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Dibattito Salò

«Tutti Cavalieri, anche i combattenti di Salò»

la proposta di An

Tutti Cavalieri della Patria: eroi di guerra, congiunti dei caduti, partigiani, profughi istriani e fascisti. L’ultimo tentativo per una pacificazione nazionale sul piano storico passa per un disegno di legge appena presentato da An al Senato. Il provvedimento istituisce una nuova onorificenza da conferire «ai combattenti della guerra 1940-’45 e della guerra di Liberazione che siano stati decorati della Croce al merito di guerra, ai feriti, ai mutilati e invalidi di guerra e ai congiunti dei caduti». Ma allarga l’iscrizione all’Ordine dei Cavalieri della Patria anche ai «militari che nel periodo 1943-’45 combatterono nelle forze armate regolari della Repubblica Sociale Italiana, quali delineate nella sentenza del Tribunale supremo militare del ’45, ai militari della Rsi internati nei campi di concentramento anglo-americani o comunque alleati, prima e dopo la fine della guerra, e ai profughi dalmati e istriani che abbandonarono la loro terra a seguito dell’occupazione slava».
«È un riconoscimento morale per tutti i combattenti. Un segnale da dare ai giovani che in questi giorni stanno partendo per la guerra in Afghanistan», spiega Riccardo Pedrizzi, primo firmatario del disegno di legge. «Un provvedimento - sottolinea - che era necessario presentare ora che si sta per discutere un analogo provvedimento, già varato dalla Camera, che aveva gli stessi intenti, ma escludeva dal riconoscimento solo i combattenti della Repubblica Sociale». Il nostro scopo, assicura il presidente della commissione Finanze e Tesoro del Senato, è di «colmare una dimenticanza delle generazioni che non hanno conosciuto quel dramma, trascurando persino i riconoscimenti simbolici agli ex combattenti».
Nessun timore di suscitare polemiche: «Dalla scorsa legislatura a oggi - spiega il senatore di An - è cambiato il mondo. Soprattutto in virtù dell’opera benemerita del presidente della Repubblica, che in varie occasioni si è chiesto: come si fa a non riconoscere la buona fede di un giovane di 16 anni che ha scelto di combattere in difesa della propria patria? Negli ultimi anni le stesse sentenze, compresa quella del processo Priebke, hanno messo sullo stesso piano (giustamente) i "combattenti" di qualsiasi insegna, compresi i gappisti che non operavano sotto formazioni regolari. A maggior ragione, nell’ottica di una grande pacificazione nazionale, e visto che è passato più di mezzo secolo e gli stessi interessati via via stanno scomparendo, ci sembra giusto fare un gesto concreto».


(Corriere della Sera, 24 novembre 2001)

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