Io sono lultimo.
Lettere di partigiani italiani
A
sessant'anni da Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana di Malvezzi e Pirelli, Einaudi propone una
nuova emozionante antologia: la piú grande epopea della nostra storia raccontata dalle
voci dei suoi ultimi protagonisti.
Il libro si
chiama Io sono lultimo. Lettere di partigiani
italiani (pp. 332, euro 18), ed è curato da Stefano Faure, Andrea Liparoto e Giacomo
Papi. Oltre cento lettere piene di amore, amicizia, di odio e violenza. Un indimenticabile
racconto corale sul fascismo, la libertà e la democrazia. I partigiani, prima di tutto,
erano giovani. Si innamoravano, scoprivano di avere paura e coraggio. In queste lettere,
raccolte con la collaborazione dell'Anpi, i testimoni viventi della Resistenza raccontano
le torture, le bombe, i rastrellamenti. Ma anche la nascita di un bambino, un bacio mai
dato, il piacere di mangiare o ridere in classe del Duce.
Un racconto
emozionante, vivo, collettivo che arriva dal passato per parlare al presente. Il ricordo
della guerra di Liberazione diventa giudizio sull'Italia di oggi. Come ha scritto Paola
Doriga su la Repubblica: Le loro storie
sono la nostra memoria. Le storie dei nostri nonni, che ci hanno raccontato quando magari
non avevamo voglia di ascoltare, e che adesso non sappiamo dire quanto ci dispiace non
potere più ascoltare. Le storie dei nostri nonni o dei nonni che ci siamo scelti,
arrivate con una parola, con un libro, con una canzone.
La
prefazione di Andrea Liparoto Responsabile comunicazione ANPI Nazionale:
Le
pagine che avete davanti sono indirizzate ai giovani.
A loro i
partigiani raccontano, a loro intendono affidare così un testimone che sia
forza di futuro, continuità di sogno e impegno per realizzarlo: un Paese di persone
uguali nei diritti e libere. LItalia della Costituzione, eredità immensa e
imprescindibile della Resistenza.
Per tutto
ciò lANPI ha convintamente aderito alla proposta di Einaudi di collaborare a questo
progetto editoriale, attivando memoria e antica responsabilità degli ultimi
protagonisti viventi della guerra di Liberazione, prontamente disponibili a ripercorrere
strade e lotte straordinarie. Proprio per loro, per i ragazzi e le ragazze di oggi. In
tanti, con la svolta del Congresso di Chianciano Terme del 2006 che ha aperto le
porte dellA.N.P.I. anche ai non partigiani sono entrati a far parte della
nostra Associazione. Oggi su un totale di quasi 130.000 iscritti, i giovani tra i 18 e i
30 anni sono circa 25.000. La loro è una ricerca pressante di valori forti e limpidi su
cui investire giorni e speranze. Hanno voglia di fare ed esserci. Di costruire, e
partecipare.
Ci piace,
perciò, pensare a questo libro come a una piazza delle radici dove dare
appuntamento ai giovani.
Per
intrattenerli e per incoraggiarli.
E offrire
un sentiero.
Ecco di
seguito alcuni stralci dellantologia:
***
«Ai ragazzi
nelle scuole dico: - Guardate, sono rimasto solo io. Allora diventano piú interessati
ancora. Io sono l'ultimo».
Marcello
Masini «Catullo», Firenze, 1925, artigiano
***
«Ventisette anni dopo, una sera del 1971, sento suonare il campanello di casa. Era un
tedesco. Dice che ha piacere di parlare con un comandante partigiano. Lo riconosco. E dopo
un momento, gli dico: - Lei ha ucciso mio padre».
Carlo Varda
«Charles», Chiomonte (Torino), 1925, ferroviere
***
«Alla mattina ho visto una cassa da morto. Allora mi hanno detto: - Guarda che dobbiamo
farti il funerale. Era l'unico modo per portarmi all'ospedale. Avevo un bastoncino per
alzare il coperchio. Ma ad Alpignano i tedeschi hanno fermato il carro funebre».
Cesare
Mondon «Rino», Collegno (Torino), 1923
***
«Si chiamava Giambattista, ma il suo nome di battaglia era "Fifa", anche se era
coraggiosissimo. È morto nel 1944, a ventitre anni. L'ho saputo sei mesi dopo, a
primavera, quando la neve si sciolse sul Monte Caio e il corpo fu ritrovato. Gli porto
ancora i fiori. Dev'essere stato importante per me, se mentre ne scrivo me lo rivedo
davanti agli occhi. L'unico nostro bacio è stato d'addio».
Anita
Malavasi «Laila», Reggio Emilia, 1921, studentessa
***
«Ai ragazzi dico questo. Pensate le cose impensabili. Si può sopravvivere a una guerra.
Si può saltare un cancello alto alto con delle lance acuminate in cima e resistere a un
tempo che vuole scambiare la giovinezza con la fame e la morte. Si può scappare dai campi
di concentramento in Germania usando un filo di ferro. Si può ritornare a casa quando
tutto sembra distrutto e perduto e ricominciare da capo. E sapere, sul treno di ritorno,
con le macerie che passano dai finestrini, che a casa ti stanno aspettando tua moglie e
tua figlia».
Ferruccio Mazza, Ferrara, 1921, operaio
***
«A novantanove anni, ogni tanto, tendo a cadere. Perdo l'equilibrio e cado. E va bene.
Però questa è stata la mia vita e io l'ho vissuta intensamente e con entusiasmo,
soffrendo, amando e lottando. E ho continuato a fare. Se no, come si fa?»
Giovanna
Marturano, Roma, 1912, studentessa
***
«In bicicletta si farà un giro di Pisa lasciando una rosa sopra ogni targa. È sempre
difficile trovare gente per le commemorazioni, perché da noi gli eccidi piú grandi sono
avvenuti d'estate. Ma io credo che qualcuno verrà».
Giorgio
Vecchiani «Lungo», Pisa, 1926, impiegato |