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Ordine del giorno Grandi
presentato al Gran Consiglio del Fascismo il 25
luglio 1943
Il Gran Consiglio, riunendosi in questi giorni di supremo cimento, volge innanzi tutto il
suo pensiero agli eroici combattenti d'ogni arma, che fianco a fianco con la fiera gente
di Sicilia, in cui più alta risplende l'univoca fede del popolo italiano, rinnovano le
nobili tradizioni di estremo valore e l'indomito spirito di sacrificio delle nostre
gloriose Forze armate; esaminata la situazione interna ed internazionale e la condotta
politica e militare della guerra, proclama il dovere sacro pe tutti gli italiani di
difendere ad ogni costo l'unità, l'indipendenza, la libertà della Patria, i frutti dei
sacrifici e degli sforzi di quattro generazioni dal Risorgimento ad oggi, la vita e
l'avvenire del popolo italiano; afferma la necessità dell'unione morale e materiale di
tutti gli italiani in quest'ora grave e decisiva per i destini della nazione; dichiara che
a tale scopo è necessario l'immediato ripristino di tutte le funzioni statali attribuendo
alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, al Parlamento, alle Corporazioni i compiti e
le responsabilità stabilite dalle nostre leggi statali e costituzionali; invita il Capo
del Governo a pregare la Maestà del Re, verso la quale si rivolge fedele e fiducioso il
cuore di tutta la Nazione, affinché egli voglia, per l'onore e per la salvezza della
Patria, assumere, - con l'effettivo comando delle forze armate di terra, di mare e
dell'aria, secondo l'articolo 5 dello Statuto del Regno, - quella suprema iniziativa di
decisione che le nostre istituzioni a Lui attribuiscono e che sono sempre state, in tutta
la storia nazionale, il retaggio glorioso della nostra Augusta Dinastia di Savoia.
Dal diario di Grandi
Il mattino del 22 luglio, a casa di Bottai, incontravo Ciano il quale
aveva domandato insistentemente di parteciare alla nostra azione. Feci presente a Ciano la
sua posizione delicata di genero di Mussolini. Ciano rispose: "Perché non mi volete?
Se mio padre fosse vivo sarebbe con voi". Egli avrebbe parlato in Gran Consiglio sul
tradimento tedesco.
A questo punto si fece vivo in me il desiderio di conferire col duce prima della riunione
del Gran Consiglio. Domandai di essere ricevuto. L'udienza fu fissata per le ore 17 del 22
luglio.
Nell'anticamera della sala del Mappamondo incontrai il maresciallo Kesserling per il quale
il duce aveva riservato un colloquio di un'ora. Per me 15 minuti. Il mio colloquio col
duce sarebbe durato invece un'ora e un quarto.
Mentre io parlavo, anticipando a Mussolini quello che avrei detto in Gran Consiglio, mi
accorsi che aveva sotto gli occhi il testo del mio ordine del giorno, evidentemente
trasmessogli dal segretario del partito. Nessuna ambiguità, nessun infingimento.
Il duce doveva sapere, primo fra tutti, le ragioni e lo scopo della nostra azione.
Ricordo le parole esatte che il duce, pacatamente, disse prima di congedarmi. "Hai
finito?" mi domandò glacialmente. "Ho finito". "Ebbene sappi -
replicò - alcune cose che dovrai ben fissarti in mente e sulle quali ti invito a meditare
quando sarai uscito di qua: 1. La guerra è ben lungi dall'essere perduta; avvenimenti
straordinari si verificheranno fra poco nel campo politico e militare, tali da capovolgere
interamente le sorti della guerra. Germania e Russia si accorderanno, l'Inghilterra sarà
distrutta. 2. Io non cedo i poteri a nessuno; il fascismo è forte, la nazione è con me,
io sono il capo, mi hanno obbedito e mi obbediranno. 3. C'è, è vero, molto disfattismo
in giro, fuori e dentro il regime, ma esso sarà curato a dovere come si merita, non
appena io giudicherò che sarà venuto il momento. 4. Per tutto il resto, arrivederci dopo
domani in Gran Consiglio.
Puoi andare". [...]
Palazzo Venezia, il cortile, lo scalone, l'anticamera della sala dove si
riunisce il Gran Consiglio è presidiato [il che non è mai accaduto] da reparti della
milizia fascista in pieno assetto di guerra.
Nel presentare e illustrare il mio ordine del giorno, dichiaro: "Non parlo per il
duce, al quale ho comunicato 48 ore or sono il mio pensiero e le mie idee, ma bensì per
voi camerati del Gran Consiglio".[...]
La drammatica riunione dura 10 ore.
Ciano si alza in piedi con una proposta assurda, quella di fondere insieme l'ordine del
giorno Grandi con l'ordine del giorno Scorza, La proposta cade fortunamente nel vuoto. E'
a questo punto che il duce, giudicando di avere in pugno la maggioranza dell'assemblea,
decide di mettere ai voti il mio ordine del giorno.
La deliberazione da me proposta, quale surrogato di un voto parlamentare è approvata a
grande maggioranza: 19 contro 5.
Con voce stupefatta il segretario del partito comunica all'assemblea i risultati della
votazione.
Dopo un attimo di silenzio il duce si alza e si avvia a passo lento verso l'uscita. Ferma
con un gesto del braccio il segretario del partito, mentre questi si accinge a dare il
consueto saluto al duce. Sulla soglia della sala del Mappamondo il duce si volge verso
l'assemblea e dice: "Il Gran Consiglio stasera ha aperto la crisi del
regime".[...]
Prego il ministro della Real Casa di recapitare il documento
immediatamente nelle mani del Sovrano. Insisto sulla necessità di decisioni immediate per
prevenire l'inevitabile rappresaglia tedesca. Insisto sul nome del maresciallo Caviglia
come eventuale successore di Mussolini, quale Primo Ministro e di Alberto Pirelli come
ministro degli esteri.[...]
Il ministro della Real Casa osserva: "Perché Caviglia e non
Badoglio? [Durante la prima guerra mondiale d'Acquarone era stato per molto tempo
ufficiale dell'allora generale Badoglio e aveva mantenuto con lui dimistichezza di
rapporti.] Gli rispondo spiegando gli ovvi motivi di questa mia convinzione. [...]
Alle ore 12 il ministro della Real Casa mi fa sapere che il Sovrano ha
affidato poco prima al maresciallo Badoglio il compito di succedere a Mussolini nella
carica di Primo Ministro.
Il Re riceverà a Villa Savoia, residenza privata del Sovrano, il duce alle ore 17.
Il duce non è più dittatore d'Italia.
(da Dino Grandi. "Il mio paese. Ricordi autobiografici" a cura di Renzo De
Felice. Il Mulino, Bologna,1985)
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