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L'8 Settembre 1943
NON FU UNA FUGA NECESSARIA, IL RE E BADOGLIO TAGLIARONO LA
CORDA...
Gentili signori, ho letto sul vostro sito la lettera del signor Matteo
Rossi relativa alla "necessaria" fuga da Roma di Vittorio Emanuele III e l'ho
trovata assolutamente incredibile. Spero quindi che questa mia lettera trovi spazio per
poter controbattere quelle affermazioni. Naturalmente ognuno è libero di avere le sue
opinioni, ma le dichiarazioni del Sig. Rossi [da me riportate in parentesi quadrate],
testimoniano purtroppo come ancora oggi persista una scarsissima conoscenza di quei
tragici fatti. E' ovvio che il governo dell'Italia, anche dopo aver perso la guerra che
aveva dichiarato, doveva rimanere vitale ed indipendente dopo l'armistizio firmato il 3
settembre a Cassibile, ma la fuga non era "necessaria", lo divenne quando
Badoglio e il re stabilirono che Roma sarebbe caduta in mano ai tedeschi, cosa che invece
in quei giorni parve impossibile allo stesso Gen. Rommel, responsabile all'epoca delle
truppe tedesche in Italia. Sappiamo tutti che [..Polonia, Belgio ed Olanda (-ma la lista
è molto più lunga-) ebbero dei governi che di fronte all'avanzata tedesca fuggirono
dalle loro capitali e si rifugiarono all'estero]; la grande, enorme differenza è che il
re d'Italia e Badoglio fuggirono e basta, mancando in pieno alle loro responsabilità
istituzionali storiche e politiche, lasciando il paese e le forze armate alla mercé dei
tedeschi. Fuggirono, scapparono, tagliarono la corda, se la diedero a gambe, non ci sono
altri termini per indicare ciò che avvenne in quella tragica alba del 9 settembre 1943
quando, alle prime luci del mattino, un lungo corteo di macchine lasciò il Ministero
della Guerra in via XX settembre e si avviò lungo la via Tiburtina, senza aver
predisposto alcuna misura di carattere militare, lasciando intere armate, fatto unico
nella storia della guerra, senza ordini e senza alcuna notizia che non fosse quella del
celebre messaggio radio. Uno spaventoso vuoto di potere che determinò la dissoluzione
dell'esercito e dello Stato e, purtroppo, la morte di migliaia di soldati (ottomila solo a
Cefalonia), e la deportazione verso i lager dell'Europa centrale per altri 600.000, molti
dei quali non rividero più la Patria. Anche la carovana di fuggiaschi era composta da
soldati, generali ed ammiragli, quasi tutti in borghese, con le rispettive mogli, e solo
da alcuni ministri. Il re era con la moglie ed il figlio (e risulta che almeno Umberto, in
uno scatto di orgoglio residuo, manifestò l'intenzione di tornare a Roma). Quando la
comitiva arrivò al porto di Ortona a Mare (dopo che la famiglia reale trovò anche il
tempo per rifocillarsi in casa di amici) trovò ad attenderla la piccola corvetta
"Baionetta", per salire sulla quale si scatenò un vergognoso "assalto alla
diligenza", in cui si vide perfino un generale di Stato Maggiore brandire un mitra
per allontanare la folla di "eccellenze" e di alti ufficiali che si spintonavano
come pendolari alla fermata dell'autobus. Di fatto sulla Baionetta salì un numero
ristretto di persone (compresa la dama di compagnia della regina, figura essenziale per la
ricostituzione del governo in esilio
). Quando il giorno successivo arrivò al porto
la corvetta Scimitarra non trovò invece nessuno, la fifa aveva decisamente avuto il
sopravvento sugli "ordini" ricevuti. Non c'è bisogno di essere [..influenzato
da tendenze politiche] per capire che non fu certo questo un caso esemplare di come [..i
vertici dello stato debbono essere in ogni caso difesi e messi al sicuro]. Questa fuga,
inoltre, presenta degli aspetti oscuri che, a parere anche di storici ben più importanti
del sottoscritto, fanno supporre che essa fosse stata addirittura concordata con
Kesserling che, deciso a non ritirarsi dall'Italia meridionale e centrale senza
combattere, contravvenendo agli ordini di Hitler e Rommel, aveva tutto l'interesse a
barattare la sicurezza alle spalle delle sue truppe con la fuga di Badoglio e del re, che
Hitler aveva ordinato di far arrestare. Questa è solo una teoria, non suffragata, fino ad
oggi, da nessun documento, e non influenzata da tendenze politiche, ma da avvenimenti
decisamente inspiegabili, eccoli: 1) pur essendo già in corso i primi scontri armati tra
soldati italiani e tedeschi il Gen.Ambrosio, Capo di Stato Maggiore, ancora all'alba del 9
settembre rifiutò di diramare la celebre "Memoria op.44", unico piano concreto
di resistenza ai tedeschi formulato alla fine di agosto dal nostro stato maggiore; 2)
molti reparti preposti alla difesa di Roma ricevettero strani ordini (loro si) di
spostarsi in posizioni strategicamente favorevoli alle forze tedesche, numericamente
inferiori; 3) il numeroso e vistoso corteo di macchine, che stranamente non aveva alcuna
scorta armata, incontrò lungo la via Tiburtina dei posti di blocco tedeschi, che però
non ne ostacolarono in alcun modo il passaggio; infine 4) mentre solcava l'Adriatico, la
corvetta Baionetta venne avvistata da aerei tedeschi ma non venne attaccata (in quelle
stesse ore, invece, sul Mar Tirreno aerei tedeschi affondavano la corazzata
"Roma", con l'equipaggio che gridava "viva il re"
...) Passiamo
alla questione dei movimenti indipendentisti (strana da proporre in un periodo in cui al
governo c'è un partito che fino a pochi anni fa gridava all'indipendenza della Padania),
lo stesso Sig. Rossi specifica che essi nacquero 'dopo' la guerra, ovvero 'dopo' l'8
settembre, quando c'era rimasto ben poco da credere nella continuità di uno Stato il cui
governo aveva mancato a tutte le sue funzioni istituzionali, e in una monarchia che aveva
tradito quella stessa nazione unificata nel nome di un suo avo solo 82 anni prima. A parte
il fatto che all'indomani dell'8 settembre "l'alleato germanico", a dispetto
dello stesso "governo" di Salò, aveva annesso al Reich intere regioni
dell'Italia settentrionale; dopo la guerra le cessioni territoriali ci furono, eccome:
Briga e Tenda alla Francia, Istria e Dalmazia alla Jugoslavia, Dodecanneso alla Grecia,
più, ovviamente,la perdita di Libia, Etiopia ed Eritrea. Rossi si rallegra che Trieste
scampò a: [..40 anni di dittatura comunista], ma pare fregarsene delle migliaia di
profughi istriani e dalmati. Ma il vertice della falsificazione storica viene compiuto
quando, spero in buona fede, viene riportata la falsa e bugiarda leggenda secondo cui:
[..l'annuncio dell'armistizio fu dato dagli americani con grave anticipo per permettere la
coincidenza con lo sbarco a Salerno. Alla firma dell'armistizio si era rimasti d'accordo
che l'annuncio sarebbe stato dato dagli alleati in una data segreta, ma ufficiosamente si
era fatto capire che doveva essere tra il 13 e il 16 settembre. L'8 quindi i preparativi
per far fronte alla reazione tedesca erano ancora in alto mare
..ciò causò il
noto disastro dell'8 settembre]. Purtroppo per inventare una bugia basta dirla, per
smentirla e dire la verità bisogna dimostrarlo, quindi mi dilungherò su alcuni
avvenimenti: GLI ALLEATI NON DISSERO NE' FECERO NULLA PER INDICARE AL GOVERNO ITALIANO IL
GIORNO IN CUI AVREBBERO ANNUNCIATO L'ARMISTIZIO. Il piano per lo sbarco a Salerno,
avvenuto il 9 settembre, ovviamente, era stato già preparato dagli alleati prima della
firma di Cassibile. Si trattava di un piano militare di cui, giustamente, quelli che fino
al giorno prima erano stati i nostri nemici, e ai quali noi avevamo dichiarato la guerra,
non potevano e non volevano certo illustrarci con dovizia di particolari. La grande
menzogna, che a quanto pare illude ancora oggi i poco informati, nacque da una lettera che
il Gen. Castellano scrisse al gen. Ambrosio il giorno 5 settembre in cui il generale che
aveva firmato l'armistizio scriveva al suo superiore ipotizzando il giorno dello
"..sbarco tra il 10 e il 15 forse il 12". Da questa semplice frase i pochi
intimi che sapevano che era stato firmato l'armistizio (molti generali e ministri ne
vennero a conoscenza solo nel pomeriggio dell'8), decisero che 'sicuramente' il 12
settembre gli alleati sarebbero sbarcati a Salerno e quindi avrebbero annunciato
l'armistizio. Tanto bastò al nostro capo di Stato Maggiore Ambrosio per decidere che il
fatto di organizzare i piani per far fronte alla inevitabile reazione tedesca poteva
attendere qualche giorno, e così si recò a Torino per aiutare sua moglie in un
trasloco!!! Ci credo che: [
L'8 quindi i preparativi per far fronte alla reazione
tedesca erano ancora in alto mare.] Se non ci fosse da piangere se ne potrebbe ridere, ed
invece è proprio così, invece di sfruttare ogni minuto per cercare di salvare il paese e
l'esercito, il massimo responsabile delle nostre Forze armate organizzava il trasloco di
casa. Del resto la questione dell'annuncio fatto l'8 o il 12 settembre mi sembra
sinceramente di lana caprina, il governo Badoglio era in carica dal 25 luglio, ebbe a
disposizione un mese e mezzo per preparare le forze armate a quell'armistizio che era
stato previsto sin dal momento in cui ci si era sbarazzati di Mussolini, e non fece nulla,
nulla ! Paradossalmente furono invece i nostri ex-nemici a venirci incontro, proponendoci
l'attuazione del piano GIANT 2, ovvero l'avio-sbarco di una intera divisione americana,
l'82^, nei pressi di Roma, per aiutare i nostri soldati a difendere la città (e il
governo), dai tedeschi. Due generali americani, Taylor e Bedell-Smith, vennero in missione
segreta a Roma il 7 settembre per accordarsi sui particolari per l'attuazione del piano,
cenarono al Ministero della guerra (un banchetto talmente sontuoso da destare il loro
stesso stupore, incontrarono il gen. Giacomo Carboni, responsabile della difesa di Roma, e
andarono da Badoglio, che li accolse a casa sua in vestaglia verso le 3 di notte, Ambrosio
no, come sappiamo stava traslocando... i nostri dissero ai due americani che il piano non
era attuabile ! Sappiamo tutti come andarono a finire le cose: a Roma, dalla Cassia alla
Magliana, i nostri soldati che decisero di combattere i tedeschi dovettero farlo da soli
opponendo il solito moschetto 1891 ai mitra e ai carri armati dei paracadutisti di
Kesserling (anzi, la mancata difesa di Roma consentì all'abile generale tedesco di
trovare quei rinforzi, che Rommel gli negava, per contrattaccare gli alleati sbarcati a
Salerno). Insomma non solo governo e stato maggiore italiano avevano fatto passare
inutilmente 46 giorni senza predisporre nulla, ma pretendevano, dopo aver perso la guerra
ed essersi arresi, di imporre ai vincitori di annunciare l'armistizio nell'ora e nel
giorno a noi più graditi (nella drammatica riunione che si tenne al Quirinale nel
pomeriggio dell'8 settembre ci fu anche chi propose al re di sconfessare armistizio
all'ultimo momento). E poi non ci dimentichiamo quel "La guerra continua",
quella promessa di continuare a combattere accanto alla Germania fatta personalmente da
Badoglio ad Hitler (mentre già a Lisbona erano iniziate le prime e confuse trattative per
la resa). Allungare i tempi dell'annuncio significava, e significò, che in quei giorni
altri soldati italiani venivano uccisi da quei nemici con i quali oramai eravamo in pace
dal 3 settembre. A questo riguardo citerò un caso tragicamente grottesco, quello dei
piloti del 51° Stormo, di stanza ad Alghero in Sardegna la sera dell'8 settembre che,
proprio quella notte, ricevettero l'ordine di attaccare le navi americane che stavano
navigando verso Salerno. Il loro comandante, Col. Maccagno comunicò a Superaereo a Roma:
"Ricevuta notizia armistizio. Possiamo sospendere previsto attacco Salerno?".
Risposta: "Continuare secondo disposizioni ricevute". E quei magnifici soldati
obbedirono, e vennero tutti abbattuti dalla contraerea alleata che da cinque giorni non
era più in guerra con noi !! Dire quindi che il disastro dell'8 settembre fu causato
dagli alleati mi sembra a dir poco ridicolo, eravamo in guerra con loro da tre anni, una
guerra dichiarata dall'Italia: nel giugno del '40 contro Francia ed Inghilterra, nel
giugno del '41 alla Russia, e nel dicembre del '41 agli USA, ripeto dichiarata da noi, e
firmata da quello stesso re e malamente condotta da quegli stessi generali in fuga l'8
settembre. A Cassibile firmammo una resa incondizionata che pose fine ad una guerra
sanguinosa per chi la fece e vergognosa per chi la dichiarò, ben conoscendo le spaventose
deficienze logistiche ed organizzative in cui versavano all'epoca le nostre Forze Armate.
In ultima analisi io mi domando, come si può anche solo tentare di dare una parvenza di
giustificazione al modo in cui avvenne la fuga da Roma ammettendo allo stesso tempo:
[..che fu una gravissima mancanza quella di non dare direttive alle Forze Armate
all'indomani dell'annuncio dell'armistizio]; [Che Badoglio e il suo seguito fossero
tutt'altro che dei "cuor di leoni"], che [Tutt'al più (-!!!-) si dovrebbe
recriminare sulla tentata difesa di Roma e sull'operato di alcuni alti ufficiali delle
Forze Armate], per poi scagliarsi contro chi denuncia la viltà di quella fuga !? Ed ecco
invece il signor Rossi, uomo [
di forti sentimenti repubblicani], che come chiunque
[
abbia un minimo di cognizioni politico-militari (e non sia influenzato da tendenze
politiche)], reputa necessaria quella fuga, trascurandone le modalità, concludere la sua
lettera scrivendo che [
l'attacco al Re per la fuga da Roma fu una trovata dei
comunisti, dei socialisti e di coloro che erano fortemente contrari alla monarchia per
motivi politici per vincere il referendum]. Dio ci salvi dai sedicenti storici
"obiettivi" e poco informati, per i quali gli oltre 12 milioni di italiani che
il 2 giugno votarono per la Repubblica erano solo un branco di comunisti.
Uno storico italiano
Bibliografia:
Quanto affermato è reperibile in: "Roma 1943" di Paolo Monelli,
"La verità sull'8 settembre" di Ettore Musco; "Come siamo arrivati a
Brindisi" di Luigi Marchesi; "Il tempo del bastone e della carota- Storia di un
anno" di Benito Mussolini, più altri testi relativi ai fatti in questione scritti da
Silvio Bertoldi, Giorgio Bocca, Indro Montanelli ed Arrigo Petacco. |