poi
ricordo la morte del Filippi, anche questa volta andammo al funerale, e ricordo quando
fucilarono il Cerboni fuori di Massa, e le voci concitate e i pianti...io conoscevo bene
Norma Parenti perché lei veniva a portarci il latte, vendeva il latte per le case. Ogni
tanto arrivava di volata e la mia mamma diceva stai attenta, stai attenta!, lei
aveva un bambino molto piccolo. Mia madre ha sempre detto che Norma era un po
impulsiva, cioè la sua scelta era una scelta dettata da una vitalità estrema, che fosse
una decisa scelta politica mia madre ne ha sempre dubitato, perché la conosceva molto
bene, tuttavia una che a 23 anni viene uccisa in quel modo lì e sacrifica la sua vita
così, cè soltanto da inchinarsi ed infatti mia mamma era una grande amica dei
familiari di Norma e sono sempre stati molto vicini, meno che al marito che ha fatto poi
una fine, almeno dal punto di vista politico, stravagante. Norma era iscritta
allAzione Cattolica e dal punto di vista strettamente politico non eravamo
vicini. Però cera la guerra e contro i fascisti e contro i nazisti
cera un baluardo comune. Mio nonno era ateo professionale, diceva lui,
però era grande amico di due o tre preti gesuiti che erano antifascisti
viscerali...Resistenza significava in quei momenti, quando i fascisti e nazisti
presidiavano le strade, veder passare il prete Biondi che leggeva lOsservatore
Romano camminando: naturalmente fu picchiato. Il prete Biondi diceva. Noi qui siamo
peggio dei filistei ed io mi chiedevo chissà chi sono i filistei? filo
sarà il filo per cucire, mamma, chi sono i filistei? chi lha
detto? lha detto don Biondi allora lei: erano tizi cattivi
che ammazzarono Gesù. Io non ci capivo nulla: perché ora i filistei? Lui alludeva
alla Chiesa e al Papa, lho saputo dopo il perché! Mio nonno è morto presto. Fu
picchiato selvaggiamente e non si riprese e morì. Ma tutta una serie di osservazioni sul
prete Biondi e sui filistei mi furono ricordate da mia madre ti ricordi Gabry quando
mi dicesti che il prete parlava dei filistei? Sai a cosa alludeva? Al Papa, perché non si
era mosso sufficientemente contro le stragi, contro i nazisti, a favore degli ebrei e via
di seguito.
Quindi
cera questo e Massa, in verità, ha resistito e le donne sì...insomma anche queste
suore che impedivano ai fascisti di entrare nella Scuola Materna. Questa era Massa, una
città repubblicana, poi il PCI divenne il primo partito, ma secondi rimasero i
repubblicani. Perciò ecco le donne che venivano tutte assieme ai funerali, era un modo
per manifestare, perché alla fine a che serve andare ai funerali se non per manifestare
qualcosa, e poi parliamoci chiaro rischiavano la vita, io ricordo benissimo i ritorni da
questi funerali, io vedevo davanti a me tante gambe che correvano in un silenzio di tomba, si sentiva solo il rumore dei passi in corsa, poi
sai nelle stradine di Massa ci si disperdeva rapidamente, si entrava in qualche portone,
si lasciava passare la buriana...
Anche
Mario Calvani, il popolare Crimmogeno di Monterotondo Marittimo, partigiano
della III Brigata Garibaldi Banda Camicia Rossa, rievoca gli ultimi terribili
giorni prima della liberazione di Massa Marittima: ...Prima di arrivare a Massa
cè un podere chiamato La Colombaia della fattoria del Cicalino. Sulla strada
cera un uomo che si disperava. Sandò a vedere e si trovarono cinque morti: i
due fratelli Molendi, Dante e Giovanni, ed un loro cugino, Damiano Molendi, Astutillo
Fratti ed un altro. Norma la uccisero in un casolare alla periferia della città, per
vendicarsi, era una donna che girava tra i tedeschi, tra i fascisti, tra i contadini,
bisognava fargli il monumento anche da viva, allora la parte più ignorante la criticava,
ma amava la libertà e la giustizia. I fascisti erano furiosi contro di lei! Avevo
conosciuto la nostra compagna Norma, attiva patriota, durante un incontro notturno tra lei
e il comandante Chirici, in una casa periferica di Massa Marittima. Cerano alcuni
rappresentanti il CLN con i quali Norma teneva i collegamenti. Gli uomini del famigerato
fascista Giovanni Nardulli, comandante della piazza di Massa, avevano compiuto insieme ai
tedeschi lultima infamia. Il podere dove avvenne il delitto era Coste Botrelli.
Assieme a lei fu ucciso Giovanni Moschini, rimase ferito il carabiniere Ascenzio Carlucci,
che dopo pochi mesi morì in ospedale.
A
molti anni di distanza, ma con una memoria vivissima, ed una partecipazione emotiva
intensa, è un familiare di Norma, Sergio Parenti, che racconta i ricordi di quei giorni
del giugno 1944 da lui vissuti direttamente: ...mia mamma Lidia, moglie di Ovidio
che si trovava al fronte, soffriva di una grave forma di artrosi alla quarta vertebra
lombare e trascorreva pertanto le sue giornate a letto con un busto di gesso che le
rivestiva tutto il tronco. Ricordo che mio nonno Estewan le aveva messo sotto i materassi
dei tavoloni di legno di quelli che usano normalmente i muratori. Insieme alla mia cugina
Iris, nata nel 1937 e maggiore di me di un anno, figlia dello zio Aston e di Gisella,
eravamo pertanto affidati alle cure ed alla sorveglianza della zia Norma, essendo tutti
gli altri membri della famiglia impegnati nella conduzione della trattoria che portava il
nome della nonna Roma.
La
nonna era la vera guida della famiglia: severa nei suoi principi e molto rigorosa nei
confronti delle nuore e di noi nipoti. Aveva tuttavia un debole per la figlia Norma,
bella, giovane e molto esuberante, che aveva abituato tutti a quelli che allora erano
considerati per una donna veri e propri eccessi. Vestiva sempre abiti sportivi, quasi
sempre in pantaloni e adorava i cavalli. Nella stalla che possedevamo al
Piazzalino, che lei utilizzò spesso per dare rifugio ai soldati russi e
polacchi nonché ai partigiani, cerano sempre uno o due cavalli ed un bellissimo
calesse sul quale qualche volta ci conduceva a fare un giretto. Portava al polso un
orologio particolarissimo che al posto del quadrante aveva una placca di acciaio con una
feritoia, dove con un meccanismo complesso per lepoca, comparivano i numeri delle
ore; ero affascinato da quel suo orologio ed ogni tanto me lo metteva al polso per farmi
contento. Ricordo che nel Natale del 1943 aveva preparato unintera stanza,
ricoprendo tutte le pareti ed il soffitto con una carta blu sulla quale aveva appiccicato
delle stelle dorate. Mi regalò, in quelloccasione, una piccola lavagnetta con un
pacchetto di gessetti bianchi perchè sosteneva che avrei dovuto prepararmi precocemente
alla prima elementare.
La
sera del 23 giugno 1944 la ricordo benissimo: erano circa le 22,00 e mentre mia mamma,
come al solito, si trovava a letto in una camera posteriore della casa, sovrastante la
trattoria, mia cugina Iris ed io stavamo guardando con curiosità la zia Norma che, nella
camera più grande della casa, stava imboccando con un cucchiaino il figlio Alberto, cui
aveva preparato una così detta farinata. Il nonno Estewan era a letto, nella
sua camera, mentre in cucina la zia Gisella metteva un po dordine, pur
abitando con lo zio Aston ed Iris nella casa attigua. Lo zio Mario era fuggito da pochi
giorni, dopo unaggressione dei tedeschi subita in Piazza, proprio di fronte al
Palazzo Comunale, mentre lo zio Aston non era presente in quel momento. Di sotto, nella
trattoria, erano rimaste nonna Roma e una ragazza di Roccastrada che viveva con noi come
collaboratrice domestica di nome Olema. Dopo pochi minuti Olema salì
nellappartamento e rivolta a zia Gisella disse Gisella ci sono due tedeschi
che la vogliono. Ricordo bene che la zia impallidì anche perché era una donna
piena di paure e spesso la vedevo piangere: aveva un viso bello e dolce, ma era di
corporatura molto robusta, il che contrastava con il fisico dello zio Aston, piccolo e
magro.
Zia
Norma capì subito e rivolta a Gisella esclamò Non ti agitare! Sono sicura che
vogliono me. Adagiò il bambino sul letto, uno di quei letti di ferro tubolare
verniciato che usavano allora e, dicendoci di stare buoni, corse giù per le scale. Appena
stava per entrare nella porta della trattoria, da dietro langolo della piccola
salita che porta in Piazza, sbucarono urlando una ventina di persone e la catturarono. Da
dentro uscirono due soldati tedeschi portando nonna Roma e Olema. Iris ed io corremmo alla
finestra della cucina la cui persiana era chiusa, ma dalle feritoie, osservammo tutta la
scena. Il clamore svegliò mio nonno: staccò il suo fucile a due canne con i cani esterni
(lo conservo ancora gelosmente) e fece per avvicinarsi alla finestra della cucina. Mentre
zia Gisella si mise ad urlare e piangere, mia mamma, che con fatica era arrivata alla
camera, si aggrappò alle spalle di mio nonno supplicandolo di non sparare per evitare
che, per reazione, potessero salire di sopra facendo del male ai bambini. Ricordo che le
persone che avevano catturato le tre donne erano per la maggior parte soldati tedeschi in
divisa, ma qualcuno era in abiti civili. Percuotevano mia zia Norma con il calcio dei
fucili, mentre cercavano di strapparle anche lorologio dal polso. Ricordo le sue
grida Prendetelo! Prendete tutto, ma lasciatemi! Ho un bambino di sei mesi!
Ricordo una voce che in perfetto italiano urlò Date fuoco! Si udì il
tremendo boato di una bomba a mano che fu lanciata nella trattoria facendo crollare
langolo verso la strada che porta al Piazzalino, aprendo una grande breccia anche
nella camera del nonno. Poi tutto il gruppo si incamminò verso la Porta del Salnitro con
le tre donne in mezzo che venivano continuamente percosse.
Ciò
che accadde dopo lo sapemmo da nonna Roma: quando arrivarono subito fuori dalla Porta del
Salnitro, dalla strada di circonvallazione, detta Strada Nuova, giunse una
camionetta tedesca con degli ufficiali a bordo. Olema fu liberata e non avemmo più
notizie di lei per lungo tempo; forse i miei familiari seppero, ma personalmente non ebbi
più notizie. Gli ufficiali confabularono con il gruppo degli aggressori e nonna Roma
tentò inutilmente di offrirsi in ostaggio perché liberassero zia Norma. Anzi, con il
calcio del fucile la colpirono violentemente ad una spalla fino a farle perdere i sensi.
Quando si riprese erano rimasti con lei cinque soldati tedeschi, mentre il resto del
gruppo stava recandosi a Coste Botrelli, podere distante non più di 500 metri da Porta
San Bernardino, che si raggiungeva con una carrareccia in forte discesa.
Nonna
Roma fu portata davanti a Porta del Salnitro, dove allora cera un abbeveratoio per i
cavalli, e fu legata su una sedia con la faccia rivolta verso il muro per essere fucilata.
Fu allora che una cannonata sparata dalle truppe Alleate, che si trovavano già ai piedi
della salita di Schiantapetto, cadde nel mezzo del plotone di esecuzione,
uccidendo tutti ad eccezione di nonna Roma, che rimase ferita dalle schegge alla coscia
destra, al torace ed al lobo di un orecchio. Con difficoltà riuscì a liberarsi dalla
sedia e rientrò dalla Porta del Salnitro per tornare a casa. Quando arrivò si preoccupò
di noi bambini e bussò quindi alla porta di Severina Gioffredi, che abitava
nellappartamento sovrastante. Severina scese di corsa a chiamare mio nonno e lo vidi
uscire trafelato con il fucile a tracolla. Seppi che il nonno portò nonna Roma in un
campo derba medica, per ironia della sorte a non più di 300-400 metri da Coste
Botrelli. Lì si consumò lassassinio di zia Norma, sul quale le versioni, sia
quella del povero Giovanni Moschini, catturato, fuggito e poi ucciso il giorno dopo, che
quelle di altri, un pò discordano: pare che fra gli aggressori sia sorta una violenta
disputa sulla sorte da riservare a Norma, culminata con una violenta sparatoria al termine
della quale alcuni restarono uccisi.
Fu
allora che zia Norma fece da scudo con il proprio corpo al povero Moschini che, mentre lei
cadeva a terra con laddome devastata da molte pallottole, riuscì a rimanere illeso.
Nello stesso momento zia Gisella e la mia mamma ci portarono al rifugio che si trovava ai
piedi della salita del Poggio, nellattuale Museo della Miniera. Ricordo che
cerano centinaia di persone ed il chiarore fioco delle candele. Ci fecero adagiare
su una vecchia trapunta, ma nessuno riuscì a dormire. Fu al mattino seguente che zia
Gisella fu informata del ritrovamento del cadavere di zia Norma. La portarono a casa e le
donne di Massa le confezionarono con rapidità un vestito dorganza rosa. Ricordo
ancora il suo viso, intatto, ma nero per i colpi ricevuti e la processione ininterrotta
della gente di Massa che veniva a renderle omaggio. Nel frattempo le truppe Alleate ed i
partigiani erano entrati a Massa Marittima verso le 14,00 e vollero che il funerale fosse
una grande dimostrazione di popolo. Il corteo funebre non finiva mai e vi parteciparono
anche le truppe Alleate addirittura con le autoblinda.
Nonna
Roma morì dopo nemmeno due anni, seguita a breve dalla zia Gisella: le paure e le
emozioni di quel periodo, unite al dolore per le atrocità subite, le avevano duramente
provate. Zio Mario tornò, ma i suoi rapporti con la famiglia si affievolirono subito,
mentre zio Aston emigrò in Argentina, forse per sottrarsi al periodo buio che la nostra
famiglia aveva vissuto. Rimanemmo io, mia mamma, mio babbo, che era tornato dal fronte nel
45, mio nonno ed i miei cugini Iris e Alberto Mario, che furono allevati e cresciuti
dai miei genitori come figli.
Norma
Parenti è stata decorata di Medaglia dOro al Valor Militare alla memoria insieme ad
altre diciotto partigiane, di cui quattro toscane. Per iniziativa dellUnione Donne
Italiane si tenne a Massa Marittima, nellaprile 1945, una manifestazione
commemorativa con la presenza di Rita Montagnana e Carmen Emiliani, mogli di Togliatti e
Nenni. In quelloccasione furono presenti i genitori di Norma, duramente provati nel
corpo e nella mente dalla tragica sorte della figlia amata. La morte di Roma Camerini
avverrà infatti dopo pochi mesi,il 17 febbraio 1946 ed il marito Estewan la seguirà
nellautunno 1954.