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Dibattito Salò

L'Italia alla deriva

di Antonio Tabucchi

Ho l'impressione che l'Italia sia alla deriva. E alla deriva politica, rappresentata da un governo con una forte percentuale di ex-fascisti e da un primo ministro con un impero economico di provenienza mai rivelata e proprietario di quasi tutta l'informazione italiana, si aggiunge (da tempo) una deriva ideologica che oggi trova il suo culmine in una dichiarazione del Presidente della Repubblica.
Carlo Azeglio Ciampi, domenica 14 ottobre, durante una cerimonia sulla Resistenza, in un paese vicino a Bologna, ha pronunciato parole che ritengo improponibili per una Repubblica nata dall'antifascismo come l'Italia. Forse ritenendosi difeso dal fatto di avere partecipato alla resistenza, ha affermato: «Abbiamo sempre presente, nel nostro operare quotidiano, l'importanza del valore dell'unità d'Italia. Questa unità che sentiamo essenziale per noi, quell'unità che oggi, a mezzo secolo di distanza, dobbiamo pur dirlo, era il sentimento che animò molti dei giovani che allora fecero scelte diverse e che le fecero credendo di servire ugualmente l'onore della propria Patria».
Con l'eufemistica circonlocuzione «giovani che fecero scelte diverse», il presidente italiano non può che riferirsi ai nazi-fascisti di Salò, cioè a quelle persone che si schierarono militarmente con Mussolini e Hitler dopo la resa dell'Italia. Non so in quale misura Ciampi abbia partecipato alla Resistenza: se vorrà scrivere le sue memorie gli storici le prenderanno in considerazione per valutarne l'effettiva importanza. Ma ciò ha un interesse del tutto secondario. Il punto non è questo. Il punto è che Ciampi non si può permettere di dire ciò che vuole, perché dall'alto della sua carica, fornendo informazioni errate ai giovani e ai cittadini e in particolare a coloro che non hanno accesso allo studio della Storia, egli disorienta gravemente l'opinione pubblica italiana già fortemente disorientata. Che coloro che avevano scelto il nazi-fascismo fossero animati da un sentimento di unità d'Italia è una falsità storica grossolana. La repubblica di Salò, nata dopo l'8 settembre 1943 (data dell'armistizio chiesto dall'Italia agli Alleati) fu uno stato fantoccio creato dai nazisti nel nord d'Italia, più o meno nelle stesse zone che oggi sono in mano al partito separatista della Lega; e l'idea che questo staterello artificiale, roccaforte del nazi-fascismo, tendesse all'unità d'Italia corrisponde al dire che la repubblica di Vichy aspirava all'unità di Francia. Che poi i repubblichini, scherani e servi dei nazisti, autori di massacri, torturatori e aguzzini,con simboli di morte ben espliciti sull'uniforme, credessero di avere servito «l'onore della Patria», è una dichiarazione che involgarisce l'idea di patria e il concetto di onore. Ciampi si appella alla presunta buonafede, specificando che certi giovani fecero «scelte sbagliate», e lasciando intendere che queste scelte sono da assolversi perché furono fatte in buonafede. Con lo stesso ragionamento qualcuno potrebbe arrivare ad assolvere i terroristi di Bin Laden, che sono senz'altro animati dalla «buona fede»,anzi da troppa buona fede.
Lunedì 15 ottobre, quando a Parigi è arrivata la notizia del discorso di Ciampi, in un'aula della Sorbona, il giurista Antonio Cassese chiudeva il corso della cattedra Blaise Pascal con un dibattito sulla giustizia penale internazionale insieme a Robert Badinter, Philippe Kirsch, «padre» dello statuto della Corte penale internazionale, e il Presidente del tribunale internazionale dell'Aja Claude Jorda. Nell'intervallo dei lavori,chiacchierando nel cortile con i numerosi studenti presenti, ho letto loro le parole del presidente della repubblica italiana. Mi hanno guardato con stupore. Uno di loro mi ha condotto davanti alla lapide della «Cour d'Honneur» dove sotto un lungo elenco di nomi c'è scritto: «Ai professori e agli studenti caduti per la Francia, 1939-1945». L'unità della Francia è lì, nei nomi delle persone di quella lapide, non in coloro che furono i loro assassini. Se il presidente Chirac venisse a raccontare a questi studenti che i collaborazionisti o i poliziotti di Vichy avevano comunque agito per l'onore della patria lo prenderebbero a fischi. In Italia non fischia nessuno. Il "blanchissage" di Salò è cominciato da tempo. Del suo iniziatore, il deputato ex-comunista Violante, si dice avesse ambizioni di capo dello Stato e dunque dovesse conquistarsi le simpatie della destra in Parlamento. Ma Ciampi è già presidente della Repubblica, le simpatie della destra se le è già conquistate, infatti è stato eletto all'unanimità, e la destra, compresi gli ex-fascisti, sono entusiasti di lui (il primo a esultare alle sue parole è stato il ministro Mirko Tremaglia, ex-repubblichino). Nelle sue incaute parole il presidente della Repubblica dimentica che i nazi-fascisti non sono gli Assiro-babilonesi, scomparsi da quattromila anni: essi sono ancora presenti in Europa in varie forme di neo-nazismo, e fra l'altro il parlamento italiano trabocca di ex-fascisti. Mi rendo conto che l'Italia è fatta di «ex»: ex-partigiani, ex-fascisti, ex-comunisti. Comunque sarebbe bene che il presidente della Repubblica ricordasse che egli non è ancora un ex-presidente, e dunque facesse bene il suo mestiere di presidente, che è quello di garantire le istituzioni italiane. Finora è stato molto solerte a firmare le leggi «sudamericane» di Sivlio Berlusconi (soprattutto la legge sulle rogatorie internazionali, che ha destato scandalo in Europa) e altre sono in arrivo all'orizzonte, leggi che a mio avviso prima o poi faranno dell'Italia un caso anomalo nell'Europa unita. Quanto all'unità del paese,a cui Ciampi sembra tenere tanto, non mi spiego perché, quando Berlusconi gli ha presentato il suo governo, non abbia fatto obiezioni su Umberto Bossi come ministro delle Riforme Istituzionali. L'Italia oggi ha un presidente della Repubblica che per difendere l'unità del paese va a riesumare coloro che nel 43-45 fecero le scelte peggiori, e un ministro delle Riforme Istituzionali che vorrebbe fare la repubblica della Padania indipendente. Che l'Europa aiuti l'Italia.

(L'Unità, 21 ottobre 2001)

 

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